Roma

Privato sociale nei Cie, “ruote di un ingranaggio iniquo”

Corriere Immigrazione - 23 Maggio 2012

I centri sono “una nuova istituzione totale” secondo l’Ong indipendente Medici per i diritti umani che ha visitato alcune strutture fra cui il Cie Ponte Galeria a Roma. I trattenuti non hanno diritto a libri, matite o scarpe con i lacci

I centri di identificazione ed espulsione non garantiscono il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali dei migranti trattenuti e non sono efficaci nel contrasto dell’immigrazione irregolare. È quanto emerge da un’analisi del centro di Ponte Galeria nel quarto rapporto sulla struttura realizzato da Medici per i Diritti Umani (Medu). Nel 2010 gli stranieri effettivamente rimpatriati attraverso i Cie sono stati appena lo 0,7% del totale dei migranti in condizione di irregolarità che si stima siano presenti nel nostro Paese. In questo senso, il prolungamento a 18 mesi del trattenimento sembra aver contribuito unicamente ad esacerbare gli elementi di violenza e disumanizzazione di queste strutture. L’indagine si concentra sul Cie di Ponte Galeria, che si trova vicino alla Fiera di Roma, ed è definito “un nuovo tipo d’istituzione totale, luogo generatore di violenza e di esclusione”.
Il centro presenta l’aspetto di una struttura penitenziaria, le aree maschili e femminili sono circondate da recinzioni di sbarre alte 5 metri. Una serie di misure hanno contribuito a rendere più oppressiva la struttura. Secondo l’Ong nei Cie ormai si è innescato “un vero e proprio circolo vizioso nel momento in cui queste misure contribuiscono ad aggravare il clima di tensione e la conflittualità all’interno del centro. L’istituzione risponde allora limitando ulteriormente la libertà personale dei trattenuti che reagiscono a loro volta accrescendo l’ostilità verso la struttura”. Anche alla luce delle visite in altri centri come quello di Torino, compiute da Medu nel corso dell’anno, “la funzione degli entri gestori sembra limitarsi a quella di ruote più o meno efficienti all’interno di un iniquo ingranaggio – quello dei CIE – di cui non sono in grado di modificare, se non in modo alquanto marginale, le criticità di fondo”. Ma quali sono le misure repressive nel Cie romano? Il posizionamento di pannelli trasparenti nella parte superiore del perimetro di sbarre dei settori maschili per evitare le fughe dal tetto.
In seguito alle disposizioni di una circolare della Prefettura, per ragioni di sicurezza non è consentito introdurre materiale infiammabile all’interno dell’area di trattenimento, e in conseguenza di ciò i trattenuti non possono disporre né di copie cartacee del regolamento interno né di libri e giornali. Ai trattenuti non è inoltre consentito possedere penne o matite. Un’ulteriore disposizione della Prefettura stabiliva inoltre l’obbligo dell’uso di ciabatte da parte dei trattenuti con lo scopo di contrastare i tentativi di fuga. Tale provvedimento ha provocato, nel novembre scorso, una decisa protesta da parte dei migranti, costretti, tra l’altro, a vivere con l’arrivo dell’inverno, in una struttura in buona parte sprovvista di impianti di riscaldamento, non ancora riparati dai danneggiamenti verificatisi nel corso delle rivolte dell’estate. Secondo quanto riferisce il direttore del centro, “la circolare delle ciabatte” è stata poi sostituita dalla direttiva attualmente vigente che dispone la distribuzione ai trattenuti di scarpe, purché sprovviste di lacci. Al momento della visita i Medu hanno trovato le camerate e i bagni visitati (in particolare quelli dell’area maschile) in uno stato di “notevole degrado”. Gli impianti di riscaldamento di alcune camerate non erano funzionanti. La maggior parte dei bagni ispezionati si presentava in un cattivo stato di manutenzione, sprovvisti di porte e senza la possibilità di un’adeguata privacy, ottenuta mediante l’uso di sacchi di plastica nera come quelli della spazzatura a fare da tendine. Medu conclude: “un’evidente inadeguatezza della struttura ad assicurare condizioni di vita dignitose a persone che vi permangono per 24 ore al giorno. Giudizio tanto più giustificato dal prolungamento del periodo massimo di trattenimento da 6 a 18 mesi”.
Raffaella Cosentino
Redattore Sociale