Profughi in fuga, don Zerai: “La sola soluzione è l'evacuazione umanitaria”

L.M. - 19 Aprile 2011

Si tratta di un gruppo di 250 profughi eritrei, etiopi e sudanesi fuggiti da Bengasi verso l’Egitto, che rischiano di essere rimpatriati con la forza nei Paesi d’origine se entro venerdì non lasceranno il campo provvisorio in cui ora si trovano

di Redattore Sociale

L’APPELLO. Un gruppo di 250 profughi eritrei, etiopi e sudanesi fuggiti da Bengasi verso l’Egitto rischiano di essere rimpatriati con la forza nei Paesi d’origine se entro venerdì non lasceranno il campo provvisorio in cui ora si trovano.

“La minaccia arriva da un gruppo di militari dell’esercito egiziano. Le loro tende sono già state abbattute – spiega don Mosé Zerai, direttore dell’agenzia Habeshia -. Tra loro ci sono molte donne e bambini, che hanno bisogno di protezione. La sola soluzione è l’evacuazione umanitaria verso Paesi sicuri, in Europa, negli Stati Uniti o in Australia”.

Molti profughi del Corno d’Africa che hanno lasciato la Libia nelle scorse settimane si trovano anche in Tunisia: circa 800 eritrei e 500 etiopi, secondo le stime di don Zerai. “Occorre l’intervento della comunità internazionale a manifestare solidarietà -commenta-. Se questi campi non verranno svuotati al più presto, il rischio è che si manifesti una crescente intolleranza nei confronti di queste persone”.
E la situazione dei profughi eritrei resta drammatica anche nel deserto del Sinai: per estorcere denaro alle loro vittime, i trafficanti “usano sistematicamente la tortura con la corrente elettrica”, riferisce don Mosé Zerai, che mantiene i contatti con un gruppo di 24 persone. Tra questi anche due donne (una incinta) e tre bambini di 11, 13 e 14 anni: nemmeno questi vengono risparmiati. “Ho parlato personalmente con uno di questi bambini, piangeva -riferisce il sacerdote- E’ una cosa atroce: mi ha raccontato, tra un singhiozzo e l’altro, che ha paura: Anche questa sera mi torturano -diceva- hanno già preparato tutto il materiale qui davanti a noi”. Nei giorni scorsi già due persone sono morte per le conseguenze delle torture subite.