L'asilo che non c'è

Miraggio Europa

- 28 Luglio 2013

Un giovane eritreo racconta la sua odissea tra mancata accoglienza in Italia, Regolamento Dublino e  fingerprint.

Ha circa venticinque anni e il suo sguardo è sicuro mentre mi parla. Con pazienza, mi racconta il suo viaggio mai terminato, stando attento a non tralasciare neanche un particolare, richiamandomi all’ordine quando cerco di forzare sui tempi del racconto. È stato un lungo percorso a ostacoli e YX (ho promesso di non svelare la sua identità) ci tiene a raccontarmeli tutti.

L’inizio è comune a tanti della sua generazione e della sua nazionalità. Nato in Eritrea, viveva in un villaggio poco distante da un centro urbano, lavorando nelle terre di famiglia. Né ricco né povero, conduceva una vita normale che se fosse stato per lui, non sarebbe mai stata diversa. Ma non è andata così. L’Eritrea dopo la fine della guerra di indipendenza, che è durata circa trent’anni e dopo un secondo conflitto con l’Etiopia, vive in perenne attesa di un prossimo attacco. L’eroe che aveva portato il Paese all’agognata libertà è divenuto un feroce dittatore che obbliga tutti i giovani, uomini e donne, alla leva militare sine die, rubando loro il presente e il futuro. Chi si lamenta o protesta, va in galera.

Per questo YX, nel 2006, come molti della sua generazione, è scappato. Prima in Etiopia, dove si è trovato a vivere in un campo profughi: «Un limbo, pieno di malattie e di miseria». Un suo amico, scappato con lui, decide di rimanere lì, confidando nel resettlement, cioè nella possibilità di essere sistemato in qualche Stato come gli Usa, l’Australia o la Germania, tramite quote che, con estrema lentezza, distribuiscono i rifugiati nel mondo. Lui decide di non aspettare e parte: destinazione Europa. Passa per il Sudan e arriva in Libia. Anche se non è stato in carcere, ha vissuto comunque gli abusi e gli inganni che ai richiedenti asilo vengono fatti in questo paese. Per cinque volte è andato all’appuntamento in spiaggia, per quattro volte è arrivata la polizia che ha catturato i più. Lui no, è veloce, è furbo e ce l’ha fatta a scappare. La quinta volta riescono a prendere un motoscafo in 93 persone, convinti di essere trasferiti in una barca più grossa. Invece no, erano stati raggirati. Con quel mezzo, in così tante persone, dovevano raggiungere l’Italia. E ce la fanno.

Era dicembre del 2008, gli accordi Italia-Libia non erano ancora effettivi. Sono stati tra gli ultimi a poter arrivare a Lampedusa. L’Italia non è mai stata un suo obbiettivo, già in Etiopia era venuto a sapere che nel nostro paese era l’inferno. Si dorme per strada, non c’è lavoro e sulla carta ti sono riconosciuti dei diritti che poi non vengano neanche presi in considerazione. Ma non c’è altro modo di raggiungere l’Europa se non passando da qui. Da Lampedusa, dove gli vengono prese le impronte digitali, viene trasferito a Follonica, dove in quel periodo era stato allestito un Cara (Centro Accoglienza Richiedenti Asio). YX ne parla bene, ma sapeva che sarebbe stata solo una parentesi.

Lui aveva pensato di trasferirsi in Svizzera. Arriva in questo Paese il 23 gennaio 2009. Viene intercettato subito dalla polizia che lo porta in un commissariato dove scopre che dal 12 di gennaio anche nello Stato Elvetico è entrato in vigore il Regolamento Dublino. Lo portano in un primo grande centro che serve per regolarizzare la posizione, infatti gli trovano subito le impronte digitali e gli chiedono se volontariamente vuole tornare in Italia. Lui risponde di no. I poliziotti lo avvertono che verrà rimandato comunque nel nostro Paese. Nel frattempo YX viene sistemato in una casa, gli vengono dati 400 franchi al mese e gli viene garantito l’accesso alle cure mediche. Si troverà ad avere bisogno del dentista e nel giro di pochi giorni potrà essere curato. Trova anche un lavoro a nero, fa il contadino a chiamata per 10 franchi all’ora. La deportazione arriva dopo 6/7 mesi. Lo portano a Roma, dopo una breve intervista, lo mandano via con un foglio e nulla più. Non sapendo che fare va all’Anaglina dove c’è uno stabile occupato in cui vivono richiedenti asilo e rifugiati, che come lui, sono rimasti  fuori dal circuito dell’accoglienza. YX conosce Follonica e lì ritorna. Si rivolge alla Caritas dove gli spiegano che con il foglio che gli hanno rilasciato all’aeroporto di Roma deve andare in Questura di Grosseto. E lui ci va. Incontra un poliziotto a cui presenta documentazione italiana e svizzera. Da quel che racconta YX il poliziotto gli consegna un foglio che lui deve firmare, anche se non sa che cosa c’è scritto e gli dice che se non si presenta al prossimo appuntamento verrà multato.

Confuso rientra a Roma. Incontra un connazionale e gli mostra il foglio. Lui lo porta da una ragazza che fa la mediatrice. Lei gli dice che su quel foglio c’è scritto che lui non vuole restare in Italia e preoccupata chiama subito un avvocato. YX non capisce bene che succede, ma quando il giorno dell’appuntamento si ripresenta in Questura a Grosseto, un nuovo funzionario è adirato con lui perché è in possesso di quel foglio e lo strappa. «Come se me lo fossi scritto da me», commenta con sarcasmo. Gli danno un permesso per richiesta asilo. Per i mesi successivi YX vive in totale indigenza all’Anaglina. Con tutte le complicazioni del caso. Succede che a poca distanza dall’audizione nella Commissione territoriale per la richiesta asilo gli scade il permesso, in questura decidono che prima va in Commissione e poi glielo rinnovano, del resto la legge consente un margine di diversi giorni per il rinnovo. È tutto legale. Ma non è pratico. Alla mensa dei poveri, dove va solitamente, non fanno mangiare con un permesso scaduto. Sono giorni molto duri.

Ottiene lo Status di rifugiato. Gli vengono chiesti i soldi per fare il permesso. Sono oltre 100€ e lui non ce li ha. Ritorna a Follonica, sempre alla Caritas, dove gli danno soldi e aiuto. Ottiene il permesso ma continua a non avere un posto decente dove dormire. Alla Caritas di Follonica va molte volte, sempre di venerdì, quando lo sportello è aperto. Gli dicono che deve aspettare. Ma aspettare cosa? Alla fine disperato, dice «Basta! Io non me ne vado dall’ufficio finché qualcuno non mi dà accoglienza». Gli trovano da dormire alla Missione Comboniana di Firenze, poi da lì viene trasferito in un progetto d’accoglienza a Venezia. Qui c’è un posto per dormire, una mensa, gli danno 90€ al mese per le spese e può andare a scuola d’italiano. Trova anche un lavoretto a nero per 2€ l’ora. Poi succede il fattaccio: un altro mal di denti. È un ragazzo sveglio, per cui non ci pensa due volte e va dal dentista indicandogli il dente malato. YX racconta che il dentista gli leva il dente sbagliato che si rompe e dei frammenti rimangono nella gengiva. Di fronte alle proteste del ragazzo il medico reagisce dicendogli «sono io o sei te il dottore? Vai via e torna un’altra volta». Arrabbiato, torna al centro dove litiga con un’operatrice che lo rimprovera di aver agito senza dire niente a nessuno. YX si è sentito come se la colpa fosse sua. Il problema rimane, la ferita sanguinava e faceva male. Per cui con l’aiuto di un connazionale e di un ragazzo albanese, che in un primo momento cerca di convincerlo a tornare dal dottore, prende forchetta e coltello e si leva i residui di dente dalla gengiva. Dopo questo fatto i rapporti con il progetto si deteriorano. Dopo sei mesi di accoglienza viene mandato via con 250€ in tasca.

YX è amareggiato e deluso. In Italia non ci vuol stare. Prova a rigiocare la carta della Svizzera ma gli ritrovano le impronte digitali. Lo prendono comunque in accoglienza come la prima volta. Prova anche a sposarsi, per rimanere, ma non ce la fa. Dopo 7 mesi torna, poco prima del rimpatrio forzato in Italia. Chiede e ottiene ospitalità dai Comboniani a Firenze, dove cerca in tutte le maniere di trovare un lavoro. Ma alla missione non può stare per sempre, per cui decide di andare a vivere in una casa occupata. Riesce a trovare un lavoretto di poche ore a nero. 

Ad oggi niente è cambiato. Nel frattempo viene a sapere che il suo amico in Etiopia, quello che confidava nel resettlement, ce l’ha fatta e da dicembre 2012 vive negli Stati Uniti. Anche molti suoi amici, che sono arrivati con lui in Italia, sono riusciti a bypassare il Regolamento Dublino e vivono in altri paesi. Per YX l’Europa continua ad essere un miraggio. 

Francesca Materozzi