Giornalismo made in Italy/2

Chi incoraggia il conflitto

- 23 Settembre 2013

Lo scontro sociale che non c’era. E che i giornali hanno voluto a tutti i costi raccontare.

Mercoledì scorso, il ministro dell’Integrazione Cécile Kashetu Kyenge, è intervenuta a Monza a un convegno organizzato dal Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) sulle Frontiere dell’Interculturalità. La sala era piena di persone, c’erano giovani e stranieri. Sono stati toccati mille argomenti interessanti. Il ministro ha spiegato molto bene come non possano essere fatte coincidere assenza di documenti e vocazione a delinquere, ha parlato di diritto di cittadinanza e di multiculturalità. Alla fine della mattinata, il presidente del Monza calcio ha consegnato al ministro una maglietta personalizzata col suo nome e ha spiegato di aver deciso di sostituire sulla maglia il logo dello sponsor con la scritta no racism. Daniele Frigerio, missionario e  presidente dell’Associazione Giù le frontiere, nonché moderatore dell’incontro, si è raccomandato con i giornalisti: «Per favore, sulle vostre testate non parlate solo della maglietta del Monza. Date spazio anche ai contenuti». Come no! Hanno risposto tutti in coro. Ma sui siti di informazione, poche ore dopo, e sui giornali, l’indomani, per i contenuti non c’è stato spazio. Se ne è trovato invece per parlare e illustrare la contestazione che gli esponenti della Lega Nord avevano rivolto al ministro all’uscita del teatro Villoresi dove si era svolto l’incontro. Una contestazione risibile, portata avanti da una decina di giovani, a cui nessuno dei presenti aveva dato peso. I giornali però hanno scelto di darglielo. Ignorando le centinaia di persone presenti in teatro e interessate a capire come cambia l’Italia e, in un certo senso, facendo passare in secondo piano anche la maglietta del Monza. Padre Daniele non se lo aspettava proprio. «Qui non si tratta di usare bene o male le parole, ma di volere intenzionalmente alimentare lo scontro sociale. Anche quando non c’è. Questo vuol dire tradire due volte i cittadini. E un giornalismo che tradisce i lettori mostra di non meritare il proprio nome». Difficile dargli torto.