Fuga dalla Tunisia. Le gravi responsabilità italiane e i rischi di nuove violazioni dello stato di diritto

L.M. - 15 Febbraio 2011
Il ministro dell’Interno Maroni richiede l’unificazione del sistema per la concessione dell’asilo. E accusa l’Europa di stare a guardare per nascondere il fallimento delle sue strategie.
Le migliaia di migranti arrivati in questi giorni a Lampedusa costituiscono l’evidenza del fallimento delle politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera con le quali l’Italia si è proposta all’Europa come mediatrice, anche con i peggiori dittatori africani, per bloccare i migranti, e tra questi anche molti potenziali richiedenti asilo, prima che potessero raggiungere le nostre coste.

Non appena sono caduti i fidati alleati che contribuivano ad arrestare ed a internare i migranti nei paesi del Maghreb, le partenze sono riprese, e non è stato più possibile nasconderle come si era tentato di fare nei mesi scorsi, quando si avvertivano già le prime avvisaglie dell’attenuazione dei controlli di frontiera.

Dopo i primi tentativi di negare l’evidenza (gli sbarchi, che non si sono mai del tutto fermati, erano ripresi in modo significativo già nel mese di gennaio), il Ministro Maroni, sempre prodigo nell’alimentare la “fabbrica della paura” quale unica risposta ai clamorosi fallimenti della sua linea politica, ha prontamente evocato l’emergenza terrorismo senza tuttavia disporre di alcun elemento concreto.
L’ASGI ricorda che Italia, che reclama oggi l’intervento dell’Europa per una generica “ripartizione degli oneri” è stata alla guida dei paesi europei che hanno spinto maggiormente per politiche di sbarramento nei confronti dei migranti e per la riduzione sostanziale delle possibilità di ingresso per i richiedenti asilo. Nulla è stato fatto dal governo italiano, come dal resto dell’Unione Europea, per aprire canali di ingresso legale, favorire la mobilità delle persone ed aiutare la transizione verso la democrazia nei paesi maghrebini. Di fronte all’attuale scenario di crisi il Ministro chiede “ il dispiego immediato di una missione Frontex per le attivita’di pattugliamento e intercettazione nell’area al largo delle coste della Tunisia per il controllo dei flussi”. Eppure, proprio dopo lo scandalo dei respingimenti collettivi effettuati nel 2009 dall’Italia verso la Libia, sono state stabilite nuove regole di ingaggio per i pattugliamenti di Frontex che, anche in acque internazionali, devono garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, regole che escludono i respingimenti collettivi in mare soprattutto nel caso di potenziali richiedenti asilo, o soggetti vulnerabili come donne e bambini.
Il medesimo Ministro ha altresì proposto l’invio di militari italiani in Tunisia per impedire le partenze dei migranti dalle spiagge di quel paese. Si tratta di una proposta politicamente impraticabile: il Governo Berlusconi ha appoggiato fino all’ultimo la dittatura di Ben Alì ed il suo sistema di potere e di corruzione, che non è stato ancora smantellato e dal quale probabilmente fuggono coloro che per anni ne sono stati vittima. Con quali interlocutori si pensa oggi di stabilire nuove relazioni internazionali e sulla base di quali garanzie che non vengano violati i diritti umani di chi cerca con ogni mezzo di lasciare il paese? La proposta è soprattutto irricevibile sul piano dello stato di diritto perché totalmente in contrasto con le norme internazionali in materia di tutela dei diritti fondamentali dell’Uomo, con le convenzioni internazionali del mare e con le norme internazionali ed europee sul diritto d’asilo.
La politica della chiusura non produce legalità e il proibizionismo delle migrazioni arricchisce le organizzazioni criminali che lucrano sulla pelle dei migranti. Se l’Italia proseguirà con la sua ottusa politica di sostegno a tutte le dittature (si pensi anche al caso, unico nel panorama internazionale, del sostegno dato dall’Italia al regime bielorusso) che nel mondo si pongono fuori dalla legalità democratica e si impegnano a sbarrare la strada ai migranti in fuga come ha fatto con Gheddafi e con Moubarak, e se di fronte a questo scenario l’Europa rimarrà silente o collaborante, con l’uso della forza si potrà conseguire un effimero successo immediato, come si è verificato con il blocco degli arrivi dalla Libia, pagando però il prezzo di sistematiche violazioni dei diritti umani, e producendo nel medio periodo crisi sociali sempre più ampie ed esodi di dimensioni ben maggiori di quelli odierni. La criminalizzazione degli immigrati, imposta dalle nostre leggi e da prassi amministrative orientate sempre in senso restrittivo, al limite di negare la dignità delle persone, malgrado gli interventi della giurisprudenza, producono da tempo effetti devastanti sull’intero tessuto sociale. Di questo dovremmo avere tutti veramente paura.
L’ASGI chiede che gli arrivi dalla Tunisia siano gestiti nel rispetto delle garanzie minime in materia di diritti fondamentali dei migranti, che siano allestite strutture di accoglienza degne di questo nome, e che, in primo luogo venga rispettato il diritto costituzionale all’asilo, permettendo l’accesso alla procedura a chi lo richieda, e che venga assolutamente evitato di rinchiudere i richiedenti asilo nei CIE, oggi autentiche polveriere pronte ad esplodere.
ASGI