Bambini cittadini

Mi chiamo Souleyman

- 26 Maggio 2013

Un racconto di Alessandro Ghebreigziabiher. «E sì, sono un bambino nato in Italia da cittadini stranieri. Quindi, per la vostra legge non sono italiano. Potrò esserlo un giorno…».

Un giorno vicino o forse lontano. Tuttavia non è ancora questo il punto. D’altra parte, si parla della mia vita, dell’esistenza di un essere umano, ovvero pensieri, emozioni, sentimenti e una miriade di possibilità ancora da scrivere. Nondimeno, è meglio dirla con un racconto, così arriva più facilmente. All’immaginazione, se non al cuore.
E proprio nel regno dell’immaginazione, mettiamo che io sia cittadino italiano dalla nascita, avvenuta pressappoco due anni addietro. Sì, proprio io, un bambino nato in Italia da cittadini stranieri, un bambino di colore, se così vi è più facile raffigurarmi, un bambino italiano di colore.
Inseritemi pure nel quadro più angosciato della vostra fantasia, se volete. Un bambino, secondo alcuni proprio perché figlio di cittadini stranieri e pure di colore, che un giorno contaminerà la vostra cultura italica, sino a farla scomparire. Via la pasta asciutta, la pizza, il caffè e la nazionale di calcio.
Al suo posto, sempre in quell’inquietante quadro, io Souleyman vi costringerò a mangiare solo Kebab e fumare dal Narghilè, a bere Sake e a vedere le partite di cricket, così per fare un confuso pot-pourri.
Sempre io, il bambino di colore italiano, vi nasconderò il crocifisso dove non riuscirete più a trovarlo, anzi, ve lo vieterò, pena il taglio della mano, anzi, di qualcos’altro, che vi spaventa di più.
Ma non solo.
Altro che Obama e Cécile Kyenge, l’incubo della Lega Nord e di Forza Nuova si realizzerà pienamente proprio grazie al sottoscritto. Io sarò ovviamente il primo presidente del consiglio di colore, nero o marrone, fate voi, e quale prima legge stabilirò criteri assoluti di discriminazione verso i bianchi, ovvero italiani ‘vecchia generazione’.
Prima gli scuri, poi le mozzarelle, questo sarà il mio motto. E siciliani, calabresi e lampadati vari non facciano i furbi. Come premier creerò un comitato per l’assegnazione della patente di nero doc, le imitazioni sono quindi diffidate sin da ora.
Che altro? Ah, il lavoro e la casa, altro incubo. Ebbene, mettetevi l’anima in pace, anzi, no. Il lavoro e la casa verranno dati prima ai cittadini stranieri nati in Italia, poi agli altri. E quando toccherà a costoro, solo pernacchie, così, per puro sadismo. Gli altri… diciamo i pochi rimasti, casomai.
Perché siamo onesti, basta dare un’occhiata alle classi di bambini nelle scuole.
Sarete in pochi, accettatelo, sarete accerchiati da un’enorme massa oscura, che parla una lingua a voi sconosciuta, vive nella più promiscua poligamia e prega divinità pagane facendo sacrifici umani.
Questo è quel che avverrà in quel quadro che tanto tormenta i vostri già agitati sonni.
Ciò nonostante, la mia e, credetemi, vostra fortuna è che il sottoscritto, prima di essere figlio di cittadini stranieri e di colore, è un bambino. E nessuno al mondo è in grado di sapere quale storia un bambino scriverà con la propria vita. Noi altri, tutti, possiamo solo aiutarlo a fare del suo meglio.
Oppure ostacolarlo. Italiano o meno.

Alessandro Ghebreigziabiher