Human rights

Prima fermata, Grecia

- 28 Luglio 2013

Cronache da Lesbo, dove si è tenuto il secondo campo internazionale di Amnesty sui diritti umani. Il focus di quest’anno è stato su sbarchi e respingimenti.

Guardo verso l’orizzonte e osservo le coste della Turchia. Sembrano così vicine ma non lo sono affatto: una traversata in mare fatta con una barca di fortuna può durare fino a sei ore, sei lunghe ore dove tutto può  accadere. Guidiamo su una stretta strada rocciosa, segnata da giacche salvavita che rifugiati e migranti giunti sull’isola hanno lasciato dietro di sé. Abbandonati tra i cespugli ci sono degli indumenti umidi. Si tratta di una gonna lunga, una maglia e un foulard per capelli, lasciati probabilmente da una donna arrivata da poco. C’è anche una bottiglia di bagnoschiuma in caratteri turchi. Lungo la riva del mare non è difficile trovare tracce delle barche utilizzate durante la traversata.

Mi trovo a Lesbo, Grecia, in occasione del secondo campo internazionale dei diritti umani organizzato da Amnesty International e terminato il 20 luglio. Ho incontrato più di 60 attivisti di differenti nazionalità durante una settimana di attivismo all’interno della campagna Quando Non Esisti, con lo scopo di discutere e contrastare le violazioni dei diritti umani subiti da migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Europa e ai suoi confini.

La Grecia rappresenta – insieme all’Italia – la porta principale di ingresso in Europa per richiedenti asilo e migranti provenienti principalmente dal Medio Oriente e dall’Asia. Come documentato nel nuovo rapporto Frontiera Europa: violazioni dei diritti umani al confine della Grecia con la Turchia, il paese ellenico non ha un sistema efficace di ricezione e gestione dei richiedenti asilo. Molti hanno difficoltà a inoltrare la richiesta di protezione internazionale; quelli che non riescono a dimostrare di averla inoltrata sono a rischio arresto, detenzione e espulsione. I centri di ricezione sono spesso sovraffolati: molti rifugiati e migranti, inclusi bambini, sono costretti a vivere per strada o in squallide abitazioni. Sono numerosi i casi di respingimenti in mare da parte delle forze armate, in completa violazione del diritto internazionale.
Ma la Grecia non è solo respingimenti, non solo detenzione, non solo maltrattamenti. La Grecia è anche accoglienza, umanità e divario tra politica e gente comune.

Stergios, commerciante che vive da 22 anni a Lesbo, racconta: «I flussi migratori sono diventati regolari circa sei anni fa. All’inizio si trattava prevalentemente di asiatici… rifugiati e migranti dallo sguardo stanco, di rinuncia. Poi quattro anni fa gli arrivi più grandi, specialmente nel nord. 30/40 arrivi al giorno. Queste persone hanno viaggiato per mesi prima di giungere qui, hanno dato via i loro soldi ai contrabbandieri. Sono arrivate qui bagnate, completamente distrutte. Non avevano idea delle difficoltà legali che avrebbero incontrato, pensavano semplicemente di raggiungere  una terra meravigliosa. Quando i primi siriani sono arrivati non c’era alcuna struttura per riceverli. C’erano solo le istruzioni da parte del governo alla polizia su come registrarli. Così la comunità  locale si è alzata per fornire quel servizio che mancava da parte dello stato. La comunità ha fornito cibo, acqua, medicinali… Eravamo interessati a capire cosa stesse accadendo, il perché di quegli arrivi, la loro origine. Volevamo offrire quei servizi fondamentali che mancavano, mettendo da parte la politica. Abbiamo così creato una organizzazione chiamata Prima Fermata e riempito un po’ quel buco presente nello stato. Un giorno ho chiesto a un ragazzo perché avesse lasciato il suo paese. Mi ha risposto che lì non c’era più una famiglia, una casa, niente per cui rimanere. Ho sentito di dover fare qualosa e come me tante altre persone. Ma c’era anche la paura, paura che queste persone potessero portare malattie, infezioni. Nonostante ciò molti hanno aiutato. Sin da piccoli impariamo che il successo ha a che fare con il denaro. Ma se vuoi raggiungere un livello più alto devi essere capace di sentire le persone. Il mar Mediterraneo per me significa libertà».

Insieme alla testimonianza di Stergios abbiamo raccolto un’altra storia di solidarietà, quella di Giorgos, un pescatore di Molyvos, noto sull’isola di Lesbo per aver salvato una famiglia durante un attraversamento in mare nell’ottobre 2009. Giorgos si trovava sulla sua barca quando un motoscafo carico di persone è stato ribaltato dalle onde. Allora si è gettato in mare, salvando la vita di tre individui. Altre otto persone sono annegate quello stesso giorno.

«Ci siamo svegliati al mattino, siamo saliti sulla barca e partiti per andare a largo del mare. Volevamo gettare le reti in acqua, nel momento in cui abbiamo iniziato a farlo abbiamo visto una barca in arrivo. Era una barca ad alta velocità. E improvvisamente abbiamo visto la barca scontrasi contro il molo. E mi sono detto: stanno per annegare. Abbiamo lasciato le reti e abbiamo navigato ad alta velocità verso di loro per vedere cosa stava accadendo, in caso potevamo salvare qualcuno. Perché avevamo capito che sarebbero affogati. Così siamo andati a vedere la situazione. Le punte della barca si erano rivoltate e le persone si erano disperse in mare. La madre, il neaonato e il padre… afferrano il neonato e cercano di aggrapparsi alla barca. Mio genero salta in mare. Nuota verso di loro. Prima prende il neonato fra le braccia. Il mare è brusco, il vento a 5-6 Beaufort. Lo afferra e lo porta lentamente a noi. Ci è voluta molta fatica a far salire il neonato in barca. Per il resto delle persone gettavamo giacche salvavita in mare. In caso qualcuno riuscisse almeno ad afferrarne una. Ci chiamavano. Non potevano nuotare. Non riuscivano neanche a raggiungere le giacche che erano a solo un metro di distanza. Pian piano stavano affogando… Non c’è dubbio che molte altre persone annegheranno quest’anno.  Perché qui le tempeste sono violente e le correnti sono forti. Se questo dovesse accadere di nuovo e noi saremo in grado di aiutare lo faremo. Se vedi qualcuno che annega ti senti triste, se sei un essere umano. Se non sei un essere umano, non ti senti triste, non ti interessa. Ma se sei un essere umano, pensi: perché una persona dovrebbe annegare?».

Proprio quello dei respingimenti è stato il tema principale di questa settimana. Sono state condivise esperienze e conoscenza culminate in due azioni pubbliche intraprese con lo scopo di attrarre l’attenzione dei media: un messaggio lanciato dal mare: S.O.S. Europa: accendi una luce, ferma i respingiment e un flash mob nella capitale Mytilene attraverso cui si è chiesto alle autorità greche la fine immediata dei respingimenti in mare di quanti cercano di attraversare il confine greco-turco.

Questo campo internazionale dei diritti umani a Lesbo rappresenta la naturale evoluzione di quello tenutosi lo scorso anno a Lampedusa, centratosi sugli accordi sull’immigrazione tra l’Italia e la Libia e le violazioni da questi risultanti. Dopo l’ S.O.S. lanciato lo scorso anno da Lampedusa per chiedere a Europa e Italia di modificare le politiche in tema d’immigrazione, attivisti provenienti da tutta Europa e non solo sono tornati lungo la frontiera meridionale dell’Europa per inviare un nuovo assordante S.O.S. esigendo questa volta a Europa e Grecia la protezione dei diritti dei rifugiati e dei migranti lungo il confine greco-turco. Perché il troppo è troppo: basta ai respingimenti.

Sabrina Tucci