Emergenza Sicilia/1

Accoglienza crash

- 1 Settembre 2013

Ecco come le disfunzioni del nostro sistema  hanno fatto saltare le tutele nei confronti dei minori, portando alla militarizzazione strisciante di varie zone dell’isola.

Il 28 febbraio scorso veniva chiusa dal governo la cosiddetta Emergenza umanitaria Nord Africa, che era stata aperta nel febbraio del 2011 dal Governo Berlusconi. II Ministro dell’Interno, con una nota del 18 febbraio, comunicava quanto deciso in questo senso dal Tavolo di Coordinamento nazionale, e soprattutto la scelta di percorsi di uscita dall’emergenza che si sostanziavano nella concessione di una somma di danaro contante (in media 500 euro) ai singoli, abbandonandoli praticamente a se stessi. I centri di accoglienza gestiti dalla protezione civile venivano chiusi e molti rifugiati, buttati praticamente sulla strada, erano costretti a subire lo sfruttamento dei caporali per garantirsi la sopravvivenza, mentre altri si trasferivano in diversi paesi europei caratterizzati da sistemi di accoglienza ed integrazione più efficaci. Con il Governo Monti il passaggio ad un sistema di accoglienza ordinario avrebbe dovuto realizzarsi attraverso il coordinamento e la programmazione delle diverse fasi da parte di tavoli regionali, che avrebbero dovuto coordinare l’attività dei Prefetti nelle diverse province, con il monitoraggio delle persone presenti, delle risorse impiegate, dei percorsi di inserimento attivati. Molte regioni, dalla Lombardia alla Sicilia, sono state assenti in questa delicata fase di transizione e i Tavoli regionali per la gestione dell’emergenza si sono riuniti pochissime volte senza produrre alcun coordinamento concreto. Tutto è rimasto affidato alle decisioni dei singoli Prefetti e dei Questori, mentre le risorse venivano drasticamente tagliate e si accumulavano anche i ritardi nell’erogazione delle somme previste dalle convenzioni stipulate con gli enti gestori.

In Sicilia la situazione è resa ancora più grave per la mancanza di una legge regionale sull’immigrazione, e per la latitanza del governo regionale su una tematica che è stata spesso oggetto di appassionati proclami da parte del Presidente Rosario Crocetta. Parole, solo parole, non seguite da fatti concreti e da impegni di spesa coerenti e continuativi. Particolarmente grave in questo quadro la condizione dei minori stranieri non accompagnati, accolti con modalità assai approssimative negli istituti per l’infanzia abbandonata (Ipab) siciliani, senza figure professionali capaci di seguirne il percorso e destinati per ciò solo ad una ulteriore fuga nella clandestinità. Nel mese di giugno di quest’anno si svolgeva a Palermo un vertice in Prefettura nel quale le autorità coinvolte concordavano un piano per l’accoglienza dei minori con l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Vincenzo Spadafora. Alla riunione erano presenti, oltre ai Prefetti e Questori della Sicilia Occidentale, al Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, anche i rappresentanti delle Istituzioni e degli Enti locali che si occupano dei minorenni, sia vittime che autori di reato. Gli incontri derivavano da un Protocollo d’intesa sottoscritto nel dicembre 2012 tra il Dipartimento della pubblica sicurezza, l’Autorità garante ed il Ministro dell’Interno. Un incontro dedicato in prevalenza al tema della repressione penale dei reati commessi dai minori, o sui minori stranieri. Al termine dell’incontro, il prefetto Francesco Cirillo ribadiva l’efficacia della collaborazione tra il Garante per l’infanzia e l’adolescenza ed il Dipartimento della pubblica sicurezza, che insieme possono realizzare una più incisiva azione di prevenzione e contrasto alla violazione dei diritti dei minori.

Eppure ancora il 15 agosto scorso lo stesso garante dei diritti dei minori Vincenzo Spadafora ha lamentato l’assenza di un quadro normativo e di risorse economiche adeguate per garantire l’accoglienza dei minori non accompagnati che giungono in Sicilia. Spadafora chiedeva già nel mese di giugno necessarie ulteriori risorse per fronteggiare l’emergenza. «Abbiamo bisogno che il governo finanzi i Comuni per garantire alle comunità di restare aperte – ha sottolineato – perché non si può passare dai fondi per l’Emergenza Nord Africa, che poi è stata conclusa al 31 dicembre 2012, a un’ordinarietà che non è ordinarietà». Ma il passaggio forzato all’ordinarietà con una drastica riduzione delle risorse disponibili ha prodotto una nuova emergenza, anche se il numero delle persone sbarcate in Sicilia è ancora inferiore ad anni come il 2008 ed il 2011. Nei centri di prima accoglienza, aperti dalle prefetture in convenzione con i più diversi enti privati, i minori non accompagnati rimangono molti giorni con gli adulti, quando non si giunge direttamente a chiamarli in causa come “scafisti”. Minori che vengono privati della possibilità di difendersi e di capire persino cosa sta succedendo loro, come è stato rilevato con una nota preoccupata dal Garante per i diritti dei detenuti per la Sicilia, che in una visita del 15 agosto presso l’istituto di detenzione per minori di Acireale ha incontrato uno dei due minori egiziani incriminati dalla Procura di Catania come “scafisti vivandieri”, dopo il tragico sbarco della Playa il 9 agosto scorso.
Di fatto, si consente una strisciante militarizzazione di alcune zone del territorio siciliano, affidate alla gestione delle forze dell’ordine per contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. E le conseguenze si vedono, basterebbe andare a verificare la situazione del Centro di Prima accoglienza e soccorso di Pozzallo (Ragusa) o i centri di prima accoglienza di Porto Empedocle (Agrigento) o di Porto Palo (Siracusa), per verificare in quali condizioni materiali e giuridiche vengano “accolti” i migranti che giungono non tanto a seguito di sbarchi, quanto piuttosto dopo vere e proprie azioni di salvataggio in alto mare e che dunque avrebbero bisogno di strutture recettive particolarmente efficienti, soprattutto nel caso di minori non accompagnati e donne, molte delle quali in avanzato stato di gravidanza.
Lo stesso centro “Umberto I” di Siracusa non ha una conformazione ed una dotazione di personale idonea a praticare una vera accoglienza, nel rispetto degli standard comunitari, e si verifica sovente che alcuni spazi al suo interno rimangano chiusi in attesa delle indagini disposte dalla magistratura o per il rilievo delle impronte digitali, con gravi forme di limitazione della libertà personale, al di fuori di quanto previsto dalla legge.

Al di là del modesto aumento dei posti disponibili nello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che sulla carta sono stati incrementati di 3.000 unità, occorre che si ristrutturi un sistema a regime per dare ospitalità temporanea ad almeno 20.000 persone l’anno, tenendo conto che nel 2012 l’Italia ha avuto una delle più basse percentuali (in termini relativi) di richieste d’asilo in Europa, e che queste non hanno superato il numero di 16.000. Una cifra che impone comunque un sistema di accoglienza che sia finanziato direttamente dallo stato e dalle regioni, senza gravare esclusivamente sui soggetti privati e sui comuni.
– L’Italia deve promuovere una diversa politica dell’immigrazione e dell’asilo a livello europeo, con una ulteriore revisione del Regolamento Dublino III sulla individuazione dello stato competente ad esaminare le richieste di protezione internazionale, con criteri di condivisione e di solidarietà che permettano la redistribuzione dei richiedenti asilo secondo percentuali che tengono conto delle capacità di accoglienza dei paesi riceventi, e non solo sulla loro ubicazione geografica.
– Per ottenere ascolto in Europa occorre che tutte le istituzioni italiane, dal governo centrale alle regioni, alle questure ed alle prefetture, facciano il loro dovere in adempimento delle direttive e dei regolamenti comunitari che ancora oggi continuano ad essere disattesi. E magari che le risorse destinate per l’accoglienza non siano sperperate in megastrutture come quella di Mineo (Catania) o distolte verso operazioni di respingimento e di contrasto dell’immigrazione irregolare (come nel caso dei migranti egiziani e maghrebini). L’immigrazione irregolare che raggiunge la Sicilia è ormai composta quasi esclusivamente da persone meritevoli di protezione e da soggetti particolarmente vulnerabili come donne in stato di gravidanza, famiglie e minori non accompagnati ed i loro legittimi diritti di accesso al territorio non possono essere contrastati con le tradizionali misure, anche di ordine pubblico, impiegate nella lotta all’immigrazione “illegale”.

Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo

Nella foto, uno scorcio del Centro di Prima Accoglienza di Portopalo. Le sbarre sono bene evidenti.