Gradisca d'Isonzo

Tre mesi per cambiare?

- 15 Settembre 2013

Luigi Manconi, dopo la visita al Cie: «In queste condizioni non può rimanere aperto. Se non cambia nulla, chiederemo la chiusura».

Tre mesi per sistemare le criticità rilevate: è il tempo che Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e promozione dei diritti umani, ha ritenuto di poter dare alla prefettura di Gorizia per intervenire nel Cie più disgraziato d’Italia e provare a porre delle toppe qua e là. Manconi lo scorso 10 settembre ha fatto un sopralluogo nelle struttura, concludendo che «in queste condizioni non può rimanere aperta» e preannunciando il proprio ritorno trascorsi i tre mesi. Assieme a lui, alcuni membri della stessa Commissione, amministratori locali, due giornalisti, un membro della Camera penale di Gorizia e i rappresentanti di alcune associazioni del territorio attive nella tutela dei diritti umani e nel settore dell’immigrazione.
«I Cie sono in tutta Italia un sistema gravemente deficitario, inutilmente dispendioso e soprattutto gravemente critico sotto il profilo della tutela dei diritti umani. Quello di Gradisca, con la visita di oggi, abbiamo constatato essere in condizioni più critiche di altri che abbiamo visitato», ha esordito il senatore appena uscito dall’alto muro grigio dell’ex caserma Polonio. Sul cemento ancora le scritte rosse plurilingui che inneggiano alla libertà degli attuali 44 “ospiti”: un retaggio della manifestazione di agosto, in cui cittadini e associazioni hanno protestato assieme agli immigrati trattenuti saliti sui tetti. «Personalmente proporrò alla commissione di elaborare una mozione che chieda la chiusura di questo Cie», ha continuato Manconi. «Abbiamo visto violati i diritti umani delle persone che qui sono trattenute». Queste condizioni, ha sottolineato, se non sono dignitose per gli “ospiti”, non lo possono esserlo nemmeno per operatori e forze dell’ordine.
Per la Prefettura goriziana si prospettano settimane di riunioni per individuare gli interventi utili a risolvere le principali criticità, «Anche se – è stato il commento della viceprefetto vicario Gloria Sandra Allegretto, presente martedì assieme alla prefetto Maria Augusta Marrosu – nodo cruciale sarà reperire i fondi da Roma». Aggiungendo che – di fatto – dalla visita non è emerso alcun vizio formale, così come pure non è avvenuto durante le ispezioni di altri organismi umanitari internazionali. «E se da un lato – ha proseguito Allegretto – il Cie di Gradisca ha vantato in questi anni un’ottima media per quanto riguarda i rimpatri (vicina al 50%), a causare alcuni trattenimenti particolarmente lunghi è la scarsissima collaborazione dei Consolati dei Paesi di provenienza».
«Io vedo uno stato di abbandono» è stato il commento dell’avvocato Paolo Marchisi, della Camera penale di Gorizia, dopo aver constatato che nessun cambiamento c’era stato dalla sua ultima visita di novembre. Di «grande assenza da parte delle autorità statali» ha parlato Luigi Manconi in conferenza stampa, aggiungendo come «le ribellioni nel Cie che sono avvenute anche di recente sono state momenti di grandissima tensione ma, come mi è stato puntualmente confermato, non ci sono state violenze nei confronti del personale, ci sono stati molti episodi di autolesionismo e molte conseguenze drammatiche, e non dobbiamo mai dimenticare che mentre noi facciamo questi discorsi c’è una persona in coma». E quello di Majid – così si chiama il giovane uomo ancora ricoverato all’ospedale di Trieste i cui familiari hanno deciso di rivelare il nome – «è un grave problema istituzionale», ha concluso il senatore, perché è caduto in un luogo di proprietà dello Stato.
A raccontare la situazione all’interno del centro, Genni Fabrizio, dell’associazione Tenda per la Pace e i Diritti, che, in un’intervista rilasciata a Radio Onda d’Urto, descrive la situazione in cui tre persone sono costrette a vivere: dormendo su dei materassi sistemati a terra, in un corridoio adiacente alla sala dove si trovano i telefoni e una macchinetta per il caffè (unico spazio condiviso, visto che la mensa è ancora inagibile), usando come latrine i lavandini di una lavanderia che non c’è. Presente alla mattinata di martedì anche don Alberto De Nadai, recentemente eletto Garante delle persone private della libertà personale per la Provincia di Gorizia, a cui la Prefettura non ha però ancora concesso la possibilità di entrare nel Cie.

Corinna Opara