Opinioni

A proposito di marchi contraffatti

- 8 Settembre 2013

E di venditori ambulanti e di lotta al presunto degrado. La proposta per niente indecente, ma certo scomoda, di Salvatore Palidda.

Da più di vent’anni le grandi firme sono mobilitate contro la “concorrenza criminale” da loro attribuita alla vendita illecita di merci contraffatte. Uno stuolo di società di investigatori privati viene pagato per questa “grande lotta” a tutela dei marchi in nome della difesa della “qualità”, del “made in Italy” o negli altri paesi europei. Le procure dei tribunali, la guardia di finanza, le polizie municipali e anche le altre polizie sono state sempre più sollecitate a impegnarsi regolarmente per questa “sacrosanta causa” (vedi rapporto del ministero dello sviluppo economico su ‘La lotta alla contraffazione in Italia nel quadriennio 2008-2011’).
Da più di vent’anni quasi ogni giorno in tutto il territorio italiano e in particolare nelle città e d’estate anche nelle spiagge si ripetono le scene ormai note: blitz di agenti della polizia municipale con o senza agenti della guardia di finanza, fuggi-fuggi degli ambulanti abusivi che cercano di recuperare la loro mercanzia, ma spesso non ci riescono; a volte vengono inseguiti dagli agenti che in diversi casi non esitano a usare modalità muscolose per poi sequestrare le merci. In altre parole, tanto per cambiare, il target privilegiato della crociata contro l’ambulantato abusivo e la contraffazione sono le “prede facili”, cioè gli immigrati irregolari e anche regolari che così finiscono per essere denunciati per reati che rischiano di essere puniti con pene molto severe, a volte sono arrestati perché accusati anche di essere loro gli aggressori di agenti di polizia e quindi sono destinati anche all’arresto, ad anni di carcere e poi all’espulsione. Come si sa, il cumulo di pene può dilatarsi sino a condanne comparabili a quelle comminate per reati gravissimi, come gli omicidi o addirittura per criminalità organizzata di tipo mafioso.
Ma le domande banali che tutti conoscono, ma alle quali le autorità politiche, amministrative, di polizia, della magistratura nonché le grandi firme non rispondono, sono semplicemente le seguenti:
1) chi ha inventato il mercato delle merci contraffatte, gli immigrati che le vendono o chi da decenni ha favorito lo sviluppo delle economie sommerse?
2) Se alcuni immigrati (e precisiamo sono solo una minoranza) vendono tali mercanzie non è forse perché c’è una domanda di queste da parte di italiani?
3) Qual è la differenza effettiva fra queste merci e quelle vendute trenta o anche quaranta volte di più nei negozi con la pretesa di essere assolutamente originali e unici?
4) La criminalizzazione degli ambulanti abusivi è la modalità efficace di contrasto della produzione e commercializzazione delle merci contraffatte e della connessa economia sommersa?
5) La criminalizzazione dei piccoli laboratori o fabbrichette che producono tali merci è la modalità efficace di contrasto della produzione e commercializzazione delle merci contraffatte e della connessa economia sommersa?
6) Chi è più esecrabile: l’ambulante abusivo o il piccolo produttore di merci cosiddette contraffatte oppure le grandi firme che comprano da quest’ultimo trenta-quaranta volte meno di quanto li vendono, merci simili o addirittura del tutto identiche? (Vedi fra l’altro le puntate di Report Rai3: Mercato del lusso, borse alta moda – Parte 1, e Mercato del lusso, borse alta moda – Parte 2).

Una storia vera ed emblematica: circa 20 anni fa, a Milano, fu fatta una delle prime grandi operazioni contro gli ambulanti abusivi; il magistrato incaricato dell’indagine sentì dire a qualcuno: “caspita ma questa roba è identica a quella vera!”. Così decise di chiamare un perito per analizzare le merci sequestrate confrontandole a quelle vendute nei negozi di lusso di Milano. Il perito finì il suo lavoro con un risultato indiscutibile: “sono identiche”. Appena saputo di questo esito, i marchi si sono fatti in quattro per bloccare tutto e comunque per evitare che i media ne parlassero. Intanto un maresciallo solerte si mise a investigare chiedendo la collaborazione agli ambulanti denunciati e quindi prosciolti per il reato di vendita di merci contraffatte. Risalì così non solo ai fornitori degli ambulanti ma sino alla “fonte”: una fabbrica della “padania profonda”, la stessa che forniva i grandi marchi. Il titolare di questa si difese: “ma io devo produrre perché questi grandi signoroni mi pagano una miseria e vendo allo stesso prezzo a loro come a quelli che danno la roba ai senegalesi”.

Allora, si vuole risanare il mercato illecito di merci cosiddette contraffatte?
Non sarebbe più efficace dare una sorta di patentino e bollini a pagamento del 10 o anche 20% sul prezzo che deve essere nel bollino e far pagare più tasse ai signoroni dei grandi marchi? La domanda sarebbe quindi soddisfatta per via regolare e non minacciate di essere sanzionata e i venditori e produttori sarebbero invogliati a regolarizzarsi. Ma, ovviamente la regolarizzazione democratica delle economie sommerse non interessa né la destra, né le gerarchie della sinistra e tanto meno chi anche nei ranghi delle varie polizie gioca sempre a far carriera con “la caccia al negraccio” e prende anche soldi dai grandi marchi.

Salvatore Palidda Università di Genova