Evasioni e rivolte. Migranti cpt resistenze

L.M. - 17 Gennaio 2011
Evasioni e rivolte. Migranti cpt e resistenze di Emilio Quadrelli. 191 pag. 15 euro. Angezia X editore
Di Luigi Riccio

RECENSIONI. Estate-autunno 2005. Nelle pagine di cronaca, le storie che hanno come oggetto gli allora CPT (adesso CIE) e i migranti rinchiusi si arricchiscono di nuovi scenari: le rivolte, le evasioni e, soprattutto, forme di resistenza organizzata che confluiscono in vere e proprie strategie di fuga. Le testimonianze di questo libro, narrate in prima persona, dipingono i ritratti di ragazzi di vita post-moderni: un rom, un africano, un marocchino, un sudamericano e una donna albanese. Accomunati dall’essere stranieri, dal ritrovarsi in dei CPT o nella rete vischiosa degli effetti del conflitto globale.

Protagonista di Proscritto è un ragazzo rom ceduto dalla propria comunità alla polizia nella speranza di essere lasciati in pace. Solo che la normale acquiescenza dei giovani nei confronti degli anziani, il sacro timore che governa questi rapporti, nel protagonista si infrange, portandolo alla fuga che, nel suo caso, rappresenta una doppia ribellione: sia all’autorità statale che alla propria comunità. In Gang dei giovani sudamericani vivono sulla loro pelle la cattura e l’internamento in un CPT di un loro amico, la cui solidarietà li porta a giocare un ruolo preminente nella sua evasione. Solo che anche qui, la polizia, non gioca mai un ruolo così “esterno” tra le varie comunità migranti, e riesce a fare pressioni affinché i cosiddetti interlocutori privilegiati delle forze dell’ordine, abbiano – per quieto vivere – convenienza a riferire di queste “manovre”, anche se andando contro ad un proprio connazionale.

Guerriglia è la storia di più fughe. Abbandonato il paese di origine africano dopo azioni di guerriglia contro la corruzione politica, il protagonista si dirige in Francia e poi in Italia. In quest’ultimo, come molti clandestini, finisce in un cantiere dove i ritmi di lavoro massacranti e le continue vessazioni dei guardiani – che trattano lui e i suoi colleghi alla stregua di animali- lo riporta in una situazione di lotta. Azioni collettive di sabotaggio, vandalismo nei confronti dei guardiani li pone di fronte alla loro conseguente rappresaglia: la polizia, l’arresto e l’internamento in un CPT. Che l’unione fa la forza loro lo sanno, e questa conoscenza, applicata al regime carcerario dei Centri, permette loro, oltre ad evadere, anche di prenderne meno del previsto. Si ritrovano fuori, quindi, ma senza soldi, solo una rete di connazionali sparsi qua e là. Con l’aiuto di due donne, organizzano un’imboscata in una bisca clandestina, derubano tutti i presenti, armi e soldi merce prediletta, e poi via, da quel posto e dall’Italia: il ritorno in Francia sembra più ragionevole. In Jihad un giovane marocchino incantato dai racconti dello zio-imprenditore in Italia, decide di partire e lavorare nella sua azienda. Ma una volta che il parente diventa il proprio datore di lavoro, si rende conto che le sue ricchezze sono in buona parte dipese dallo sfruttamento degli immigrati e dei suoi stessi connazionali, nipote compreso. Il lavoro massacrante, la paga da fame, la quasi detenzione obbligata in fabbrica, porta il giovane a cambiare radicalmente opinione sullo zio, che è niente più niente meno che uno sfruttatore alla stregua di un bianco. Assieme ad altri, organizza la fuga, ma non prima di aver svaligiato la casa del “padrone”. Finito, dopo vari giri, anche lui in un CPT, grazie alla conoscenza di un religioso islamico molto praticante, si distacca dai gruppi che organizzano l’evasione, abbracciando invece il progetto della jihad. Con Kalashinov infine il discorso cambia. Si lascia il primo mondo per andare in Albania. Una donna racconta l’esperienza sua e di parte del suo popolo dopo la caduta del regime comunista, che di fatto portò alla polverizzazione del governo centrale e al conseguente approdo di affaristi europei. Viene rapita, assieme ad altre sue coetanee, per andare a lavorare in una fabbrica le cui condizioni di lavoro fanno sembrare già vecchie ragazze di soli vent’anni. In Albania, in quegli anni, gli avvoltoi si muovono sotto diverse sigle e nazioni: imprenditori, contractors, NATO. Con l’affluenza di militari, si ingrandisce pure il mercato del sesso a pagamento, la protagonista del racconto viene trasferita in un bordello dove ogni militare e uomo che entrano hanno la certezza di poter sfogare liberamente i propri istinti sadici. Molte ci perdono la vita, altre ne escono interiormente sfregiate. Come la giovane albanese che, seppur liberata dal fratello con un’imboscata armata, ammette che la sua vita non sarà mai più come prima.
Con questo ultimo racconto, partendo dai CPT e quindi dalla reclusione dei migranti nelle nostre terre, si approda allo sfruttamento della popolazione in loco e alla questione sicurezza. Nei paesi in guerra, o in altri con situazioni estreme come l’Albania post-comunista, meccanismi di coercizione vengono esercitati dai militari occupanti e dai contractors sulla popolazione autoctona, con due obiettivi: da una parte asservire quest’ultima in nome della forza lavoro a basso costo, dall’altra annullare le loro resistenze in vista del fatto che – con le migrazioni – il confine tra primo e terzo mondo si assottigliano, e i fronti della guerra – come possiamo ben notare dalle leggi discriminanti nei confronti degli immigrati – sono spuntati anche nei cuori dei paesi occidentali. Il problema, per chi muove i fili del mercato globale, sono due: controllo non solo degli immigrati che entrano nel nostro paese ma anche dei nativi nelle proprie terre. Poiché la supremazia di alcuni si regge solo sulla debolezza di altri, l’obiettivo è far sì che la situazione non cambi; la “frontiera sicurezza” diviene quindi un confine lunghissimo, che parte dall’Iraq, dall’Afghanistan, e arriva a Parigi, Milano, Londra. Se “loro” che si oppongono all’imperialismo sono il “nemico”, il “nemico” adesso è dentro casa. Fermarlo, neutralizzarlo senza eliminarlo, è il fine ultimo. I paesi occidentali, accanto alle loro sigle internazionali, ne assumono delle altre. Che siano Repubbliche o Regni, prima di “Italia”, “Inghilterra” o “Francia”, adesso, vige la parola “Sicurezza”.