Senegal

Le donne contro le stragi del mare

- 17 Novembre 2013

Yayi Bayam Diouf, fondatrice di Coflec (il Collettivo di donne senegalesi contro l’emigrazione clandestina) è stata in Italia nel 2005 per il convegno annuale di Chiama l’Africa. Però incontrarla nella sua Thiaroyè sur Mer è assai diverso. Durante il nostro viaggio abbiamo passato una giornata – per metà discorsi seri e per l’altra metà festa – con lei e con il Coflec. Vedere è ben più che ascoltare un bel discorso.
«Dobbiamo imparare a incontrarci noi africani e voi euopei» esordisce Yayi Bayam: «Gli Stati non lo fanno ma le persone, la società civile stanno tentando». Sottolinea che, pur fra molte differenze, le europee e le africane hanno molto in comune, più degli uomini. Un messaggio femminista particolarmente forte in un villaggio dove lei è la prima donna ammessa nel “consiglio dei saggi”.
L’associazione nasce nel 2006 dopo l’ennesima strage in mare (negli ultimi 10 anni sono morte in mare oltre 150 persone). Yayi Bayam perde l’unico figlio. Sfidano l’oceano con le piroghe anche per colpa degli accordi commerciali Senegal-Ue che danneggiano i piccoli pescatori: così i giovani, senza lavoro, vogliono partire. Troppo spesso vanno via per morire, essere incarcerati, qualche volta per fare in Europa una vita da schiavi, raramente per tornare ricchi (fra virgolette si intende). Se alle madri che hanno perduto i figli o alle vedove viene quasi data la colpa di quel che è successo – «perché non li avete fermati?» è un ritornello che alcuni uomini provano a intonare – la risposta non può essere che organizzarsi per creare attività e relazioni sociali che diano valore al restare qui.
«Progetti e sorrisi. Ecco cosa si sta facendo», dicono les femmes di Thiaroyè sur mer. Lavori in batik, stoffe, vestiti, artigianato, conservazione e inscatolamento di pesce, un sapone quasi miracoloso, ma anche alfabetizzazione, formazione al lavoro e uno straordinario gioco (inventato da un medico senegalese (questa la sua mail, amdiallo@sentoo.sn per chi volesse contattarlo) con biglie e figurine per insegnare a curarsi correttamente, evitare gravidanze pericolose, allattare, dar valore a bambine e bambini. I piccoli-grandi miracoli delle donne… accompagnate da uomini che hanno il coraggio di aiutarle, finalmente riconoscendone l’autorevolezza di progettare e fare.
Con il micro-credito (sostenuto da Spagna e altri Paesi) e le tontines (un’antica forma di credito a rotazione), il Coflec sostiene coltivatori, pescatori, cooperative di donne. Una banca esige il 14 per cento di interessi, loro il 5% ma a volta decidono che è giusto… zero. «Alle sorelle europee più che soldi chiediamo di essere accompagnate, un nuovo patto di solidarietà».
Un griot dei nostri giorni Le donne di Thiaroye ci consigliano il cd di Douda M’Bengue, unico sopravvissuto di un “viaggio della speranza” che ora gira per cantare-raccontare la sua storia, invitando a non partire. È un moderno griot, come quei cantanti-poeti che in questa parte d’Africa incarnavano la saggezza comunitaria. Come sempre dovrebbe essere, qui l’antico si rinnova e si mescola al nuovo. Su un muro abbiamo letto: «We can… Obama»; ma era il 2010.
Un libro e un film. Raccontiamo con piacere a chi ci ospita che in Italia è uscito un bellissimo romanzo, Undici di Savina Dolores Massa (poi anche uno spettacolo teatrale) che racconta – quasi una Spoon River in mare – di un viaggio della speranza finito in tragedia. Uscendo da Thiaroye sur Mer passiamo dalla città-madre, Tharoye che fu protagonista di una storia tragica, raccontata in Campo Thiaroye da Sembene Ousmane (scrittore e regista senegalese) e da Thierno Faty Sowi (del Burkina faso). Se amate il cinema – e la storia moderna – recuperatelo.

Testo ripreso da Sen(z)’eg(u)al: istruzioni per innamorarsi, un reportage dal Senegal, pubblicato nel febbraio 2010 dal blog di Daniele Barbieri.