Provocazioni. E se la torre Galfa l'avessero occupata i musulmani milanesi?

L.M. - 21 Maggio 2012
Cosa sarebbe accaduto se anziché Macao ad occupare fosse stato un collettivo di musulmani? Se l’è chiesto Davide Piccardo, portavoce del Coordinamento delle Associazioni Islamiche Milanesi. Che denuncia: “Da mesi inviamo proposte sul piano moschee, ma l’amministrazione non risponde”.
ATTUALITA‘. Cosa sarebbe accaduto se a occupare la torre Galfa a Milano anziché un gruppo di creativi affamati di cultura fossero stati dei musulmani desiderosi di avere (finalmente) un posto stabile in cui pregare? Come avrebbe reagito la cittadinanza? E le istituzioni si sarebbero affrettate (come accaduto per Macao, il collettivo “occupante”) a offrire uno spazio alternativo?
Se lo è chiesto il Coordinamento delle Associazioni Islamiche Milanesi che, attraverso il suo portavoce, Davide Piccardo, ha sollevato pubblicamente una questione importante: Come mai a chi ha occupato una torre per due settimane viene proposta l’assegnazione di uno spazio pubblico mentre la comunità islamica dialoga con la giunta da un anno senza intravedere all’orizzonte volontà concrete? Vuol dire forse che anche noi dobbiamo metterci a occupare per avere finalmente degli spazi in cui pregare?
Giuliano Pisapia, il sindaco di Milano, in realtà non ha offerto i locali dell’ex Ansaldo al collettivo. Lo ha invitato piuttosto a partecipare al bando che verrà lanciato dall’Amministrazione per la loro futura gestione. Ma questo non attenua la forza e l’opportunità della domanda/provocazione del Caim.
“Non abbiamo nulla contro Macao” precisa Piccardo. “Ma se dopo 10 giorni di occupazione il sindaco arriva e prospetta la possibilità di assegnare a questa realtà uno spazio pubblico, il messaggio che viene fuori è che a dialogare con l’amministrazione, rispettare le leggi e i procedimenti, non si ottiene niente. Occupando, invece, sì”.
“Sarà un caso, ma noi Pisapia, non l’abbiamo mai visto. Il nostro interlocutore è sempre stata Maria Grazia Guida, il vicesindaco. E gli scambi e i contatti, cominciati la scorsa estate (l’8 agosto, esattamente), non hanno portato a nulla. Eppure si tratta di un progetto senza oneri per l’amministrazione”.
L’idea del Caim è quella di legalizzare le strutture già esistenti e a norma e costruirne altre ex novo, tenendo conto delle caratteristiche e delle esigenze del territorio. Non dunque una Grande Moschea, ma tante, piccole strutture di zona.
“Sono mesi che facciamo proposte scritte, concrete, per un percorso condiviso. L’ultima è stata inoltrata tre mesi fa: una proposta molto dettagliata sul percorso che vorremmo seguire e che intendevamo discutere con il Comune. Fino ad oggi nessuna risposta. E di fronte a questo silenzio io provo ad immaginare cosa sarebbe successo se dei musulmani avessero occupato una struttura per fare un centro culturale: quale sarebbe stata la reazione della città?”
In attesa di una risposta ufficiale, al Caim e a Piccardo è arrivata la solidarietà di Roberto Biscardini, consigliere comunale e presidente della commissione Urbanistica: “E’ del tutto comprensibile l’amarezza di Davide Piccardo, coordinatore delle moschee milanesi, e la delusione con la quale denuncia i ritardi del Comune di Milano”, ha detto.“Tutti noi, ieri, di fronte alla buona disponibilità della giunta di dare una risposta ai giovani di Macao, ci siamo domandati perché non si agisce con altrettante solerzia nei confronti della comunità islamica dando loro nuove opportunità per nuovi spazi di culto. Perché una sede per Macao subito e perché tanto ritardo del Comune nell’affrontare concretamente il problema delle moschee a Milano? E’ un problema di priorità e di regole che la nostra maggioranza non sta affrontando. Ma è anche un problema culturale, perché i cittadini islamici sembrano ancora meno milanesi degli altri. Se la comunità islamica occupasse degli spazi per farne dei luoghi di culto verrebbe utilizzato questo atto di illegalità come un alibi per metterla alla gogna e quindi per non dare risposte alle loro esigenze. Ma se lo fanno degli studenti tutto appare legittimo e dovuto”.
Luigi Riccio