Riceviamo e pubblichiamo

Accoglienza alla romana

Lettera firmata - 25 Novembre 2013

Scusate se non siamo affogatiA proposito degli 89 superstiti di Lampedusa approdati nella Capitale, la lettera – firmata – che ci ha inviato una persona che tutti i giorni lavora a fianco dei richiedenti asilo. Perché, ancora una volta, è stata persa un’occasione per far conoscere e comprendere.

Gentile redazione,
Parto da qui, da un articolo pubblicato il 21 novembre su Il Tempo e titolato Oggi l’assedio alla Bossi Fini con i superstiti di Lampedusa.
È questo l’ennesimo titolo, forse il più estremo delle ultime ore, che mi spinge a tradurre in lettera il mio profondo disappunto per il livello di ignoranza che pervade le pagine di troppe delle testate nazionali sul tema dei richiedenti asilo, spesso confusi nel magma ancor più torbido dell’informazione sui migranti fino anche, ora, trasformarsi in no tav.
Io con i richiedenti asilo ci lavoro da anni, la mia è annoverata tra le professioni di aiuto e sono quotidianamente in contatto con i servizi che di rifugiati si occupano. Questo mi induce e mi obbliga ad aggiornarmi e ad avere uno sguardo sempre attento sui dispositivi di accoglienza predisposti e sulle istanze ed i bisogni che i flussi dei richiedenti protezione internazionale portano con sé.
L’accoglienza di Roma Capitale ai superstiti più tristemente famosi dell’anno 2013, ha dato modo di scrivere fiumi di inesattezze sul tema rifugiati, delle presunte buone azioni messe in atto, nonché sul fatto stesso. Certo pubblicizzare come straordinario un atto dovuto, quale l’accoglienza, ha fatto la sua parte ed ha offerto il fianco alla stampa, o a buona parte di essa, che ancora oggi pare sempre pronta a cavalcare l’onda del “Loro contro Noi” piuttosto che una maggiore costante informazione sui fenomeni che caratterizzano le società che consideriamo più “evolute”.
Si susseguono notizie parziali frammiste a presunte azioni imputate ai soliti “immigrati di Lampedusa”, che nello specifico degli ultimi giorni si materializzano negli 89 superstiti al naufragio del 3 ottobre. Non si perde occasione di citarli tra i violenti ed al fianco dei “no tav”, soggetti dei quali immagino non conoscano neanche l’esistenza.
Ho letto molti articoli sulla stampa nazionale in questi ultimi giorni: testate di differente tendenza politica, omologate su informazioni non reali, lontane da quella che è la vera accoglienza dei richiedenti asilo a Roma. È stato scritto, indistintamente, che ai superstiti eritrei in questione è stata consegnata: “una lettera di benvenuto, una scheda telefonica internazionale, una cartina della città, un kit di prima accoglienza (shampoo, sapone e asciugamano) e 35 euro al giorno di diaria. Un pacchetto della durata di sei mesi assicurato dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) del Ministero degli Interni, con il contributo dello stesso Comune di Roma per una quota pari al 20 per cento (7 euro)”.
La mia attività quotidiana nel sistema stesso mi permette di dire che quanto pubblicato e passato come informazione è scorretto e fuorviante. Sarebbe opportuno chiarire che nel kit dell’ospite dei Centri di accoglienza del sistema Sprar a Roma, oltre al necessario per lavarsi, shampoo e bagnoschiuma, che non definirei beni di lusso, è prevista una quota in euro pari a 1,50 pro die, per un totale di circa 45 euro mensili pro capite, cifra ben lontana dagli invidiabili 1.000 euro ai quali si è fatto riferimento. È previsto inoltre che gli stessi ottengano un’accoglienza, non sempre adeguatamente dignitosa, ma che nel caso degli 89 di fatto lo era e si traduceva in colazione pranzo e cena in un centro con circa 25 stanze con sistemazione da 4 persone per camera.
Mi ha offeso e indignato leggere tra le righe che la fuga dei “superstiti” fosse cosa inattesa ed incomprensibile anche per le istituzioni, perché a masticare minimamente la materia dei richiedenti protezione, si dà per scontato l’utilizzo dell’Italia quale paese di transito, soprattutto quando (intenzionalmente o meno) al presunto richiedente asilo non vengono effettuati allo sbarco i previsti rilievi dattiloscopici.
Mi ha offeso ed indignato leggere tra le righe che gli 89 scappati in massa si percepissero come incontentabili fuggitivi, perché aver invitato nella capitale i superstiti, erroneamente considerandoli d’élite, non li rendeva obbligatoriamente doverosi di riconoscenza e accondiscendenza. Questo ha offeso anche la professionalità di chi dei superstiti del Mediterraneo e non solo, quotidianamente ascolta i bisogni e riconosce i diritti ed i doveri.
Mi ha offeso ed indignato che non vi sia stata alcuna rettifica da parte delle istituzioni stesse, a onor del vero: a far credere che il massimo sia stato fatto ma non sia stato apprezzato se ne esca sempre un po’ vincitori.
Lo status di rifugiato, definito dalla convenzione di Ginevra del 1951, ha un suo specifico iter di riconoscimento, obbliga gli Stati che lo hanno firmato a una dovuta accoglienza e richiede un dovuto codice deontologico a cui doversi attenere quando, a vario titolo, ci si occupa di questo tema.
Non si tratta di generosità né di offrire trattamenti particolari a taluni, così come non si può assolutamente lasciare che chi scrive per informare sottintenda ingratitudine da parte di chi questo sistema frastagliato, irregolare ed evidentemente personalistico, decida di lasciarlo.
Credo che anche questa volta abbiamo perso un’altra occasione di fornire informazioni corrette e necessarie a comprendere.

Vi ringrazio.