Mare di Mezzo

Sbarchi, la nuova stagione

- 16 Giugno 2013

Si ricomincia ad arrivare e a morire nel Mediterraneo, in 48 ore sei operazioni di soccorso, per quasi 1.000 persone.

Da tempo gli sbarchi, di profughi e richiedenti asilo, sono ripresi soprattutto in Sicilia, ma fino a questo fine settimana nel silenzio mediatico assoluto. E nella giornata del 13 giugno si è registrata una vittima, certamente non la prima. Un ragazzo, probabilmente fra i 20 e i 25 anni, ritrovato al largo delle coste fra Siculiana Marina e Torre Salsa, nell’agrigentino. Ancora incerte le dinamiche della morte. Ad un primo esame, sembrava che questa fosse avvenuta durante la traversata, poi si è invece appreso che probabilmente il ragazzo si è gettato in acqua quando il barcone, in cui era stipato insieme a circa altre 200 persone, si stava dirigendo verso gli scogli. Le persone approdate si sono in parte allontanate, 129 sono state rintracciate dagli agenti di polizia intervenuti, le altre hanno fatto perdere le proprie tracce. Quasi contemporaneamente sono approdati, nei pressi del lido di Noto, in provincia di Siracusa, una sessantina di migranti: tutti uomini la metà dei quali minori. Erano a bordo di un’imbarcazione di una decina di metri, che si è arenata sulla spiaggia. Il barcone era già stato intercettato dalle motovedette a largo della costa di Portopalo di Capo Passero, è stato costantemente seguito fino all’arrivo. Le ricerche hanno portato a rintracciare la quasi totalità dei migranti, una decina è però riuscita ad allontanarsi. I fermati avrebbero – il condizionale è d’obbligo – dichiarato di essere egiziani. Dopo i primi soccorsi sono stati sottoposti alle operazioni di identificazione in attesa di essere trasferiti. Solo per uno si è reso necessario il ricovero all’ospedale “Trigona” a Noto, dove si trova sotto osservazione. Ma il fine settimana è stato caratterizzato, complici le condizioni meteo favorevoli, dall’arrivo di numerose imbarcazioni.

I dati sono ancora incerti ma a detta delle autorità, in circa 48 ore sarebbero sbarcate almeno 900 persone fra la Sicilia e Lampedusa. Tre i soccorsi in mare in poche ore che hanno interessato numerosi naufraghi rimasti in panne fra Lampedusa e Malta e partiti presumibilmente dalle coste libiche. Ad intervenire, tanto i mezzi della marina militare che pattugliano il Canale di Sicilia quanto alcuni pescherecci, gli ultimi in ordine di tempo, tunisini e italiani. Prende sempre più consistenza poi l’ipotesi di una ennesima strage che ha visto perire almeno 7 persone. Ignota, per ora, la provenienza. Facevano parte però di un gruppo comprendente altri 95 giunti a Lampedusa. Dai primi racconti, sembra che i dispersi stessero tentando di aggrapparsi ad una gabbia per tonni. Il racconto dei superstiti è ancora al vaglio degli inquirenti, non avendo riscontri oggettivi. Secondo i sopravvissuti, i loro compagni sarebbero finiti in mare dopo che l’equipaggio del motopeschereccio “Khaked Amir” (tunisino) aveva tranciato il cavo che trainava la gabbia. Alcuni avrebbero anche provato a salire sul peschereccio, ma – sempre secondo i superstiti – sarebbero stati cacciati con la forza. Le informazioni restano per ora contraddittorie e discordanti, non è neanche chiaro se i naufraghi siano ancora a Lampedusa o se siano stati immediatamente trasferiti in Sicilia. Esistono probabilmente nuove e ancora non chiare modalità di “governare” gli arrivi.

Una nave è giunta a Roccella Jonica in Calabria, nella giornata di venerdì. Nel natante che aveva fuso i motori e imbarcava acqua, erano stipate 159 persone, per lo più uomini, ma anche donne e minori, provenienti da Siria, Afghanistan, Pakistan ed Egitto. Quasi tutti sono stati ospitati in un ex edificio scolastico del paese in cui già erano giunti altri 50 profughi. C’è sovraffollamento e probabilmente si dovranno attrezzare anche tende per garantire una accoglienza più decente. C’era anche una neonata siriana, Nojian, partorita durante la traversata e che ora è con la madre in un letto di ospedale a Locri. Mamma e bambina sembrano in buona salute, la neonata, che il Comune di Roccella ha dichiarato di voler adottare, ha per ora una cartella clinica in cui è indicata come “numero 6”. L’impressione iniziale che si trae da quanto sta accadendo in questi primi giorni estivi, in cui il mare è più adatto alla navigazione, è che le rotte si stiano modificando. Le esperienze passate e la volontà di provare a riuscire nell’ingresso in Italia, stanno facendo passare in secondo piano l’isola di Lampedusa, che per la sua limitata estensione e per la distanza dalla terra ferma costringe chi arriva a passare sotto le forche caudine delle autorità. Se l’imbarcazione va in avaria o si ferma comunque troppo distante dalla terraferma, si chiede soccorso e si accetta il trasferimento a Lampedusa che, per chi proviene da alcuni paesi come Egitto e Tunisia, significa rimpatrio quasi immediato. Ma se la nave è in condizioni migliori si tentano rotte più insidiose e lunghe, peraltro più costose. Ma il timore del rimpatrio spinge anche a rischiare.

 Stefano Galieni