Regno Unito/2

La disperazione a tempo indeterminato

- 20 Novembre 2013

Ecco come (non) funzionano gli immigration removal centres, una specialità inglese di cui c’è poco da vantarsi. Focus sul sistema di detenzione degli immigrati e dei richiedenti asilo.

Nel 2011 circa 27.000 persone sono state incarcerate all’interno dei numerosi centri di rimozione presenti sul territorio, il cui livello di sicurezza è simile a quello delle prigioni. Nel Regno Unito però non vi è alcun limite di tempo alla detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo. Il Regno Unito ha infatti derogato alla Direttiva dell’Unione Europea 2008/115/Ce che consente agli Stati membri di trattenere gli immigrati irregolari per un massimo di 18 mesi. Questa pratica ha come obiettivo primario l’espulsione di coloro senza il diritto di risiedere nel paese. In realtà, la maggior parte delle persone detenute per più di un anno non viene espatriata. Se la Uk Border Agency (Ukba) – l’agenzia responsabile per la protezione dei confini del Regno Unito e per il controllo dell’immigrazione – non riesce ad espellere una persona in un anno, è improbabile che questo diventi possibile con più tempo.

Sono 12 gli immigration removal centres presenti nel Regno Unito, distribuiti da nord a sud e gestiti da compagnie private e dal governo sotto l’autorità del ministero dell’Interno e della Ukba: Brooke House, Campsfield House, Colnbrook, Dover, Dungavel House, Harmondsworth, Haslar, Larne House, Morton Hall, Pennine House, Tinsley House e Yarl’s Wood. Sulla carta hanno una funzione simile a quella dei nostri Cie: permettere l’identificazione e quindi l’espulsione di cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio. A differenza dei Cie, in questi centri un minimo di attività strutturate e anche la possibilità di lavorare al loro interno è prevista. Sono quasi inesistenti inoltre i casi di violenza e maltrattamenti ai danni dei detenuti da parte degli ufficiali, ampiamente testimoniati in Italia. Però hanno qualcosa anche dei Cara, perché al loro interno si trovano anche richiedenti asilo. Questi ultimi, però, al contrario che nei Cara, non possono muoversi liberamente, ma sono a tutti gli effetti detenuti.

Ma chi sono i detenuti di cui stiamo parlando? Immigrati che hanno scontato 12 o più mesi per reati all’interno delle carceri e che sarebbero tenuti a lasciare il Regno Unito al termine della pena, come previsto dalla legge. E poi gli immigrati che lavorano illegalmente, quelli senza permesso di soggiorno, quelli in possesso di documenti falsi e quelli  a cui è stata revocata la cittadinanza britannica. Anche i richiedenti asilo però possono essere trattenuti durante il periodo di valutazione della propria richiesta.

Detained Fast Track-la detenzione di parte dei richiedenti asilo
Per la determinazione dello status di rifugiato, il Regno Unito riconosce due possibili iter distinti: il Detained Fast Track e il New Asylum Model. Il primo, che prevede il ricorso ai centri di detenzione di cui sopra, è un sistema basato sulla gestione rapida di quelle richieste di asilo considerate semplici, non perché destinate ad avere un esito positivo, ma per l’esatto contrario: cioè perché è quasi scontato che siano respinte. Questo sistema, introdotto dal governo Blair nel 2000 per facilitare la soluzione veloce di un gran numero di casi, ha portato alla detenzione di individui indipendentemente dal paese di provenienza e per la sola ragione di aver inoltrato domanda di asilo nel Regno Unito. La rapida analisi della documentazione dei richiedenti asilo ha come obiettivo la riduzione del tempo di detenzione. In realtà, le numerose contraddizioni che contraddistinguono questo sistema impediscono la partecipazione attiva dei detenuti alla procedura di asilo e la celere risoluzione dei numerosi casi. Non è raro infatti che i detenuti attendano settimane all’interno dei centri di rimozione prima che il processo inizi. Un gran numero di questi riesce a vedere il proprio avvocato solo per pochi minuti prima del colloquio ufficiale con le autorità e molto spesso senza preavviso. La quasi totalità dei detenuti vede la propria richiesta di asilo rifiutata e sono solo due i giorni di tempo per fare ricorso. In caso di respinto ricorso, queste persone trascorrono una media di altri due mesi in detenzione in attesa di espulsione.

Il New Asylum Model, introdotto nel 2007, garantisce la risoluzione in soli sei mesi di più del 50% dei casi al di fuori dei centri di detenzione e rimozione. Questo sistema dimostra ampiamente come sia possibile gestire un gran numero di domande di asilo in modo rapido ed efficiente all’interno della comunità. Nonostante ciò, il Detained Fast Track continua ad essere la dura realtà per troppi richiedenti asilo. È la Ukba a decidere sulla base di un breve colloquio e non di un’analisi dettagliata della domanda di asilo chi sarà detenuto, cioè a separare i casi semplici da gestire all’interno dei centri di rimozione dai casi complessi da gestire all’interno della comunità.

L’opposizione interna
Durante la corsa alle elezioni generali del Regno Unito nel maggio 2010, i rappresentanti del partito dei Liberal-Democratici avevano promesso di «porre fine alla detenzione di quegli individui la cui rimozione non è possibile o imminente». Se compiuta, questa promessa pre-elettorale avrebbe messo fine alla pratica di detenzione a tempo indeterminato degli immigrati. Questa tematica tuttavia si è dimostrata fin troppo controversa, tanto che la sua inclusione nel programma di coalizione tra i Liberal-Democratici e i Conservatori è alla fine stata bocciata. Nonostante questa tematica sia in pratica fuori dall’attuale agenda politica britannica – il governo sostiene che questo sistema è necessario per garantire la sicurezza dei propri cittadini – negli ultimi anni sono state molte le organizzazioni non governative nazionali a criticare e a battersi contro la detenzione a tempo indeterminato degli immigrati e dei richiedenti asilo. Tra queste organizzazioni: Detention Action, Dover Detainees Visitors Group, Medical Justice, Bail for Immigration Detainees, National Coalition of Anti Deportation Campaigns e Gatwick Detainee Welfare Group, solo per citarne alcune. L’opinione pubblica è molto divisa, in parte influenzata dal governo e dai media di destra. Sono in tanti però quelli appassionati e determinati a proteggere la lunga tradizione di lotta per le libertà civili nel Regno Unito e a credere che la pratica di detenzione a tempo indeterminato sia sbagliata.

Ma non si parla solo di organizzazioni non governative. In un articolo pubblicato il 18 dicembre 2012, la testata giornalistica The Guardian ha riportato come Her Majesty’s Chief Inspector of Prisons, l’ispettore capo delle prigioni e dei centri di rimozione in Inghilterra e Galles, abbia rilevato che: «La detenzione di immigrati ex trasgressori sembra essere diventata la norma, piuttosto che una misura da adottare rigorosamente e solo come ultima risorsa. Il governo, a quanto pare, è determinato a trattenere gli immigrati – anche se le loro famiglie sono inglesi, anche se questi sono arrivati nel Regno Unito da bambini, anche se la loro vita sarà messa in pericolo in caso di deportazione, anche se milioni di sterline vengono sprecate ogni anno nella detenzione di quanti non possono essere espulsi».

Anche la High Court of Justice dell’Inghilterra e del Galles si è espressa sottolineando l’illegalità della detenzione a tempo indeterminato e senza prospetto di espulsione. La Corte ha infatti rilevato che la Ukba ha in più occasioni violato i diritti degli immigrati e dei richiedenti asilo detenuti, in particolare il diritto a non essere sottoposti a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti, come sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (articolo 3).

E quella internazionale
A livello internazionale, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) nelle sue linee guida in materia di detenzione, pubblicate nel settembre 2012, ha messo in chiaro che secondo il diritto internazionale, richiedere asilo in un paese straniero non è un atto criminale. Secondo la Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 (articolo 31) infatti «gli Stati contraenti non devono applicare sanzioni penali per l’ingresso o il soggiorno irregolare a quei rifugiati che, provenienti direttamente dal Paese in cui la loro vita o la loro libertà è minacciata, entrano o si trovano sul loro territorio senza autorizzazione, purché si presentino senza indugio alle autorità ed espongano ragioni ritenute valide per il loro ingresso o la loro presenza irregolari». È lo stesso diritto internazionale inoltre a vietare tutte le forme di detenzione obbligatoria e a tempo indeterminato, incompatibili con l’articolo 9 e 10 del Patto Internazionale relativo ai Diritti Civili e Politici.

All’Acnur si aggiunge il gruppo di lavoro sulla Revisione Periodica Universale delle Nazioni Unite, che nella sua tredicesima sessione dal 21 maggio al 4 giugno 2012 si è espresso elencando una serie di raccomandazioni dei rappresentanti governativi del Cile, Honduras, Ecuador, Messico e Argentina affinché il governo del Regno Unito agisca contro la detenzione a tempo indeterminato degli immigrati e dei richiedenti asilo. Tra queste raccomandazioni, quella di adottare tutte le misure per:
• Prevenire i casi di detenzione a tempo indeterminato e garantire i diritti umani degli immigrati (Cile);
• Fornire le garanzie legali necessarie agli immigrati in detenzione (Honduras);
• Evitare la criminalizzazione e la detenzione a tempo indeterminato degli immigranti irregolari e dei richiedenti asilo senza assicurarne le necessarie garanzie giuridiche (Ecuador);
• Vietare la detenzione a tempo indeterminato degli immigrati e dei richiedenti asilo, cercando alternative alla loro detenzione e garantire che tale detenzione avvenga per il più breve tempo possibile (Messico);
• Evitare la detenzione dei richiedenti asilo durante il processo di determinazione dello status di rifugiato (Argentina).

Conclusioni
Nonostante queste e altre raccomandazioni, la detenzione degli immigrati e dei richiedenti asilo senza limite di tempo continua ad essere ampiamente utilizzata nel Regno Unito. È di certo necessario che questo fenomeno sia al più presto riconosciuto come un problema nazionale e internazionale che richiede un attento esame da parte dei parlamentari, degli organismi di controllo dei diritti umani e della società civile. Il Regno Unito dovrebbe immediatamente stabilire un tempo massimo alla detenzione come previsto dalla Direttiva dell’Unione Europea 2008/115/Ce. Le misure detentive dovrebbero essere utilizzate strettamente in conformità con gli standard internazionali. In caso di impossibilità di espulsione, strumenti alternativi alla detenzione all’interno della comunità dovrebbero essere presi in considerazione ed utilizzati. Se la detenzione a tempo indeterminato non porta necessariamente all’espulsione, di certo questa conduce alla violazione dei diritti umani di quanti alla ricerca di una vita migliore, una violazione che non può più essere ignorata.

Sabrina Tucci

 

 

 

 

 

Articolo già uscito su Corriere Immigrazione