Transessuali brasiliane in Italia: dal sogno alla schiavitù

L.M. - 3 Marzo 2011

Un tempo era un prestito tra amiche, oggi si può parlare di sfruttamento e tratta. Un’inchiesta per raccontare i meccanismi, i percorsi, le storie di vita delle tante transessuali brasiliane arrivate in Italia con il sogno di lavorare nello spettacolo e di operarsi.

La prostituzione transessuale dal Brasile all’Italia esiste dagli anni Sessanta, ma nel corso del tempo si è passati dal prestito tra “amiche” alla tratta vera e propria. All’inizio «l’ambizione era andare in Francia, la patria dello spettacolo e della vita mondana», scrive la mediatrice culturale Marzia Leite su una pubblicazione realizzata da Ora d’aria per spiegare il fenomeno e presentare le risposte offerte dall’associazione.

«Con questa motivazione partirono le prime trans brasiliane – prosegue –. Arrivavano in Europa passando dal Mozambico e dal Nord Africa per entrare in Spagna. In Francia si apriva loro un nuovo mondo: accesso alle cure ormonali, applicazioni di silicone e la mitica operazione a Casablanca». Ma tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta le destinazioni cambiano: la meta non è più la Francia, ma la Svizzera, il Belgio e l’Italia, con preferenza Milano, capitale della moda. «Il viaggio è stato sempre organizzato – scrive ancora Marzia Leite –, ma in passato era differente. Una persona veniva in Europa, faceva la sua esperienza e poi tornava nel paese di origine e sosteneva altre a ripeterla, ma senza lucrare eccessivamente, una sorta di prestito con qualche interesse». Col passare del tempo «si realizza che prostituendosi si guadagna, quindi il prestito aumenta di valore, si chiede una sorta di pizzo, e la cifra sale vertiginosamente di anno in anno». Ma il sogno europeo è più potente e le aspiranti non mancano. «Era già un’organizzazione di sfruttamento – continua la mediatrice culturale – ma a carattere amicale, e il denaro richiesto continuava ad avere il nome di prestito».

La tratta. Oggi, però, tutto è cambiato. E le «vecchie amiche del passato» di cui parla Marzia Leite, «hanno stretto patti con le organizzazioni criminali e hanno creato una vera e propria tratta di corpi umani». Il primo aggancio avviene sia attraverso Internet che per conoscenza. Le promesse sono rimaste quelle di sempre: un lavoro, una vita nello spettacolo e le “cure” necessarie per il passaggio di genere. Il viaggio è organizzato nei minimi particolari: si parte in aereo dal Brasile con un visto turistico in tasca, e generalmente si arriva a Budapest o a Zurigo. Qui si incontra un autista, per lo più italiano, che conduce le transessuali direttamente in Italia oppure a Vienna, quando la prima meta è stata Budapest. Da Vienna è possibile e prendere un pullman per l’Italia e poi proseguire il viaggio fino alla città di destinazione in auto o in treno. «Esiste un legame con la criminalità italiana, che offre una serie di servizi – spiega Carmen Bertolazzi. – Fanno da autisti, affittano appartamenti, offrono piccoli servizi e a volte si trasformano in fidanzati-sfruttatori».

Nella maggioranza dei casi, la vita in Italia è rigidamente regolata: le transessuali abitano all’interno di appartamenti affollati dove non dispongono di un proprio spazio personale, devono prostituirsi ogni notte nei luoghi che vengono loro indicati e hanno degli orari precisi che sono tenute a rispettare. E tutto naturalmente ha un costo: il viaggio in Italia, l’affitto del posto letto, le spese di casa, la piazzola, i passaggi per raggiungere il posto di lavoro e perfino la chirurgia plastica effettuata in alcuni casi in maniera clandestina. A conti fatti, quindi, non è difficile partire con un debito di 15mila euro, a cui si vanno ad aggiungere le spese per la vita quotidiana. Con il risultato che, pur lavorando molto, non è sempre facile pagare l’intera somma. «Insomma – commenta la presidente di Ora d’aria – tanto guadagni, tanto consumi. La vita di una transessuale costa cara, per non parlare del fatto che, essendo ormai tante in strade, sono diminuite anche le tariffe. Dai 20-50 euro di una volta si arriva anche a 10 euro per il sesso orale».

La denuncia. È questa una delle ragioni per cui alcune alla fine decidono di denunciare i propri sfruttatori, usufruendo dei benefici offerti dall’ex articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione del 1998, che garantisce percorsi di protezione sociale alle vittime di tratta. «Quelle che denunciano si trovano al gradino più basso della scala – spiega Bertolazzi –. Vedono sbiadire ogni promessa, non riescono a saldare il debito oppure non sopportano la brutalità della vita italiana. Spesso sono le più fragili».

di Redattore Sociale