Verba manent/1

Cara Igiaba Scego

- 28 Luglio 2013

«Il no che dobbiamo dire non riguarda la presenza di Kyenge nel governo. No a tirarci indietro, no a dare la colpa sempre ad altri». L’intervento di Michele Karaboue.

Sono Michele Karaboue, esperto in politiche giovanili e dottorando di ricerca in diritto comparato e processi d’integrazione all’università di Napoli. Ho letto la sua toccante lettera rivolta alla Ministra Kyenge e vorrei cogliere l’occasione per approfondire i temi che hai tracciato. È evidente per me che lei sia mossa da nobili sentimenti che la spingono a gridare le sue convinzioni ma la prego di considerare un diverso punto di vista.
Lei ci ha riportato alla memoria la storia di Rosa Parks, conosciuta come “la madre dei diritti civili”, ma è utile ricordare anche che Rosa non era sola, la sua forza era l’appartenenza a gruppi della comunità afroamericana come l’Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore, delle quali i leader assieme a Padre M.L. King si sono battuti affinchè gli sforzi della giovane Rosa Parks non fossero vani, affinchè l’intero paese potesse sentire la voce e non fosse tutto ridotto ad una breve notizia di cronaca locale. E se anche loro avessero detto no?! Dire No alle volte risulta essere più semplice.
Ma le chiedo: un No gioverebbe davvero alla causa?! Sarebbe un bene che la delicata quanto importante delega dell’integrazione, in un momento storico come questo, venisse affidata a un altro ministro?! Ci sono proposte migliori della Kyenge?
A chi affidare quindi un percorso di crescita che vede nell’integrazione quella sana politica di sviluppo e rilancio per il nostro Paese, se non ad una donna che ha sempre visto nell’integrazione un completamento dell’essere e si è in prima persona messa in gioco per promuovere la conoscenza reciproca e avviare percorsi di sensibilizzazione, integrazione e cooperazione?
Comprendo bene la sua rabbia, essendo anche io figlio di genitori stranieri, e proprio per questo spero fortemente che Kyenge, nonostante le quotidiane minacce, accuse ed insulti non abbandoni la sua posizione per dar voce ai tanti che ai propri appelli trovano risposta col disinteresse generale.

Quanto allo ius soli, mi sento di dare qualche rassicurazione. Il processo merita un approfondimento che è in atto, le commissioni parlamentari ne stanno discutendo, e la proposta della ministra ha tutti i numeri per poter passare. Era il 21 marzo quando l’onorevole Kyenge promosse con altri firmatari, quali Pier Luigi Bersani, Khalid Chaouki e Roberto Speranza, la proposta di legge sul riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati sul suolo italiano, e il tempo intercorso non è stato di immobilismo: è stato utilizzato, invece, per far maturare un’idea comune sui diritti della cittadinanza, da sempre fondata solo sullo ius sanguinis. Il governo è giovane, ma ha già adottato nel decreto sulle semplificazioni un’anticipazione dello ius soli a tempi record e proprio grazie anche alla Minstra Kyenge.
Quando in Costa d’Avorio Janine Tagliante Saracino è stata nominata Ministro della Salute nessuno si è stupito delle sue origini italiane. Anzi, tutti hanno puntato l’accento sull’ottima scelta perché sapevano essere una donna corretta, un medico preparato e sensibile. Attualmente Janine Tagliante Saracino è l’Ambasciatrice della Costa d’Avorio in Italia e sta portando avanti iniziative lodevoli tanto per lo sviluppo del Paese africano quanto per la crescita dell’Italia, nell’ambito della cooperazione fra i due paesi.
Nonostante il profilo di Cécile Kyenge sia altrettanto importante e meritorio di rispetto, non ha avuto in Italia la stessa fortuna della collega ivoriana. Ecco che tracciando il profilo di due donne, due medici, due personalità che hanno in comune l’esercizio di un’alta funzione in un paese diverso da quello originario, ci accorgiamo che le differenze vanno trovate solo nei contesti dove operano.
Si dice che tutto il mondo è paese ma evidentemente non è cosi, viste le reazioni avute in Italia per la nomina del primo ministro nero nella storia della Repubblica italiana.
Fortunatamente le poche le voci di protesta assumono di per sé scarso valore visto che fondate solo sull’intolleranza etnica. Per chi come me studia a fondo i processi d’integrazione la presenza di un ministro di origine congolese assume un significato preciso. In Italia il vento sta cambiando e si tratta di qualcosa che avevamo già previsto attraverso i nostri studi di ricerca.
Da cittadino italiano, anche se ho origini ivoriane, invito tutti a comprendere quanto si possa essere fortunati ad entrare in contatto con culture diverse. È innanzitutto attraverso la conoscenza dell’altro che si percorre un iter di crescita ed è dalle esperienze altrui che si possono cogliere importanti insegnamenti.
Kyenge presto sorprenderà tutti per le politiche che ha in cantiere. E l’attenzione al colore della sua pelle inevitabilmente scemerà. Farà comprendere che la diversità è una risorsa per questo Paese. Per questo Kyenge passerà alla storia.
I no che dobbiamo dire, adesso, sono altri: no alle dimissioni della Kyenge, no a perdere l’unico interlocutore che sta sensibilizzando il Paese ad un cultura diversa, no a rinunciare a riflettere anche su un piano istituzionale sul futuro delle seconde generazioni, no a saperci non più rappresentati, No a dire che la colpa è sempre degli altri…

Michele Ahmed Karaboue