I 5 miliardi di Gheddafi. Intervista a Gabriele Del Grande

L.M. - 15 Gennaio 2011
Intervistiamo lo scrittore e giornalista Gabriele Del Grande, autore di Mamadou Va a Morire e Il Mare di Mezzo
di Luigi Riccio

INTERVISTA. “Chiediamo all’Europa 5 miliardi per fermare l’immigrazione” ha ripetuto il leader libico Gheddafi all’ultimo vertice Unione europea-Unione africana. Lo scenario futuro che il dittatore disegna è sempre lo stesso: un’Europa nera, sommersa da migliaia e migliaia di disgraziati. A parlare sembra più un Borghezio della Lega Nord che un leader africano. Ma tant’è. Se l’Europa vuole fermare “l’invasione”, deve sganciare i soldi.

Ma visto poi che questi soldi non sono neanche pochi, viene da chiedersi quanto questo “aiuto” possa essere utile. Per questo, abbiamo chiesto allo scrittore e giornalista Gabriele Del Grande, uno che in questi ultimi anni ha studiato sul campo i flussi migratori provenienti dal nord Africa e autore del libro Il Mare di Mezzo (qui recensito).

Gheddafi ha rinnovato la sua “disponibilità” a fermare l’immigrazione clandestina in Europa, previo pagamento di 5 miliardi. Quale potrebbe essere l’impatto reale del suo contributo?
E’ tutta una farsa. La sua e quella dell’Europa. Quella che chiamano immigrazione clandestina non esiste. E se esiste non passa dalla Libia. Cosa voglio dire? Ad esempio che Maroni ha appena firmato un decreto per l’ingresso di 100.000 lavoratori stranieri in Italia per il 2011, ovvero 100 volte il numero dei mille respinti in Libia dalla marina italiana tra il 2009 e il 2010. Un decreto farsa, nel senso che come tutti sanno i 100.000 sono già in Italia, dove sono arrivati con un visto turistico, in buona parte dall’Europa orientale, che poi è scaduto gettandoli nella clandestinità. Loro emergeranno e avranno i documenti. I meno fortunati, che in proporzione rappresentano l’1% degli arrivi, saranno invece arrestati e torturati nelle carceri libiche finanziate dall’Europa e dall’Italia. Gheddafi fa leva sulle paure dell’Europa. E l’Europa ha definitivamente perso il contatto con la realtà. Il problema non sono gli sbarchi nel Mediterraneo. Anche perché la repressione lungo la frontiera non ferma gli arrivi, ma ha solo due effetti: cambiare le rotte e aumentare il potere delle mafie dei contrabbandieri che gestiscono le tratte proibite.
Dai fatti di cronaca dei 250 ostaggi nel deserto del Sinai emerge ( o si conferma) che le direzioni dei flussi non sono statiche, ma possono cambiare, per esempio, quando vecchi canali non sono più percorribili. Dopo gli accordi Italia-Libia, quale cambiamento hanno avuto le rotte dei migranti?
Le rotte principali non sono cambiate. Si arriva in autobus e in aereo, dall’Europa orientale, dal Sud America e dal Maghreb, poi si lascia scadere il visto e si aspetta la sanatoria o il decreto flussi. Sono cambiate invece le rotte del mare, che riguardano una minima parte delle persone emigrate in Italia, fra l’altro in gran parte rifugiati politici, verso i quali l’Italia ha un obbligo di protezione internazionale. Queste persone hanno iniziato a raggiungere l’Europa attraverso la porta orientale, in particolare attraverso la Turchia e l’Ucraina. E in parte, soprattutto per gli eritrei, verso lo Stato di Israele, attraverso l’Egitto. Frontex lo sa bene, motivo per cui ha aumentato la repressione e il controllo sui confini dell’Europa con Turchia e Ucraina.
Frontex, l’agenzia per le frontiere europee, è stata poco fa in Senegal, in Grecia e altri paesi da cui maggiormente proviene l’immigrazione clandestina. L’impressione che fa, è che stiano cercando di tappare tutte le “falle” per rendere l’Europa inaccessibile. Sei d’accordo con questa visione? E quali conseguenze può avere o sta avendo questo tipo di politiche?
L’obiettivo non è tanto sigillare la frontiera, quanto piuttosto usare la frontiera per filtrare e controllare chi passa. L’Europa non riconosce il diritto alla libertà di circolazione, che pure vale per i suoi cittadini in quasi tutto il mondo, e decide di trattare gli stranieri come merci. Ogni anno, unicamente sulla base di stime economiche, i governi decidono quante braccia da lavoro importare dai paesi esteri per mantenere a basso costo le produzioni di certi settori come l’edilizia, l’agricoltura, l’assistenza domestica. E fa di tutto per bloccare tutti gli altri indesiderati, siano poveri o rifugiati. E fa di tutto per espellere dal suo territorio tutti i cittadini stranieri poveri, marginali e improduttivi. La logica è chiara. Perdi il contratto di lavoro, ti ritiro il permesso di soggiorno. Le conseguenze di queste pratiche sono gravissime, perché stanno istituzionalizzando la cultura dell’espulsione. La cultura cioè per la quale se sei povero, marginale, improduttivo, problematico, anziché aiutarti, la società ti espelle. Oggi si applica ai cittadini stranieri, la cui marginalità è causata proprio dalle nostre leggi che vietano loro di lavorare, di affittare casa, di esistere. Domani a chi si applicherà? Ai disabili? Ai malati mentali? Ai disoccupati? Ai precari? Sono questioni che riguardano tutti, perché riguardano lo stato di diritto.