Metaponto

Le scatole sotto i ponti

- 30 Giugno 2013

La provinciale Matera – Bernalda tira diritta sullo Ionio e termina a Metaponto. In questo inizio estate, si riempie dei molti villeggianti che dall’interno della Basilicata si avviano lungo la costa di un mare cristallino e di una spiaggia di sabbia fine. Molti ormai hanno case nei sempre più numerosi residence costruiti in prossimità di una pineta d’inestimabile valore biologico.
Metaponto è un sobborgo balneare e rurale di Bernalda sorto ai tempi della Magna Grecia. Qui fondò una delle sue due scuole Pitagora. Molti sono i canali che si attraversano a testimoniare che, prima della bonifica, quelle terre erano acquitrini e solo dopo aver regimentato le acque sono emersi i terreni fertili, così ricchi di frutti da far definire la costa ionica lucana California del Sud in miniatura. Oggi anche questo territorio non si sottrae alle leggi del mercato. Per restare competitivi i produttori tagliano laddove è più facile e immediato: il costo del lavoro, la sicurezza dei lavoratori.
Seguendo le indicazioni per il Museo (SS 175) s’incontra una piccola baraccopoli fatta di container, quattro in tutto: qui vivono una ventina di lavoratori. La baraccopoli è sorta nel 2009 dopo lo sgombero dell’ex Cometa. Ma altri sgomberi, in altri luoghi, hanno sortito lo stesso effetto: hanno spinto i braccianti a disperdersi in posti isolati. Ci sono state molte parole, ma in realtà non è stato fatto molto per trovare una soluzione.
Seduti davanti ai container, alcuni braccianti mi guardano con sospetto e curiosità. Ahmed viene dal Ciad e sta sfogliando un piccolo album fotografico. Cominciamo a chiacchierare. Ciò che lo angustia di più è il lavoro, mi spiega. Riguardo alla sistemazione alloggiativa, loro che vivono nei container, si sentono fortunati: un tetto di lamiera a certe condizioni è preferibile al cielo stellato. Ma anche ai tetti di cartone. Come quelli delle cardboard house assiepate sotto i ponti da più di vent’anni, delle vere e proprie scatole di cartone affiancate le une alle altre, come loculi. La paga giornaliera non supera i 35 euro per 7/8 ore di lavoro. Adesso è il momento di ripulire i campi dalle erbe infestanti e quindi le presenze sono basse, ma in realtà non è mai stato fatto un censimento dei lavoratori che circolano nelle campagne. Gli africani sono concentrati a Metaponto Borgo. Gli europei, per lo più bulgari e rumeni, alloggiano nell’interno, ospitati nelle masserie. Quando tra qualche giorno comincerà la raccolta delle angurie e poi quella dei pomodori, le presenze aumenteranno. Ma di loro non si è mai parlato tanto, a differenza di quel che accade in altre campagne del sud. Probabilmente perché sono così… dispersi. Non stanno tutti dentro un unico casermone. Si vedono meno. Di loro si finisce col parlare solo in “occasioni speciali”: casi di estremo sfruttamento o calamità naturali. A febbraio 2012, per esempio, c’è stata un’alluvione e le forze dell’ordine sono intervenute per trarre in salvo queste persone accampate sotto i ponti. E hanno scoperto che erano tante.
Mi sposto alla ricerca di altri ponti abitati, proseguendo verso il mare. Subito dopo un cavalcavia, sulla destra, c’è un complesso edilizio nuovo con tanto di muro di recinzione che circonda case a schiera di edilizia residenziale. Con ogni probabilità i residenti sono esponenti della piccola borghesia locale, magari sono riusciti a comprare dopo anni di sacrifici e adesso devono vedersela con l’Imu e con il mutuo. Piccoli giardini con piante rigogliose e prato inglese danno il benvenuto. Chiedo indicazioni a una coppia per trovare i neri che abitano i ponti. Mi guardano un po’ straniti e mi fanno cenno che appena a destra c’è una comunità. Mi giro ma non vedo niente, solo un piccolo passaggio aperto tra l’erba alta e le canne. Imbocco quella specie di sentiero. Lo prendo e, dopo pochi metri, quattro o cinque case di cartone sono lì con alcuni dei loro ospiti, invisibili tra gli invisibili.

Gervasio Ungolo