Scor-date

26 novembre 1883

Daniele Barbieri - 25 Novembre 2013

Sojourner_TruthÈ il giorno in cui morì Sojourner Truth, la schiava che si ribellò.
Sojourner Truth ha i lineamenti del volto tagliati con l’accetta, le mani grandi e le braccia nodose; la sua voce è profonda. E l’andatura incerta. Il suo corpo è stato plasmato dal lavoro. Al tempo della schiavitù non esiste distinzione sessuale: nelle piantagioni uomini e donne sono eguali, come per il bestiame (…). Quando gli schiavi arrivano sul mercato gli acquirenti scelgono i corpi più robusti senza badare al sesso. L’unica differenza è data dal colore della pelle. Le donne più chiare, spesso nate da uno stupro, hanno la “fortuna” di essere prese come domestiche o “favorite”. Lo sfruttamento sessuale delle schiave è una delle pratiche più diffuse».
Vi dirò solo alla fine chi è l’autore delle citazioni. Permettetemi un piccolo colpo di scena, visto che siamo dalle parti di storie “scor-date” e ritrovate.
È una schiava Sojourner. Nata in un giorno imprecisato del novembre 1797, muore (famosa nella sua epoca) il 26 novembre 1883: «Abbandonato il suo nome da schiava, ne ha scelto un altro, bellissimo. Sojourner significa “colei che c’è” e Truth “verità”. Il suo vero nome è Isabella Baumfree ed è nata nella colonia olandese della contea di Ulster, nello stato di New York. Quando viene venduta, a 11 anni, parla soltanto l’olandese. A 20 anni sposa contro il suo volere uno schiavo di nome Thomas. Nel 1827 fugge dalla fattoria del suo padrone per rifugiarsi in Canada, con la figlia più piccola (…). Finalmente nel 1828 arriva l’abolizione della schiavitù nello Stato di New York».
Lei è libera, ma lo schiavismo non è finito. Però «nel 1843 una rivelazione cambia il corso della sua esistenza. Dio la chiama a liberare il suo popolo dalla schiavitù. (…) Una voce divina incita Sojourner a predicare senza sosta e lei lo farà». Una ex schiava diventa così la prima e la più famosa abolizionista.
«È la prima donna nera a parlare pubblicamente contro la schiavitù negli Stati Uniti (…). Nel 1851 Sojourner è delegata alla prima Convenzione nazionale sui diritti delle donne ad Akron, in Ohio. Quando sente un uomo in sala protestare contro il discorso di una donna sull’uguaglianza tra i sessi, Sojourner si alza, sale sul palco e pronuncia un breve discorso passato alla storia con il titolo di Ain’t I a Woman? (non sono forse una donna?)».
I passi salienti di quel discorso potete leggerli nello splendido Le mie stelle nere (Add editore, 2013) di Lilian Thuram, un tempo famoso calciatore e ora più impegnato che mai contro il razzismo con una sua fondazione.
Ma la storia di Sojourner – sconosciuta fuori dagli Stati Uniti e persino lì nota a pochi – negli ultimi anni è stata rilanciata dalla “first lady”, cioè la moglie di Obama, e soprattutto da una sonda spaziale.
Infatti, nell’aprile 2009 Michelle Obama svelando il busto di Sojourner Truth ha dichiarato: «Spero che lei sarà fiera di me». Ma gli appassionati della conquista spaziale quel nome lo conoscono bene: corrisponde a una delle sonde lanciate dal maliano Cheick Modibo Diarra – fisico, matematico e ingegnere – che ha lavorato con la Nasa. Stelle nere appunto che volano alto.