A Sud di Lampedusa

L.M. - 3 Dicembre 2010
A Sud di Lampedusa di Andrea Segre. Girato nel 2006 nel deserto nigerino del Sahara, il film ricostruisce l’epopea dei migranti in cerca di un futuro migliore
di Luigi Riccio

RECENSIONI. Se Lampedusa rappresenta la porta per raggiungere “l’oasi-Europa”, viene anche naturale chiedersi cosa si nasconda dietro di essa; quali figure, viaggi, percorsi si delineino; quante mura si interpongano e, nel caso siano alte, se il salto sia possibile. L’epopea dei migranti subsahariani comincia in Niger; passando per la capitale Niamey si raggiunge Agadez, da Agadez si prosegue verso il nord. Ammassati come stracci, quasi legati insieme alle merci che i camion trasportano, il viaggio dei migranti ha inizio. Ad aspettarli un tragitto di sei giorni nel deserto, dove il sole è così caldo che non si può viaggiare che di notte.
Fin qui, pur nella tragicità delle condizioni, la situazione è quasi sopportabile: l’incognita è il dopo, la Libia. Ed è qui che l’Italia entra in gioco; è qui che, seppure in Africa, ci si ritrova comunque a sud di Lampedusa.
Che si voglia poi raggiungerla o meno l’Italia, conta poco. Il malcapitato ritrovato senza documenti viene trasferito in prigione all’istante e da lì, se sopravvive, dopo una durata incerta e indefinita, rimpatriato. Che si viva in Libia da un giorno o dieci anni non fa nessuna differenza. Neanche il tempo di raccogliere la propria roba, riscuotere l’ultimo stipendio. Gli affamati – ordina l’Italia- vanno rispediti indietro, e alla Libia -come sottolinea il responsabile Direzione Nigerini all’Estero- conviene.
Andrea Segre, dopo il bellissimo Come un uomo sulla terra, si è dimostrato ancora una volta capace di dar sapientemente voce a storie di drammatica quotidianità; attraverso immagini, interviste; uomini, paesaggi, situazioni. Al termine della visione si ha quasi l’impulso, più che dirgli bravo, di gridargli grazie. Poiché i suoi film sono condivisi più che visti. Questa è la forza della sua regia.