Giornalisti come immigrati: "Non lavoro per meno di cinquanta euro". Il libro da cui nasce la nuova battaglia per un'informazione libera

L.M. - 21 Luglio 2011
Giornalisti, immigrati e uno slogan: “Non lavoro per meno di cinquanta euro”. Dallo “sciopero delle rotonde” alle condizioni dei giovani giornalisti
di Luigi Riccio
IL CASO.Oggi non lavoro per meno di cinquanta euro. Con questo cartello in mano o appeso al collo, oltre 1500 africani si sono presentati all’alba dell’8 ottobre 2010 alle rotonde stradali dove si recluta la manodopera alla giornata. Kalifoo ground strike. Lo sciopero dei Kalifoo. Termine unico con cui nigeriani, ghanesi, burkinabé, ivoriani e tutti gli altri africani della Domiziana chiamano gli schiavi che lavorano in nero per pochi euro al giorno”.
Così scrive in apertura Raffaella Cosentino nel suo Quattro centesimi x cinque pallottole. Vi raccontiamo i giornalisti tra minacce e sfruttamento, ebook acquistabile on line su terrelibere.org. La scena che descrive è dello “sciopero delle rotonde” in Campania, in cui i migranti hanno incrociato le braccia contro il caporalato. E lo fa per tracciare una linea con altri sfruttati, i giornalisti, pagati quatto centesimi a rigo e, quando residenti in terra di ‘ndrangheta, sottoposti a minacce, intimidazioni. Come Angela Corica, corrispondente di Calabria Ora, che per la paga di qualche euro ad articolo si è ritrovata la macchina trivellata da cinque proiettili. O come Antonino Monteleone, blogger di Reggio Calabria, a cui hanno bruciato l’auto per i suoi post. O ancora come Ferdinando Piccolo, corrispondente da San Luca per il Quotidiano della Calabria, minacciato dalle cosche per le sue cronache giudiziarie.

Manovali della parola, lavoratori a cottimo; parole pagate come le arance raccolte dai braccianti di Rosarno. Ma se gli immigrati protestano, in Campania come in Calabria, i giornalisti un po’ meno, subiscono in silenzio, nascosti dietro “un muro d’omertà e di silenzio”. Ma ce ne sarebbe da dire, però: redattori a tempo pieno pagati come free lance, inviati sul campo senza nemmeno il rimborso spese. E la situazione non cambia a secondo del rischio, della delicatezza delle tematiche trattate.

Raffaella Cosentino parla di giornalisti “come bersagli”, perni principali della macchina delle notizie eppure fragili, invisibili. E, assieme ad altri giornalisti, lancia la campagna “Non lavoro per meno di cinquanta euro”, slogan preso in prestito dagli immigrati campani. “Compensi minimi garantiti, tempi certi di pagamento, fondi pubblici ai giornali solo se non sfruttano i giornalisti”: questi i punti salienti delle proposte lanciate. Per far sì che il giornalismo non diventi, o meglio non rimanga, un “lavoro da ricchi”: perché non può esserci libertà di stampa se a sua volta la stampa non è libera, accessibile a tutti.
Di questa protesta, di questo libro probabilmente non ne sentirete molto parlare: perché chi dovrebbe farlo, e cioè i giornali, sono gli stessi che sfruttano. Giornali che ricevono milioni di euro di contributi pubblici, dal Corriere della Sera e La Repubblica a quelli regionali come il Quotidiano della Calabria. E che sempre meno valorizzano gli attori principali delle notizie, cioè i giornalisti. Che “ci mettono la faccia”, e questo è normale. Ma che ci rimettono pure dalle proprie tasche, e questo è inaccettabile.

Quattro x cinque è un viaggio nelle strade poco battute dell’informazione. Giornalismo contro giornalismo, giornalisti contro giornali. Una giovane, brava reporter e le storie di ordinario sfruttamento.

Per saperne di più
Quattro centesimi x cinque pallottole. Vi raccontiamo i giornalisti tra minacce e sfruttamento di Raffaella Cosentino è acquistabile on line a soli 3 euro: per maggiori informazioni clicca qui.