Visioni meticce

Mohamed e il pescatore

- 9 Giugno 2013
La “storia” di un documentario semplice e illuminante, che sarà proiettato il 20 giugno a Trieste in occasione della Giornata del Rifugiato.
Mohamed ha 26 anni ed è fuggito dalla Mauritania perché non sopporta più la condizione di schiavitù in cui lui e la sua famiglia vengono costretti, in quanto neri (lo sapete, vero, che la schiavitù continua ad essere un grande problema della Mauritania?). Il gommone che dovrebbe portarlo in Italia, assieme ad altre 47 persone, prende acqua e a poco a poco affonda. Nessuna delle barche che incrociano risponde alle loro richieste di aiuto. Mohamed vede i suoi compagni di viaggio scomparire uno dopo l’altro. Quando resta solo su un pezzo di legno, decide di attendere la morte, ma la vista di un delfino lo scuote dal torpore: un giorno qualcuno gli aveva predetto che se mai fosse stato in difficoltà in mare e avesse incrociato quel pesce, sarebbe stato salvo. Ed è quello che avviene. Perché a questo punto, la storia di Mohamed si incrocia con la quella del pescatore. Vito è il capitano di un peschereccio di Mazara del Vallo: ha 50 anni e una famiglia con quattro figlie, ma ancora lo spirito inquieto di un ragazzo. Non riesce a stare fermo e seduto davanti al monitor del peschereccio quando guida, e ha bisogno di alzarsi scrutare il mare. È per questo che, all’alba di un giorno di fine agosto, vede qualcosa di inusuale affiorare tra le onde. Prende il binocolo pensando si tratti di una boa, ma poi osserva un braccio alzarsi, chiedere aiuto. E allora non pensa più a nulla, se non che c’è un uomo in mare. Da salvare.
Dopo avere ascoltato questo racconto, nel 2009, io, la produttrice Marta Zaccaron e il regista Marco Leopardi, abbiamo deciso che la storia di Mohamed e Vito doveva diventare un film. Quando ci ha raccontato la sua vicenda, Mohamed si trovava ad Alessandria, dove era stato inserito in un progetto di accoglienza e formazione professionale per rifugiati. Vito invece, lo abbiamo intervistato nella sua cittadina di Mazara del Vallo, tornato da una delle battute di pesca che in queste zone durano anche un mese e mezzo. Questi due uomini, così lontani per origine, età e cultura, si sentivano incredibilmente vicini, grazie all’intimità che si crea quando si attraversa insieme il confine tra la vita e la morte, tra il mare e la terra, tra l’emozione e la ragione. Entrambi avevano un grande desiderio di incontrarsi di nuovo. Questa possibilità è stata offerta loro dalla realizzazione del film-documentario Mohamed e il pescatore, in cui hanno creduto i commissari del Fondo Media della Commissione Europea e del Fondo per l’Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, che lo hanno finanziato.
Il documentario parte da Parigi, dove Mohamed è andato a trovare alcuni suoi parenti, per arrivare, seguendo il ragazzo nel suo viaggio in treno lungo lo stivale, fino alla cittadina siciliana di Mazara del Vallo, dove vive Vito. Nel film si alternano i racconti di Mohamed, che rievoca il dramma del naufragio, ai momenti che vive assieme a Vito, alla sua famiglia e ai suoi amici di Mazara.
C’è tanta umanità e fratellanza, come quando Vito dice: «Per me ora Mohamed è come un figlio». Ma c’è anche la testimonianza di una grande disumanità, nella violazione della sacra legge del mare, quando Mohamed ricorda: «Tante volte, abbiamo visto barche passare, abbiamo fatto segni, urlato ma niente, scappavano tutte». L’obiettivo mio, di Marta e Marco era dare voce, attraverso questo film, a tutti coloro che, come Mohamed, sono partiti per cercare un mondo migliore. E ricordare quelli che non ce l’hanno fatta e e si trovano in quella grande fossa comune che è oggi il canale di Sicilia. E salutare virtualmente le tante persone che possiamo incontrare per strada, e hanno alle spalle una storia come quella di Mohamed, ma noi non lo sappiamo.
Ludovica Jona