L'Italia sono anche loro!

L.M. - 2 Febbraio 2012

Giovani italiani con passaporti stranieri costretti ad interminabili file per rinnovare un permesso di soggiorno. Italiani con pelle scura, con occhi a mandorla, ma italiani, al 100%, non c’è Lega che tenga.

In molti nell’ultimo periodo avranno sentito parlare di “ius soli”, “ius sanguinis” e della campagna “L’Italia sono anch’io” che propone la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia (nonché la concessione del diritto di voto alle amministrative). A parlarne è stato anche il Presidente della Repubblica, che ha definito vergognosa l’attuale situazione, e cioè di cittadini di fatto italiani obbligati ad interminabili file alle questure per rinnovare un permesso di soggiorno.
Di questa tematica, se n’è discusso oggi alla Feltrinelli in un incontro promosso dalla campagna “L’Italia sono anch’io” in corso Buenos Aires a Milano, con Gad Lerner, l’attore Manuel Ferreira e le due scrittrici Sumaya Abdel Quader e Anna Granata.
Sumaya Abdel Quader, autrice di “Porto il velo adoro i Queen”, ha parlato di sé, di una ragazza nata a Perugia da una famiglia giordano-palestinese, costretta dopo la maggiore età a richiedere ogni anno il permesso di soggiorno. Perché è così: se i tuoi genitori, al compimento del tuo diciottesimo anno, non hanno la cittadinanza, diventi un immigrato e come tale, grazie alla Bossi-Fini, devi dimostrare di possedere un lavoro o di essere uno studente. Sumaya ha scelto quest’ultima strada (e di lauree ne ha prese tre), e pian piano ha cominciato a sbrigare le carte per divenire Cittadina. Solo che la strada per diventarlo è lunga, faticosa. Non solo bisogna dimostrare di aver frequentato le scuole italiane, è necessario aver vissuto, continuativamente, senza nessuno “stacco”, neanche di un giorno, in Italia. E quando si sentiva pronta, quando tutto sembrava in regola ha scoperto che, per un errore del Comune, un cambio di residenza dei suoi genitori era stato registrato come un espatrio. Quindi, niente più cittadinanza. Come se essere italiani significasse non aver mai vissuto altrove, neanche per un attimo.

A “Che tempo che fa” del 29 gennaio, il ministro dell’Interno Cancellieri, sollecitata di Fazio, ha risposto che “lo ius soli semplice ci porrebbe in condizione di far nascere in Italia i bambini di tutto il mondo”. Oltre ad essere comica l’immagine di migliaia di donne gravide che vengono a “scodellare i bambini in Italia” (l’espressione è di Gad Lerner), l’affermazione è anche errata. Lo ius soli, così come previsto dalla legge di iniziativa popolare, non è concesso ai bambini nati semplicemente in Italia, bensì a quelli figli di almeno un genitore residente legalmente nel paese da un anno. Quindi non c’è da preoccuparsi: Lampedusa, Malpensa (poiché la maggioranza degli ingressi non arriva via mare, bensì via aereo) non si affolleranno di donne invasate dall’idea di partorire un figlio italiano. Con questa legge si vuole solo evitare inutili disagi, sofferenze a bambini, ragazzi nati, cresciuti a Milano, Firenze, Napoli, Palermo, ma che si vedono tagliati fuori. Essere “stranieri” nel proprio paese è ingiusto. Così come è ingiusto pretendere dai figli di immigrati tutta una serie di assicurazioni, promesse di responsabilità quando agli italiani figli di italiani non ne è richiesta alcuna. L’Italia sono anche loro, italiani si nasce e si diventa, non c’è Lega (e Grillo) che tenga.

Luigi Riccio