Permesso di soggiorno

La gag del rinnovo

Amalia Hilda Tobar Barrionuevo - 20 Novembre 2013

prmsssggfls_web--400x300Ottobre per me è tempo di burocrazia, già perché in questo periodo mi tocca rinnovare il permesso di soggiorno.
Come di consuetudine (ovvero ogni due anni) ho provveduto a fare tutte le mie belle fotocopie, ho compilato i moduli del bustone, o kit come lo chiamano loro, che ti consegnano presso lo Sportello  (cosiddetto) Amico all’Ufficio Poste Italiane, ho comprato la mia marca da bollo e compilato il mio bollettino per il “contributo”.

Può darsi abbiate notato l’uso delle virgolette e un certo tono ironico nelle mie parole, ve ne spiego le ragioni ma procediamo per ordine.

Ormai ho perso il conto di quante volte ho chiesto al Governo italiano il permesso di restare in questo Paese considerato che lo faccio dall’età di 7 anni. Nel corso del tempo ho visto le leggi in materia di immigrazione diventare sempre più ostili. Questa volta, quando ho compilato il mio bel bollettino, ai 27,50 euro in più per la tessera magnetica (ringrazio i signori Bossi e Fini per avermi voluto fornire questo supporto, ma a me sarebbe bastato il foglio di carta) ho dovuto aggiungere 100 euro  di contributo per un permesso di due anni (ringrazio vivamente i signori Maroni e Monti per questo).

Svolte tutte le operazioni del caso, mi sono recata allo Sportello Amico e qui è cominciato  l’inevitabile scontro con la burocrazia.

La marca da bollo, per chi non la sapesse, quest’anno è aumentata da 14,62 a 16 euro.

Il mio tabaccaio mi ha fornito una marca da bollo di 16 euro, ma l’impiegata allo sportello ha da ridire sulla cosa e sostiene che sono io quella in errore e pertanto la mia pratica rischia di essere respinta perché sbagliata (come se allo Stato dispiacesse eventualmente ricevere 1,38 euro in più!). Comincia una lunga disquisizione tra i vari impiegati presenti sulla marca da bollo, finché una da dietro le quinte esclama che il mio tabaccaio ha ragione sull’aumento e un altro esclama la frase impronunciabile: «Era meglio quando c’era Silvio». A quel punto il mio malumore diventa collera: «Se permette, prima di Silvio io pagavo solo la marca da bollo!»

Cala il silenzio e si ritorna alla mia pratica. L’impiegata però s’imballa e chiede aiuto all’altro che non capisce cosa gli stia chiedendo, al ché io le suggerisco cosa spuntare e per mia fortuna mi faccio prendere dalla curiosità e mi affaccio oltre il banco perché sta per cliccare la cosa sbagliata; quindi gira lo schermo del computer verso di me e accetta di farsi guidare nell’introduzione dei dati online. Forse si chiama Sportello Amico perché in corso d’opera impiegato e straniero diventano amici uniti dalla difficoltà.

Quando si è passati al kit e allo Sportello Amico si era sponsorizzato il tutto come l’unico modo per poter snellire il procedimento di rinnovo dei permessi di soggiorno onde evitare le lunghe code in Questura. Io sono stata ferma allo sportello delle Poste per circa 30 minuti, per fortuna era un orario morto altrimenti sarei stata linciata. Uno potrebbe pensare: “Perdi tempo alle Poste e non lo perdi in Questura”. Non è così. Nel kit inviato vengono messe le fotocopie di tutti i documenti necessari al rinnovo del permesso (il passaporto viene fotocopiato per intero, fogli bianchi inclusi), all’appuntamento in Questura vengono controllate tutte le fotocopie insieme ai documenti per assicurarsi che corrispondano e poi ti vengono prese le impronte digitali. Tra una cosa e l’altra ci metti un’altra trentina di minuti, dopodiché devi aspettare che ti richiamino per andare a ritirare il permesso quando arriva e questo è sempre un terno a lotto. Ho parlato di appuntamento, fatto strano è che gli appuntamenti vengono dati con un intervallo di 5 minuti ciascuno (verificato due anni fa con la mia famiglia, nel giro di 15 minuti avrebbero dovuto sbrigare me, mia madre e mio fratello).

Morale della favola. Se prima il sovraccarico di lavoro era solo della Questura, ora il sovraccarico è spartito con le Poste che devono provvedere all’invio delle pratiche e coi Patronati che devono aiutare gli immigrati nella compilazione dei moduli, sempre sperando che i Patronati siano quelli gratuiti. Se poi, per qualche ragione, il permesso di soggiorno viene negato, il contributo non viene di certo restituito. Anche perché, a richiederlo, a quel punto, dovrebbe essere un “clandestino”.

Amalia HIlda Tobar Barrionuevo