Matera

La Carovana è arrivata

- 21 Luglio 2013

 Il Festival della Libera Circolazione è stato un successo. Un passo in avanti verso la piena eguaglianza nei diritti.

Si è chiusa in maniera splendida la Carovana dello Ius Migrandi, in una cornice naturale e storica terribilmente evocativa. Nel salone del Palazzo Lanfranchi, nei cortili e nelle sale che ospitano spazi museali preziosi e sorprendenti si è definita in due giornate, l’ultima tappa del percorso iniziato a Bolzano il 10 luglio. Venerdì mattina, dopo avere disinnescato con creatività alcuni incidenti organizzativi, si è tenuta una assemblea plenaria dei carovanieri che ha consentito lo svolgimento regolare dei tre workshop messi in calendario. Si è parlato di frontiere, libera circolazione, accesso alla cittadinanza e della connessione tra lavoro e immigrazione.
Fra i carovanieri, provenienti da organizzazioni e realtà diverse fra loro, si registrava una analisi ed una critica totale delle norme attualmente vigenti in materia di immigrazione. Da qui, proposte concrete, forse scontate per chi opera nel settore ma tuttora dirompenti, che potrebbero essere considerate sia a breve termine che in prospettiva.

La cittadinanza, da estendere non solo ai figli di chi è nato in Italia in cui almeno 1 dei genitori sia residente regolarmente da almeno 1 anno (come indicato nella proposta di legge de L’Italia sono anch’io) ma anche ai figli degli irregolari con almeno 3 anni di scolarizzazione per non far cadere sui figli i problemi dei padri. L’equiparazione fra “affidamento” e “adozione” per i minori non accompagnati. Il diritto di voto, che va esteso alle amministrative ma anche alle regionali, enti che hanno oggi forte potere legislativo. Per quanto riuarda il lavoro, il recepimento reale della direttiva 52 (sfruttamento del lavoro nero), più strumenti per affrontare il caporalato, il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti in patria e la ratifica della Convenzione Onu per i diritti dei lavoratori migranti e le loro famiglie.
Dal workshop sulle “frontiere” sono partiti richiami le autorità nazionali ed europee. All’Italia si chiede di rendere pubblici i trattati stipulati con alcuni paesi, in cui si barattano ipotetiche politiche di sviluppo con l’esternalizzazione dei centri di detenzione, il controllo militare alle frontiere marittime e terrestri, la possibilità di rimpatrio coatto. Si tratta molto spesso di paesi che regolarmente violano i diritti umani (vedi la Libia) e ciò potrebbe/dovrebbe condurre alla invalidazione dei patti. Si chiedere conto poi delle ingenti risorse impegnate – con esiti fallimentari – per scoraggiare gli ingressi irregolari. Risorse che invece potrebbero essere impiegate per pratiche di accoglienza e di inclusione. L’Italia dovrebbe poi rivedere le modalità di accoglienza per i richiedenti asilo e prendere atto del fallimento strutturale, oltre che della disumanità, dei Cie. Ovviamente – e su questo hanno convenuto i 3 diversi workshop – va abrogata la Bossi-Fini e vanno predisposte nuove leggi, magari frutto di maggior partecipazione dei soggetti interessati. Il tutto sulla base di un semplice concetto: migliorare l’accesso ai diritti degli uomini e delle donne migranti, significa migliorare la qualità della vita e della “salute sociale” dell’intera collettività. Ma si è chiesto all’Italia di intervenire anche in sede europea per una modifica radicale del regolamento di Dublino che imprigiona i rifugiati nei paesi di approdo, garantendo loro di poter decidere dove vivere, facendo diventare insomma lo “spazio Schengen” di libera circolazione non solo per i cittadini dei paesi membri ma per chiunque risieda in uno di questi. E si chiede all’Europa di non dilapidare risorse con l’Agenzia Frontex o con altri strumenti di contrasto, dannosi e inutili quanto di divenire continente capace di accogliere e di avere normative e pratiche comuni non solo per gli aspetti repressivi.

I testi elaborati, su cui i carovanieri hanno lavorato fino a tarda notte, sono stati presentati pubblicamente sabato mattina alla presenza di numerose autorità. Il sindaco di Matera, Salvatore Adduce, rappresentanti della Provincia e della Regione, il Prefetto, il vice presidente del parlamento europeo, Gianni Pittella, il vice ministro dell’interno, Filippo Bubbico, entrambi provenienti dal territorio lucano e la ministra per l’integrazione e la gioventù Cécile Kyenge. L’ingresso della ministra è stato salutato, in una sala stracolma, da un interminabile applauso, segno tangibile di una solidarietà che si va sempre più consolidando nella parte più sana del Paese. Dopo l’intervento delle autorità locali si sono avvicendati sul palco i carovanieri a cui era stato dato il compito di illustrare le proposte elaborate. Si è partiti dal racconto della carovana e dei soggetti che l’hanno attraversata, figli di una lunga storia antirazzista di cui il Paese dovrebbe essere orgoglioso. L’intero testo, che presto sarà pubblicato, ha suscitato applausi e consensi ed i rappresentanti politici hanno risposto, almeno in parte, alle sollecitazioni rivolte.

Una attenzione che non è sembrata soltanto di, ma di cui è stata forse colta la loro validità come prodotto di una intelligenza collettiva e competente che si è messa a disposizione. Ed è stato detto anche in maniera molto netta da una delle relatrici, Edda Pando: «Vi consegniamo le nostre proposte e riflessioni, alla politica, a chi ci governa, il compito di rispondere, a noi quello di costruire massa critica e spazio pubblico di mobilitazione e lotta per vederle soddisfatte, in un rapporto di interlocuzione». Cécile Kyenge, nell’intervento conclusivo, oltre che nel ringraziare, citandoli nome per nome, le persone che si sono impegnate in questo percorso, ha annunciato l’apertura di tavoli di elaborazione insieme ai ministeri interessati, alle forze sociali, al tessuto che può contribuire a far valere simili istanze. Il primo, sulle discriminazioni e il razzismo, partirà fra pochi giorni insieme all’Unar, gli altri vedranno la luce a settembre. In questi mesi la ministra, oltre che rispondere con la sua ormai consueta pacata fermezza alle tante provocazioni di cui è stata oggetto, ha incontrato in tante realtà territoriali, contesti molto forti determinati a partecipare nella produzione di cambiamenti. Si continuerà con questo registro, è stato detto dalla ministra. C’è da sperare che questo possa determinare processi di partecipazione attiva e diffusa, unico antidoto verso un razzismo mai sopito che una città simbolo come Matera – che si è proposta come “Capitale europea della cultura” per il 2019 – ha mostrato concretamente di saper rifiutare.

Stefano Galieni