Il potere del transnazionalismo. Quando i migranti senagalesi aiutano gli italiani ad emigrare

L.M. - 12 Aprile 2011
Dakar-clandò
La rubrica di Chiara Barison
Senegalesi in Italia e italiani in Senegal: le conseguenze imprevedibili dello scambio di culture e della migrazione

DAKAR (SENEGAL). Che effetti strani produce la migrazione. Fa incontrare le genti, mescola, trasforma, crea. La transmigrazione senegalese, quel continuo vai e vieni tra società di partenza e società d’arrivo, ha avuto negli anni un potere decisivo nella trasformazione della società senegalese.
E loro, i promotori di queste trasformazioni, i migranti, sono stati per anni bersaglio di lodi e critiche allo stesso tempo. Le voci si confondono e si mescolano, chi dice che è grazie ai modou-modou (i senegalesi che migrano, ndr) che il Senegal è riuscito ad avanzare tanto velocemente, chi li incolpa dicendo che sono loro ad aver contribuito ad una degenerazione dei valori della società senegalese.
Che se ne voglia o meno, loro, gli emigrati, che hanno portato sulle loro spalle il peso dell’esperienza migratoria, sono stati il punto chiave di numerose trasformazioni e, cosa di non poco conto, hanno saputo far conoscere il Senegal in tutto il mondo.
Le reti sociali senegalesi sono reti dense, coese, forti. I legami che legano i migranti fanno sì che venga mantenuta in maniera forte la cultura del paese, indipendentemente dal paese dove sono emigrati. Per farla più semplice, i senegalesi sanno fare gruppo tra di loro e sanno, attraverso questa coesione, ricreare un mondo a loro conosciuto. Ricordo ancora anni addietro quando visitai il famoso “Prealpino”, un residence abitativo a Bovezzo, in provincia di Brescia, in cui pian piano si erano istallati solo migranti senegalesi. Ricordo ancora il mio stupore. Essi erano riusciti a ricostruire il Senegal in Italia. Camminando in quel piccolo angolo bresciano si potevano respirare gli odori e i sapori di un qualsiasi quartiere di periferia, da Pikine agli HLM. C’era davvero di tutto, dal thiouray ai piccoli pezzi di argilla che le donne incinte amano sgranocchiare, dai succhi colorati di zenzero e bissap, ai profumi variegati del thiouray; e ancora, i barbieri improvvisati, i magazzini di merce contraffatta arrivata direttamente da Napoli, i piccoli fast food caserecci dove grosse yaye drianke preparavano del buonissimo maffé che poi rivendevano. E fuori, lungo le strade, lui, l’immancabile clandò, il taxi in nero che faceva la navetta tra il residence e Brescia stazione.
Certo, l’esempio del “Prealpino” è un esempio limite, quando la coesione è talmente forte che si vengono a ricreare dei piccoli ghetti. Noi italiani quante little Italy siamo riusciti a costruire in quanti differenti paesi?
Oggi noi migranti italiani abbiamo perso questo senso di aggregazione e le nostre reti sociali sono ampie, sconnesse, come se ognuno volesse egoisticamente vivere l’esperienza migratoria per sé, in una sorta di gelosia da pioniere.
I senegalesi, con la forza dei loro legami, non solo riescono a mantenere vivo il ricordo della loro cultura ma riescono anche a veicolarla agli abitanti del paese dove si trovano a vivere.
E’ così che il Senegal e la cultura senegalese si è fatta conoscere nel mondo, incuriosendo tantissime persone.
In quanti italiani hanno conosciuto e hanno adottato pratiche proprie della cultura senegalese attraverso gli amici immigrati?
Musica ‘mbalax, wolof, muridismo, thiebou dienn sono diventati comuni per molti che senegalesi non sono e che in Senegal non hanno mai messo piede e questo solo grazie ai migranti.
Essi hanno saputo fare da tramite tra il loro paese e il paese d’arrivo, trasportando la cultura da una parte all’altra del globo. Potere della migrazione e potere dei social networks.
Allo stesso modo i migranti senegalesi, assimilando usi e costumi del paese d’arrivo, una volta tornati al paese diventano vettori di cambiamento, trasformati loro stessi culturalmente, riadattando quanto appreso in Europa, in Senegal, trasformandolo.
In questi ultimi anni, in cui la crisi economica e la cattiva gestione dei governi di numerosi paesi europei hanno messo in ginocchio le popolazioni, i giovani, lasciati allo sbaraglio, cercano uno spiraglio di possibilità proprio attraverso gli amici immigrati. Non essendoci possibilità concrete nel loro paese, essi prendono sempre di più in considerazione la possibilità dell’emigrazione e proprio lì, nei paesi dove non ti aspetteresti, nei paesi cosiddetti terzi e da dove provengono gli amici immigrati conosciuti magari per caso, lungo la strada o nel bar sotto casa.
Nel caso italiano, sempre di più i giovani che arrivano in Senegal portati da senegalesi, attraverso i quali, in un primo momento, avevano conosciuto e apprezzato usi e costumi. Una volta arrivati, la sorpresa, il Senegal è un paese dove ancora si può sperare di costruire un futuro, perché è esso stesso un gran cantiere in costruzione. Dalla piccola vacanza allora, si comincia a pensare concretamente alla possibilità di emigrare in Senegal, aiutati in questo processo di trasferimento da loro, i migranti senegalesi.
Qualche mese fa stavo parlando con un amico di fronte ad un negozio di mobili in pieno centro a Dakar. All’improvviso è arriva

to un camion con della merce e con mio grande stupore i ragazzi che facevano scendere i mobili erano italiani.

Michele e Daniele sono due ragazzi veneti, di Mestre, più precisamente. Fino a qualche anno fa lavoravano a Venezia, dove gestivano un baracchino per la vendita di oggetti turistici. Poi la crisi e il commercio che andava sempre più male. E’ a Venezia che hanno conosciuto i senegalesi, per la maggior parte ambulanti, i così chiamati vù cumprà.
Michele e Daniele nascondevano la merce a degli amici senegalesi ad ogni retata dei vigili urbani e da quel piccolo gesto di solidarietà tra ambulanti, l’amicizia, le uscite assieme e quella domanda costante e ripetuta “perché non vieni in Senegal a casa mia?” diventata alla fine una realtà di fatto.
Sono partiti così, incuriositi dalla forza dell’identità senegalese, veicolata dagli amici immigrati. E da una prima vacanza hanno deciso che il Senegal sarebbe potuto essere un’alternativa concreta.
Nel giro di poco tempo il trasferimento definitivo. E’ qui che abitano da un paio d’anni ed è qui che lavorano come magazzinieri per un senegalese, emigrato anche lui in Italia e poi tornato al paese dove ha aperto un’attività imprenditoriale di successo. Potere della transmigrazione senegalese e, come ha cantato bene Richie Spice in una delle sue canzoni più famose, ‘Got to check the step you take/and every breath you make/Because the little things you do /is comin back at you/The ditch you dig it might just be your destiny [….] The World Is A Cycle /And Everything Weh Happen Yes It Come Roun In A Circle/So if I see you stumble I’ll catch you before you fall/Who advise to see let them see/What drop off a head drop pon shoulda/Think about the youths think about them future [….]’