Alt o sei morto

L.M. - 7 Gennaio 2011

L’anti-bavaglio

di Luigi Riccio
RUBRICHE. Alt o sei morto: è questa la regola per i migranti sorpresi a superare il confine che divide l’Egitto da Israele. Poco importa se il migrante sia un rifugiato, eritreo, in fuga dalla feroce dittatura di Afewerki. Poco importa se chi si sta uccidendo sia probabilmente scampato ai trafficanti del Sinai, dopo due mesi di torture. Si preme il grilletto, si spara, fine. Normale amministrazione dei confini ad opera della polizia di frontiera egiziana.
La sorte toccata al ragazzo eritreo domenica scorsa al confine con lo Stato ebraico, è il tristissimo epilogo di una drammatica storia tutt’ora non in corso. “Dopo la circolare ministeriale che imponeva agli agenti di frontiera egiziani di non sparare sui rifugiati e in seguito all’operazione di domenica scorsa contro i trafficanti beduini di Rafah (confine tra Egitto e Territori palestinesi, ndr)- comunicano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti del gruppo EveryOne – un po’ tutti ci eravamo illusi che le autorità egiziane avessero modificato il loro modo di operare, iniziando a perseguire i pedroni. In realtà sembra che niente sia cambiato”.
Ucciso a sangue freddo, due colpi allo stomaco. Mentre dei 100 africani circa ancora in ostaggio dei trafficanti del Sinai, non si sa più nulla. “Le bande di trafficanti che comprano e vendono esseri umani, nella zona, sono circa una ventina e intorno ad esse è fiorito un business dell’orrore assai florido, che va dalla riduzione in stato di schiavitù di donne e bambini al mercato della prostituzione fino al traffico di organi. Un dramma nel dramma, che si consuma lontano dagli occhi del mondo (EveryOne group)”.