Esilio/asilo. Donne migranti e richiedenti asilo in Sicilia

L.M. - 10 Ottobre 2011
Le donne immigrate in Sicilia. Le rotte delle ragazze nigeriane. Il mediterraneo via dell’asilo, l’Africa terra d’esilio.

Questo ottimo saggio a cura di Clelia Bartoli (Esilio/asilo. Donne migranti e richiedenti asilo in Sicilia, Duepunti edizioni) analizza il fenomeno dell’immigrazione in Sicilia, ponendo particolare accento su due figure: la donna migrante e il richiedente asilo, nonché sulla situazione economica e sociale della regione. Il primo dato che viene sottolineato è la non esclusività della marginalità dei migranti: in una regione povera come questa, agli autoctoni stessi può capitare di vivere in situazioni di forte degrado o di sfruttamento.
Che è una contraddizione: è il primo mondo, sì, ma una delle zone più arretrate, in cui l’immigrazione esterna va a braccetto con l’emigrazione autoctona.

La donna migrante è analizzata sotto la voce di “commercializzazione dell’intimità” in virtù delle mansioni solitamente svolte, che vanno a ricoprire o ruoli di assistenza fisica (come colf, badanti) o di prostituzione. Le donne, nella loro fragilità, “rischiano di soffrire una triplice oppressione, in quanto donne, in quanto straniere e in quanto povere”, vittime sia dei cartelli criminali che gestiscono la tratta sia di violenze nel corso della traversata (come per esempio le donne che giungono dalla Libia) sia di legami familiari coercitivi.

Nell’articolo di Jeffrey E. Cole è affrontata la questione della prostituzione nigeriana a Palermo. Provenienti in gran parte da Benin City, nello stato di Edo, le giovani donne non arrivano ignare di cosa le aspetterà in Italia – o almeno non tutte-, ma sotto minaccia di ritorsioni soprannaturali vengono spesso seppellite da montagne di debiti. “In breve, le prostitute nigeriane hanno a che fare allo stesso tempo con le pressioni legate al pagamento di un enorme debito a dei violenti criminali e con potenti reti transnazionali, obblighi familiari e paura di sanzioni religiose”. Tant’è vero che, rispetto alle due strade offerte dall’articolo 18, le donne scelgono sempre la via non giudiziaria, dichiarandosi semplicemente vittime, e accedendo con questo alla protezione sociale.

La seconda figura su cui si sofferma il saggio è quella del richiedente asilo, con due articoli di Maurizio Molina e Fulvio Vassallo Paleologo. Con una percentuale di richiedenti che può raggiungere il 75% del totale, il mediterraneo è a tutti gli effetti considerabile una “via dell’asilo”. Egitto, Nigeria, Palestina, Eritrea, Tunisia, Somalia e Ghana rappresentano i paesi di maggiore provenienza; ma a parte Paesi critici come l’Eritrea o la Somalia, per cui l’asilo è concesso sempre, lo status di rifugiato è negato a chi, seppur venendo da una regione in cui è vittima di persecuzioni, potrebbe non esserlo in altre regioni del suo stesso paese. “E’ a quest’ ultimi che il diritto di asilo viene sempre più spesso negato. In base agli studi preliminari del 2008, circa il 75% delle persone arrivate in Italia via mare ha fatto richiesta di asilo e a circa il 50% di loro è stato riconosciuto lo status di rifugiato”. Dopo gli accordi con la Libia del 2008 le richieste hanno registrato un forte calo, impedendo da una parte che i migranti raggiungessero l’Italia per richiedere l’asilo e dall’altra, per assurdo, delegando tale funzione ad uno stato che non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra del 1951.

Il saggio è inoltre arricchito da una serie di interviste fatte da studenti universitari a migranti residenti in Sicilia. Piacevole da leggere, e fondamentale, soprattutto, per farsi un’idea più precisa del fenomeno immigrazione nell’isola.

Luigi Riccio