Il razzismo in Italia

Morire di razzismo in Italia. Qualche nome per non dimenticare

L.M. - 15 Dicembre 2011

Di omicidi a sfondo razziale si cominciò a parlare già nel 1985, con l’uccisione di Giacomo Valent. Nel 1989 Jerry Esslan Masslo. Abba e la strage dei Casalesi nel 2008. Infine Firenze. Sabato manifestazione nazionale in piazza Dalmazia (Firenze) alle ore 15 contro il razzismo

di Luigi Riccio
ATTUALITA’. “L’episodio di Firenze è figlio di una cultura dell’odio, di un clima avvelenato favorito da 10 anni di politica dove persino i ministri del governo di Silvio Berlusconi potevano impunemente inculcare idee razziste e discriminatorie” afferma Pap Diaw, rappresentante della comunità senegalese di Firenze, nonché ex consigliere al Comune.

Dopo la strage, sono tanti i pensieri che attraversano le comunità di migranti, i normali cittadini che guardano allibiti alle espressioni di odio xenofobo che attraversano il paese. Come dice giustamente Diaw, e come ha ribadito anche il ministro dell’Integrazione Riccardi, le responsabilità politiche ci sono, evidenti. E l’elenco degli omicidi a sfondo razziale si fa sempre più lungo, partendo dai lontani anni ’80.

Fu il 9 luglio del 1985 che il sedicenne Giacomo Valent, fratello di Dacia Valent, ex parlamentare italosomala del PCI, fu brutalmente ucciso a coltellate da compagni di scuola a Udine, per evidenti motivi razziali.

Nel 1989, grande scalpore produsse l’uccisione di Jerry Esslan Masslo, scappato dall’aparthied in Sudafrica per ritrovarsi poi ucciso, trentenne, nella sua baracca a Villa Literno (CE) dopo un tentativo di rapina. Raccoglieva pomodori nelle campagne del casertano, nell’assoluta privazione di qualsiasi diritto fondamentale: a quell’epoca l’asilo politico era concesso solo ai profughi dell’Est europeo. Così ne parla Enrico Deaglio (ex direttore di Diario) nel suo libro Patria: “La sua morte scuote l’opinione pubblica e i politici, e il 7 ottobre viene organizzata a Roma la prima grande manifestazione per il riconoscimento dei diritti fondamentali a tutti gli immigrati presenti in Italia. Poco dopo viene approvata anche la legge 39/90, detta legge Martelli, che finalmente abolisce la riserva geografica per il riconoscimento dell’asilo politico e procede a una sanatoria di tutti gli immigrati presenti in Italia”.

Altro anno di vera e propria mattanza di immigrati è il 2008, che ne vede morire addirittura 7. Il primo, Abdoul Salam Guibre, detto Abba, originario del Burkina Faso, il 14 settembre viene rincorso e ucciso a bastonate da Fausto e Daniele Cristofoli in via Zuretti a Milano, dopo un furto di biscotti nel loro bar. Per la sua memoria, è nato il Comitato per non dimenticare Abba, che ogni anno promuove la manifestazione “Abba Vive”. “Non dobbiamo dimenticare ciò che è successo ad Abdul Guibre, Abba. Non si deve dimenticare che un ragazzo è morto. Questo non deve accadere mai più” ha affermato la sorella, Hadiara Guibre, all’ultima commemorazione. Per l’omicidio, Fausto e Daniele Cristofoli sono stati condannati a 15 anni di carcere.
Solo quattro giorni dopo, il 18 settembre, a Castel Volturno un commando guidato da Giuseppe Setola (braccio armato dei Casalesi), armati di kalashnikov, mitragliatrici calibro 9 parabellum e pistole semiautomatiche, fa fuoco su un gruppo di africani. Ne uccidono sei. Si salva Joseph Ayimbora, gravemente ferito, testimone oculare nel processo a carico del clan. Quattro dei cinque imputati (Giuseppe Setola, Davide Granato, Alessandro Cirillo, Giovanni Letizia) saranno condannati all’ergastolo. Il quinto, Antonio Alluce, a 23 anni di reclusione. Le vittime erano di orgine ghanese (Kwame Antwi, Affun Yeboa Eric, Cristopher Adams) e togolese (Samuel Kwako, Jeemes Alex, El Hadji Ababa).
Un elenco di feroce razzismo che, per quanto tragico, rimane comunque parziale. Non morì Navtej Singh Sidhu, l’indiano di 35 anni a cui diedero fuoco a Nettuno (Roma), tra il 31 gennaio e il 1 febbraio 2009, tre ragazzi italiani di 29, 19 e 16 anni. Non ci furono vittime a Ponticelli, quartiere di Napoli, a seguito del pogrom del maggio 2008 al campo rom. E non ci sono state neanche a Torino il 10 dicembre di quest’anno, dopo l’incendio del campo nomadi a Le Vallette. Ciononostante però inquieta la rabbia, l’odio che da un momento all’altro scatta come una molla, con dei presupposti di semilegittimità che più che creati, definirei fomentati da una politica dell’odio. Perché il razzismo è antecedente alla Lega Nord, la paura del “diverso” è istintiva, naturale. In Zambia mi è capitato di essere guardato spaventato da alcuni bambini, intimoriti da quell’uomo strano, io, un ragazzo bianco. E il compito della politica, delle istituzioni, sarebbe proprio quello di agevolare la vicinanza, la conoscenza reciproca, perché è l’ignoranza (nel senso etimologico del termine) che divide. Ma in Italia, la discriminazione razziale, la caccia al clandestino è merce (elettoralmente) preziosa. E chi si appresta ad occupare le poltrone di comando è lo stesso che issa uno contro l’altro, incurante degli effetti a breve medio e lungo termine che produce. 
Sabato 17 dicembre, a Firenze, in piazza Dalmazia alle ore 15, ci sarà la manifestazione in ricordo delle due vittime, Diop Mor e Samb Modou, e per il ragazzo gravemente ferito che rischia di rimanere paralizzato. Sarà un occasione per far valere l’altra Italia, quella che dice no al razzismo in tutte le sue forme. E, soprattutto, per non dimenticare. 


Nella foto: Abba, il ragazzo ucciso a Milano nel 2008