Roma

Rom, primo sgombero firmato Marino

- 15 Settembre 2013

RuspeDemolito l’insediamento di via Salviati. Amnesty, Errc e 21 Luglio accusano: «Continuità con la Giunta Alemanno»

«Il primo sgombero forzato della Giunta Marino». Così Amnesty International, Associazione 21 Luglio e Centro Europeo per i Diritti dei Rom (Errc) hanno definito la demolizione del campo rom di Via Salviati a Roma, avviata alle sette del mattino di giovedì scorso (12 settembre), e conclusasi nel giro di poche ore.

I rom – 35 famiglie, per un totale di circa 120 persone – vivevano in Via Salviati dal giugno scorso. Per la verità, l’insediamento esisteva da decenni, ma era stato sgomberato dalla Giunta Alemanno: tutti gli abitanti erano stati trasferiti a Castel Romano, in uno dei tredici “Villaggio della Solidarietà” previsti dal piano nomadi di allora (si tratta di fatto di mega-campi, collocati all’estrema periferia di Roma).

Stanche di vivere in una condizione di emarginazione, nonché di coabitazione forzata con altri nuclei, molte famiglie erano letteralmente fuggite dal campo di Castel Romano, tornando in Via Salviati. E la Giunta Marino, da poco insediata nella Capitale, non aveva esitato ad intimare lo sgombero: il 5 agosto scorso, l’ordinanza n. 184 disponeva «il trasferimento immediato di persone e cose dall’insediamento abusivo di nomadi di Via Salviati al villaggio della solidarietà di Castel Romano».

Una lettera al Sindaco: “ci faccia uscire dal ghetto”

Un primo sgombero era già stato tentato il 12 agosto scorso, ma le autorità locali avevano preferito rinviare. Poi, alla fine di agosto, i rom avevano indirizzato al Sindaco Ignazio Marino una lettera aperta. «Caro sindaco», scrivevano le famiglie, «siamo e ci sentiamo cittadini di questa città, dove viviamo da trent’anni. Per questo le chiediamo di ascoltare il nostro desiderio di essere cittadini come gli altri, senza discriminazioni».

L’appello proseguiva con una descrizione delle condizioni di vita nei “villaggi della solidarietà”: «Vivere nel campo ci fa sentire all’interno di un ghetto. Il campo di Castel Romano è effettivamente un ghetto, isolato dalla città, insicuro, recintato, chiuso, dove non esiste alcuna possibilità di inclusione sociale. Abbiamo paura per noi e per i nostri figli, perché vivere a Castel Romano significa vivere nella sofferenza e rinunciare al futuro».

Lo sgombero

Benché largamente diffusa nei mass-media e nei social network, la lettera non ha avuto effetto. Così, giovedì scorso le pattuglie della polizia municipale, coadiuvate da polizia e carabinieri, si sono presentate al campo di Via Salviati per eseguire lo sgombero.

Alle operazioni hanno assistito anche gli “osservatori” dell’Associazione 21 Luglio, che hanno fornito – via twitter – una vera e propria cronaca degli eventi in tempo reale. Stando ai racconti degli attivisti, il Comune di Roma avrebbe offerto ai rom una soluzione temporanea, che prevedeva la divisione dei nuclei familiari: una pratica comune ai tempi di Alemanno, da sempre contestata dalle organizzazioni di tutela dei diritti umani.

Dopo il rifiuto dei rom, le forze dell’ordine hanno eseguito lo sgombero, procedendo alla demolizione delle baracche. Ci sono stati attimi di tensione quando una donna rom si è rifiutata di uscire dalla sua casetta per impedirne la distruzione: gli agenti l’hanno trascinata con la forza per aprire la strada alle ruspe.

Terminato lo sgombero, cinque famiglie hanno accettato la proposta del Comune e si sono trasferite al Villaggio di Castel Romano. Tutte le altre si sono accampate vicino alle baracche distrutte, in segno di protesta. «La condizione dei rom sgomberati privi di qualsiasi assistenza», twittavano gli attivisti della 21 Luglio la mattina di venerdì, «rischia di trasformarsi in emergenza umanitaria: Comune di Roma dove sei?».

Le associazioni: “come ai tempi di Alemanno”

Mentre scriviamo, le famiglie rom sono ancora accampate davanti al campo distrutto dalle ruspe. Intanto, l’Associazione 21 Luglio, Amnesty International e l’Errc hanno diffuso un comunicato di protesta, accusando il Sindaco Marino di perseguire le stesse politiche del suo predecessore.

«Lo sgombero», scrivono le tre organizzazioni, «non rispetta standard e garanzie procedurali ponendosi in continuità con le ripetute violazioni dei diritti umani perpetrate già dalla passata Amministrazione capitolina. È mancata infatti una reale e genuina consultazione con i rom interessati, e non sono state fornite alternative abitative adeguate».

«Lo sgombero forzato – conclude il comunicato – oltre a rappresentare una grave violazione dei diritti umani, costituisce un innegabile passo indietro rispetto ai contenuti della Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom adottata dal governo italiano in attuazione di precise disposizioni europee. Tale strategia chiede il superamento del modello “campo” per combattere l’isolamento e favorire percorsi di interrelazione sociale».

Sergio Bontempelli

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