La "best practise", ovvero la faccia tosta del ministro Maroni

L.M. - 31 Agosto 2011
Roberto Maroni al Meeting di Rimini
L’anti-bavaglio
la rubrica di Luigi Riccio
RUBRICHE. “In questi ultimi mesi sono arrivati in Italia 57.000 profughi: 13.000 sono stati già rimpatriati e si prevede di arrivare a quota 30.000 entro l’anno” annuncia il ministro dell’Interno Roberto Maroni, durante il suo intervento al Meeting di Rimini nell’ambito del dibattito “Mare Nostrum” il 26 agosto. Secondo il ministro, “la valutazione delle richieste di asilo viene effettuata con un rigore non persecutorio, così da garantire a chi ha il diritto di restare in Italia di farlo, e a chi invece non ce l’ha, di essere rispedito a casa propria”.

Ma non spiega però il modo in cui la prima cifra è stata raggiunta, tantomeno come si pensa di lambire la seconda. Ciò che si sa è che le notizie sui respingimenti denunciate da associazioni e giornalisti parlano di tutt’altro rigore, se non proprio “persecutorio”, certamente “massivo”.
Fino alla Primavera Araba, ha proseguito Maroni, sul fronte dell’immigrazione clandestina si era arrivati a risultati straordinari “con una riduzione statistica del 90%”. Nessun cenno al fatto che a garantire questi dati erano gli accordi disumani (Trattato di Bengasi, 2008) stipulati con il dittatore Muammar Gheddafi, che è costato torture stupri e prigionia a migliaia di immigrati transitati per la Libia alla volta dell’Italia. Non ne fa cenno perché secondo il ministro “il nostro modello di accoglienza è una best practice in Europa” nonostante l’Onu abbia definito i respingimenti una violazione del diritto internazionale e l’Italia sia attualmente sotto processo alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Maroni spera di rimpatriare altri 17.000 immigrati in quattro mesi, cioè 4.000 in più di quelli che ha rispedito a casa in otto. Non dice come lo farà, se seguendo gli obblighi del diritto internazionale o le scorciatoie già sperimentate in passato, ostruite per un po’ e adesso di nuovo praticabili. Non dice chi sono i 17.000 immigrati, se avranno la possibilità di richiedere asilo o saranno pescati in mare, identificati alla bell’e buona e rimandati da dove sono venuti. Ma si sa, la “best practise” è speciale: non ha bisogno di dettagli.