Bologna

Il referendum che consulta ed esclude

- 26 Maggio 2013

Tra poco sapremo come è andato il referendum sulla scuola: una consultazione importante ma che ha tagliato fuori gli immigrati. La protesta di Amiss.

Un referendum rilevante quello bolognese, così rilevante che da tempo se ne parla in tutt’Italia. Negli ultimi giorni vari ministri – compresa Maria Chiara Carrozza, titolare della Pubblica Istruzione – hanno preso posizione. Su cosa si deve votare? In estrema sintesi il 26 maggio è stato chiesto di esprimersi sull’operato dell’amministrazione comunale che, ogni anno, assicura un milione di euro di finanziamenti pubblici comunali alle scuole d’infanzia private. È stato chiesto a chi? Alle persone residenti a Bologna, però non a tutte. Dalla consultazione son stati esclusi i cittadini immigrati, che pure a Bologna pagano le tasse e mandano i figli a scuola e certo non costituiscono un segmento ininfluente della cittadinanza bolognese. Infatti, considerando la sola fascia d’età 3/6 anni, i bambini con almeno un genitore straniero sfiorano il 20 per cento. A porre la questione e a segnalare la “dimenticanza” è stata Amiss, l’associazione mediatrici interculturali sociali e sanitarie, che ha scritto una lettera (sottoscritta poi da altre associazioni) al sindaco Virginio Merola. Lettera che non ha ricevuto, per quanto ne sappiamo, alcuna risposta. Ve la proponiamo.

Gentile signor Sindaco,
siamo un’associazione di donne straniere che di professione e passione si occupano di mediazione interculturale dal 1999 anche all’interno delle scuole d’infanzia della città. Siamo al 90% straniere. Apparteniamo e partecipiamo alla vita economica, politica e culturale di questa città da molti anni, qualcuna di noi anche da più di 30; siamo madri di bambini stranieri o in coppia mista e da alcuni anni facciamo parte della Rete regionale contro le discriminazioni a cui ha aderito anche il Comune di Bologna.
E stamattina, solo stamattina, per nostra ingenuità ci siamo accorte che chi di noi non era anche cittadina italiana non potrà votare a questo referendum consultivo.
Venerdì mattina in una riunione dell’associazione, mentre facevamo il punto sulle attività cittadine, ci siamo soffermate sulle sedi di voto del referendum consultivo del 26 maggio. Cercando di indirizzare chi delle socie era interessata a votare, siamo inciampate nel regolamento di chi può votare:
“Possono votare:
– tutti i cittadini italiani iscritti nelle liste elettorali del Comune di Bologna;
– tutti i cittadini italiani iscritti nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero;
– tutti i cittadini italiani, non ancora iscritti nelle liste elettorali, che avranno compiuto il 18° anno di età nel giorno della votazione;
– tutti i cittadini dell’unione Europea iscritti nelle liste elettorali aggiunte dei cittadini comunitari per l’elezione del Sindaco, del Consiglio Comunale e dei Consigli Circoscrizionali”.
Il requisito della cittadinanza italiana o dell’Unione europea esclude tutte le persone con cittadinanza di Paesi terzi dalla consultazione. Non si tratta di una fascia ininfluente della cittadinanza bolognese e, soprattutto, delle persone direttamente interessate dalla materia. Vorremmo infatti ricordare alcuni dati: i figli con almeno un genitore straniero, della fascia d’età 3-6 anni sfiorano il 20% dei bambini in città; in alcune scuole la percentuale di bambini con uno o entrambi i genitori cittadini di Paesi terzi supera abbondantemente il 50%.
L’integrazione passa sicuramente da un accesso alle procedure decisionali, soprattutto quando riguardano temi civici con un immediato impatto sulla vita delle persone residenti su un territorio, quindi anche dei cittadini di Paesi terzi.
Vorremmo portare alla sua attenzione il fatto che lo Statuto del Comune di Bologna prevede che le disposizioni relative alla partecipazione popolare “si applicano – salvo esplicito riferimento – oltre che ai cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune di Bologna: (…) agli stranieri e agli apolidi residenti nel Comune di Bologna o che comunque vi svolgano la propria attività prevalente di lavoro e di studio”. Inoltre, nella delibera del Consiglio comunale di Bologna del 23 ottobre 2006, si affermava l’impegno ad una modifica dello Statuto dell’ente per permettere l’accesso all’elettorato attivo e passivo anche da parte dei cittadini di Paesi terzi.
Sappiamo che alcuni tentativi in questa direzione, attuati da parte di altri Comuni, hanno trovato l’opposizione e la successiva censura del Governo. Auspichiamo però che il Comune di Bologna si faccia nuovamente promotore di un cambiamento che possa permettere a tutte le persone residenti sul territorio di esprimere il proprio parere, soprattutto tramite un istituto quale il referendum consultivo, che per sua natura non vincola gli organismi decisionali ma li aiuta a prendere decisioni in maniera più consapevole e informata rispetto alle opinioni di tutta la cittadinanza.

Daniele Barbieri