Lotta al razzismo

Un passo e un tavolo avanti

- 28 Luglio 2013

Un gruppo di lavoro interministeriale contro xenofobia e discriminazioni. Con il coinvolgimento della società civile. Si comincia a Roma il 30 luglio.

L’obiettivo è ambizioso e, a nostra memoria, non era mai stato preso sino ad ora in seria considerazione dalle istituzioni. L’obiettivo è definire un Piano nazionale d’azione contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza che copra il biennio 2013-2015. Non che i target di questo piano fossero sconosciuti, ma sono stati troppo spesso sottovalutati nella loro pericolosità sociale, oppure affrontati attraverso interventi puntuali e non con vere strategie programmatiche. La vera novità qui è il piano inteministeriale e il coinvolgimento delle associazioni. Si parte il 30 luglio, a Roma, con un incontro che dovrebbe essere il primo di una (lunga? media? ci auguriamo adeguata) serie di altri tavoli, come dichiarato a Matera nel corso del Festival della libera circolazione, dalla ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge.
Ad aprire i lavori sarà il giornalista Stefano Trasatti, alla presenza di Kyenge e della viceministra alle Politiche sociali con delega alle pari opportunità, Maria Cecilia Guerra. Marco De Giorgi, Direttore generale dell’Unar presenterà lo schema di un piano che delinea metodologia e obiettivi. Verrà poi definito il Gruppo Nazionale di Lavoro e le associazioni presenti proporranno specifiche priorità di azione. Nel pomeriggio i presenti si divideranno in workshop aventi come assi portanti i punti in cui maggiormente si individuano discriminazioni, razzismo e forme di xenofobia: il lavoro, l’alloggio, l’istruzione e l’educazione, i mass media, lo sport (data la recrudescenza di certi fenomeni negli stadi) e il tema complesso e controverso della “sicurezza”.
Il documento di convocazione dell’incontro cita esplicitamente l’obiettivo di rendere “sistematico il principio di parità e di trattamento e non discriminazione”. Si tratta di dar luogo finalmente alle raccomandazioni provenienti da sedi Onu e del Consiglio d’Europa.
Già dal novembre scorso, l’Unar aveva costituito un proprio Gruppo di lavoro che, con il supporto di consulenti ed esperti, aveva elaborato un testo che potrebbe essere assunto come bozza. Fra gli obiettivi  c’è quello di elaborare un’attenta analisi delle discriminazioni denunciate negli ultimi anni, definendo meglio sia l’oggetto sia il soggetto della discriminazione. Questo per  fissare degli “indicatori della discriminazione”, coinvolgere più efficacemente le associazioni di tutela presenti nel territorio nazionale e indirizzare in modo più mirato le campagne di sensibilizzazione.
Il Gruppo Nazionale di Lavoro sarà costituito da enti e organismi attivi nella lotta alla discriminazione e, come si diceva, prevede il coinvolgimento di più ministeri (Lavoro, Interno, Politiche Sociali, Giustizia) e degli enti istituzionali territoriali.

Ricorda l’Unar di aver stipulato specifici accordi in materia con 11 Regioni, 31 Province e 6 Comuni. Il lavoro da realizzare è complesso e deve riuscire a tradurre in atto pratico alcuni principi perfettamente condivisibili sulla carta. Se si apre un processo di partecipazione di attori realmente rappresentanti dei territori e riuscirà ad emergere la voce di chi forme di razzismo le vive quotidianamente sulla propria pelle, potrebbe delinearsi un percorso capace di parlare anche in maniera diversa alla pubblica opinione. Per anni si è stati bombardati da messaggi securitari, allarmistici, privi della capacità di delineare prospettive di convivenza in cui si sono anche incuneate forme di vero e proprio “razzismo istituzionale”. La piena applicazione dell’art. 3 del dettato costituzionale, che dovrebbe guidare ogni provvedimento legislativo è stata spesso disattesa, l’impreparazione del tessuto sociale autoctono a confrontarsi con una società globalizzata ha fatto il resto, anche con grosse responsabilità di numerosi mezzi di informazione. L’apertura di questo percorso sembra voler invertire la rotta ma deve – e sarà il sentimento comune di molte delle associazioni che vi parteciperanno – produrre rapidamente dei risultati concreti e visibili in termini di diritti. Già dalla fine degli anni Novanta, per responsabilità di numerosi attori sociali e politici, il razzismo è stato sdoganato in Italia, è ora di tornare a farlo considerare una piaga inaccettabile per un Paese civile che vuole confrontarsi con il mondo.

Stefano Galieni