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Genova per noi

- 7 Luglio 2013

Un’amministrazione di centro sinistra, la lotta agli ambulanti e (forse) un conflitto d’interessi. Focus su una città multiculturale, che a volte non sa di esserlo.

Sabato 29 giugno c’è stata una retata al porto antico. Obiettivo: gli ambulanti, quasi tutti senegalesi, che vendono borse, cd e altri prodotti contraffatti: si tratta degli stessi angeli neri del fango portati in palmo di mano appena due anni fa, al tempo dell’alluvione. Oggi sembrano essere diventati una minaccia per il decoro e la sicurezza della città. Martedì prossimo è prevista una manifestazione per interloquire con prefetto e giunta.

Genova, città che deve la sua stessa ragion d’essere al legame che mantiene fra Mediterraneo ed entroterra. Una conformazione urbanistica e geografica che conquista. Dall’immensità del porto, dai carruggi in poi, ci si inerpica fin dentro le colline coltivate a terrazza. Genova “porto di mare” contaminata e contaminante in ogni aspetto della propria storia, nella sua gente caparbia e resistente, di fronte ai flutti come al vento che distorce la forma degli alberi. Genova devastata, come gran parte del territorio nazionale, dal dissesto idrogeologico. Una città cosmopolita per natura, in cui però, nonostante si siano alternate in continuità amministrazioni progressiste, le trasformazioni e le contaminazioni sociali sono state troppo spesso affrontate attraverso la logica della “sicurezza”. Anche a costo di incappare in palesi contraddizioni. Per capire meglio a cosa ci stiamo riferendo, bisogna tornare indietro nel tempo, andare al 4 novembre 2011. Un’alluvione devasta la città impreparata e, insieme agli operatori della protezione civile, delle forze preposte, ai proprietari delle case, si improvvisano nell’aiuto i tanti provenienti dall’Africa e dall’America Latina. Guardati all’inizio con diffidenza – ci fu anche chi temeva generalizzati atti di sciacallaggio – ben presto vennero ribattezzati gli “angeli neri del fango”, in memoria dei ragazzi giunti da tutta Italia durante l’alluvione di Firenze del 1966. Ma per questi giovani, come raccontano all’Associazione Antirazzista ed Interetnica 3 Febbraio, era normale darsi da fare. Non si sentivano eroi ma persone che difendevano la città che li aveva accolti, la propria città. Il loro lavoro sfiancante contribuì a far conoscere una dignità spesso negata ai cittadini migranti, creò una condizione di rispetto. O almeno così sembrava perché, tornati al “quieto vivere”, ripresero le operazioni di polizia municipale contro quello che era vissuto come un pericolo: il commercio abusivo.

L’obiettivo erano e sono soprattutto i venditori ambulanti, spesso provenienti dal Senegal o da altri paesi dell’Africa Subsahariana, che vendono la propria merce nella zona del porto antico. Il precedente assessore delegato alla legalità voleva, prima del disastro, dotare i vigili della Polizia Municipale di spray al peperoncino. I venditori erano esasperati dalle continue retate, dai controlli all’alba nelle case, da un clima che impediva a chi, svolgendo lavoro autonomo, non poteva regolarizzarsi. E di episodi sgradevoli durante le retate e le fughe se ne sono succeduti: nel 2012, un giovane è stato fermato con un colpo al ginocchio che gli ha procurato la rottura dei legamenti, pochi mesi fa un altro è stato investito da un’automobile mentre cercava di sfuggire alla finanza e sabato scorso c’è stata l’ennesima retata con un ferito. La nuova giunta comunale è messa alla prova. L’assessorato alla Legalità è stato affidato all’avvocato Elena Fiorini che fa parte dell’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e che, prima di intraprendere la professione di avvocato, operava nei servizi sociali. Fiorini, raggiunta telefonicamente, sottolinea la complessità della questione: «Da una parte ci sono le leggi dello Stato che vanno rispettate. E la vendita di prodotti contraffatti non può essere permessa. Dall’altra mi rendo conto che come amministrazione dovremmo trovare delle soluzioni alle esigenze di vita e di lavoro di questi giovani, considerando anche le richieste dell’intera cittadinanza. E non è facile». Lei, nel suo ruolo, si ritrova a fronteggiare opposte spinte. È accusata da alcune forze politiche di “lasciare gli immigrati liberi di fare ciò che vogliono”, quando queste auspicano maggiore attività repressiva. Altre realtà sociali le chiedono regolarizzazione per tutti e nessun intervento contro chi si guadagna da vivere lavorando. «Sono due estremi che non portano a soluzioni».

Elena Fiorini ha uno studio legale i cui avvocati sono chiamati spesso, come legali di ufficio, durante gli arresti o il sequestro dei prodotti per assistere i migranti fermati. Gli interventi di polizia, soprattutto municipale o della Guardia di Finanza, avvengono in base a disposizioni emanate dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, in cui l’assessora alla legalità è rappresentante politico. Non ci sarà un conflitto di interessi? No, secondo l’interessata: «Da quando sono in giunta non ho più modo di esercitare la mia professione, ma il mio studio legale va avanti ugualmente. Di fatto non sono io a seguire i procedimenti giudiziari. Del resto non potrei certo chiudere lo studio. Comunque resto convinta che l’aspetto repressivo, per quanto necessario quando si violano le leggi, non sia sufficiente e non risolva i problemi. Occorrono interventi di lungo periodo e stiamo anche cercando le risorse economiche per poterli effettuare. Ripeto: è una delle tante questioni complesse di questa città. Come, per esempio, quella dei rom, per i quali stiamo cercando e trovando sistemazioni alloggiative. Lo facciamo con poche risorse ed avendo di fronte una parte della città che li vorrebbe espulsi dal territorio ed un’altra che sembra volerli lasciare nel degrado».

Ma alcuni avvenimenti non possono non destare preoccupazione e non meravigliare, soprattutto tenendo conto della cornice amministrativa: una giunta di centro sinistra.  Giorni fa, in risposta ad un Question Time al Comune posto dal consigliere di opposizione Enrico Musso, che chiedeva spiegazioni in merito a legalità ed abusivismo nel centro storico e al Porto antico, Elena Fiorini ha così risposto testualmente: «Il tema della legalità sta particolarmente a cuore alla giunta, che intende svolgere il suo ruolo senza dimenticare che Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno come compito istituzionale la repressione degli illeciti. […] Nonostante i problemi di bilancio, abbiamo incrementato il servizio. […] Il 21 ottobre scorso, il questore ha emanato un’ordinanza che disciplina la divisione di zona e la turnazione per presidiare le aree. C’è un regolare presidio da parte di Carabinieri, Polizia, Forze armate, Polizia municipale e Guardia di finanza. Inoltre, è attivo un tavolo permanente in questura per comprendere come migliorare il servizio. Fino al 31 maggio abbiamo svolto 151 servizi e 104 sequestri di merci, vogliamo aumentare le operazioni, risalendo alla fonte, ovvero ai magazzini che assemblano le merci contraffatte». Un bilancio che sembra voler rispondere alle proteste che giungono soprattutto dai commercianti.

Alcune associazioni antirazziste mettono in discussione proprio l’enorme dispendio di denaro pubblico e la gestione militaresca del fenomeno del commercio abusivo che il Comune di Genova (insieme ad altri Enti territoriali prima di lui) continua a patrocinare, anzi ponendo la repressione degli illeciti che gravitano attorno alla vendita ambulante di prodotti (talvolta contraffatti) come asse portante della tutela e locale della legalità. Si chiede coerenza nella gestione degli spazi da destinare ai venditori ambulanti (spesso muniti di regolare licenza) e invece ci si ritrova con una assidua turnazione delle forze dell’ordine a presidio della zona che va da piazza Raibetta al Museo del Mare. E’ stato  creato un Tavolo permanente presso la Questura, ma negli incontri che finora si sono svolti hanno potuto dire la propria le associazioni di categoria e non certo i lavoratori migranti. Insomma: una gestione che finisce col rivalersi sugli anelli deboli, invece di concentrare le proprie energie – come annunciato da tempo – sul traffico a monte. Le stesse dichiarazioni del sindaco Doria contengono elementi di ambiguità: «Tutti sono tenuti a rispettare le norme del codice civile – ha ribadito in una nota – Il malessere sociale, che scaturisce dalla crisi, aumenta i comportamenti devianti. I fenomeni sono più controllabili se la società è messa in condizione di vivere meglio. È importante la cultura della prevenzione. È stata fotografata una realtà che si riferisce all’abusivismo commerciale, ai senza fissa dimora, agli scippi e a molto altro».

Va da sé che accomunare tre problematiche, che invece andrebbero tenute distinte, non contribuisce certo a fornire soluzioni alternative. Altro fattore problematico è rappresentato dalle modalità di intervento delle forze dell’ordine, sovente affatto pacifiche e tali da aver messo almeno in alcune occasioni a repentaglio anche il diritto alla difesa dei fermati. È accaduto che si preferisse far intervenire avvocati di ufficio invece di legali attenti a tali questioni. Per quanto riguarda le “maniere forti” delle forze che intervengono, Fiorini fa capire che il problema sussiste: «Come è avvenuto in altre città, stiamo predisponendo corsi di formazione appositi per gli agenti che debbono conoscere anche gli strumenti di mediazione culturale. Uno dei tanti obiettivi che ci siamo ripromessi». Martedì 9 luglio, con partenza da Piazza Caricamento alle ore 16, l’Associazione 3 Febbraio ha organizzato un corteo che porterà tanti lavoratori e antirazzisti sotto la prefettura e in cui si cercherà di avere un incontro con il prefetto e con l’assessora. Questa ha già avuto modo di incontrare i rappresentanti dell’associazione e si ripromette di riceverli anche martedì, partendo però dal presupposto che un dialogo è possibile, ma una soluzione che contravvenga alle leggi no. I manifestanti chiedono la fine delle azioni repressive e uno spazio libero per i venditori ambulanti. E poi una sanatoria senza ricatti e il permesso di soggiorno per tutti. Sugli ultimi punti il comune può… nulla. Ma sui primi no.

Stefano Galieni