Scuole multiculturali/2

Prove di cittadinanza a Castel Volturno

- 1 Giugno 2013

«Bevelin ha fatto lo scorso anno l’esame di terza media. Una ragazza brillante e determinata con una situazione famigliare difficile. Di origine nigeriana, nata in Italia, spesso si presentava in classe con i vestiti sporchi e lisi. Non riusciva a curare la propria persona. A chi la irrideva rispondeva sempre: “Ora ti ricordi di me per questo mio odore, ma poi te ne ricorderai perché io voglio arrivare molto in alto e poi sarai tu a bussare alla mia porta”. Bevelin quest’anno ha superato con ottimi voti il primo anno di liceo. Ci siamo sentiti ed è sempre più determinata». La professoressa Rosalba Scafuto racconta con passione questa storia di riscatto. «La maggior parte dei miei allievi è figlia di immigrati. Oggi a Castel Volturno il 50 per cento degli abitanti è di origine straniera. I primi ad arrivare sono stati quelli dell’est europeo, una quindicina di anni fa. Poi è stata la volta degli africani, nigeriani soprattutto. Ma i bambini sono quasi tutti nati qui, nel casertano o del napoletano. Parlano in dialetto e in classe bisogna portare le carte geografiche per mostrare il paese di provenienza dei genitori». L’intercultura, alla scuola del Villaggio Coppola (che è una frazione di Castel Volturno), è frutto della vita quotidiana. I bambini e i ragazzi litigano non in base al colore della pelle ma per il proprio essere persone.

Il territorio in cui è situato l’Istituto Comprensivo (unisce scuole elementari e medie) è uno dei più complessi e problematici: 40 mila abitanti, almeno per metà di origine straniera; persone arrivate spesso con la protezione umanitaria e poi entrate nel circuito – spesso vizioso – dell’edilizia e del lavoro agricolo. Degrado paesaggistico e abusivismo (non è mai stato possibile approvare un piano regolatore); povertà, disoccupazione, criminalità. Di Castel Volturno troppo spesso si è parlato solo in relazione a fatti di cronaca nera. Eppure ci sono molte cose buone anche qui (e Corriere Immigrazione ne ha parlato varie volte). C’è per esempio chi scommette sull’istruzione e la formazione dei ragazzi e dei bambini. C’è, appunto, il Villaggio Coppola ma anche la Casa del bambino dei missionari Comboniani. «I dirigenti scolastici che si sono succeduti hanno creduto in questa possibilità», dice Scafuto. «Oggi riusciamo a garantire, anche per rispettare la legge, un elevato tasso di scolarizzazione fra gli alunni di origine straniera, dando fondo ad ogni risorsa. A volte arrivano con bisogni primari come il panino per merenda e allora si fa colletta o ci si inventa il modo per garantire almeno una buona alimentazione». I ragazzi e le ragazze si impegnano al massimo, e i risultati che ottengono possono essere considerati strabilianti, viste le condizioni di partenza. «Quest’anno le prime della mia classe sono risultate essere due ragazze ucraine, due ragazzi nigeriani parteciperanno ai campionati nazionali di categoria di atletica e vengono a Roma, uno nei 1500 mt e uno nel lancio del giavellotto e molti hanno partecipato ai tornei regionali prendendo medaglie».

La professoressa non nasconde le difficoltà quando racconta che il budget della scuola è stato ridotto del 50 per cento e che si sopperisce con il volontariato del personale docente: «I due ragazzi che andranno ai campionati nazionali, all’inizio avevano solo scarpette che dovevano essere legate per tenersi. Ora siamo riusciti a far avere loro una tuta e l’equipaggiamento necessario, ma sarà un collega ad accompagnarli a Roma di tasca propria in automobile. E i due saranno i soli a rappresentare l’intera e popolosa zona chiamata “Pineta Mare”. Vogliamo far diventare questi ragazzi cittadini nella loro interezza; se su 10 riusciamo a farcela con la metà già è un primo importante passo avanti. Il nostro è un lavoro delicatissimo. Il 28 c’è stata una festa organizzata alla Casa del bambino: il docente di musica che la mattina era impegnato in classe, il pomeriggio ci è andato come volontario e a proprie spese. Ma è solo così che si può fare qualcosa, senza aspettarci interventi dall’alto. Il 30 maggio abbiamo fatto la “gara della monnezza” per promuovere la raccolta differenziata. I ragazzi dovevano affrontare un percorso e gettare immondizia nei contenitori giusti. C’erano gadget e premi per chi affrontava meglio la gara ed è stata una vera festa della cittadinanza».