La tragedia di Prato

Domande da Campi Bisenzio

Nadia Conti - 9 Dicembre 2013

Quando nel 2008 il sindaco di Campi Bisenzio mi propose di entrare nella sua giunta per occuparmi di immigrazione, mai avrei pensato che questa delega mi avrebbe coinvolta così tanto. Al punto che oggi tra i miei migliori amici annovero tanti cittadini migranti che ho avuto la fortuna di conoscere e stimare. Alcuni di loro sono cinesi, come le persone che domenica 1 dicembre sono morte nell’incendio della fabbrica dove vivevano e lavoravano.
Nell’apprendere questa notizia non ho potuto fare a meno di pensare che le morti bianche che hanno colpito la città di Prato, ferendo ancora una volta la nostra Regione, hanno la loro origine nell’indifferenza, nello sfruttamento e nella colpevole assenza di relazioni umane. In questi giorni ho sentito affermare che gli imprenditori di origine cinese costringono i loro connazionali a vivere in condizioni di precarietà, lavorare senza sicurezze, senza diritti e giusta retribuzione. Queste affermazioni corrispondono alla realtà, ma sono anche parziali e fuorvianti, perché non prendono in considerazione un contesto che ci ostiniamo a non voler conoscere. Per anni, molte amministrazioni hanno evitato di “compromettersi” con politiche d’accoglienza, nella convinzione che queste fossero elettoralmente svantaggiose. Hanno dato spazio all’allarmismo e al populismo, alla repressione-spettacolo fatta di controlli massivi alle fabbriche e senza distinzione tra sfruttatori e sfruttati.

Ma quello che mi domando è: siamo mai andati a spiegare la realtà e le problematiche italiane in quelle fabbriche, magari accompagnati da un interprete? Siamo mai andati a proporre corsi di lingua italiana agli imprenditori, durante l’orario di lavoro, per poter permettere agli operai di accedere ai diritti essenziali? Quando parliamo di uguaglianza, quale eguaglianza vogliamo? Quale economia stiamo foraggiando e finanziando? Quella che vuole solo fagocitare il più debole o quella dei diritti e dei doveri, dei princìpi e dell’etica? Ci siamo mai domandati quanto anche i nostri connazionali si stiano trovando nelle stesse condizioni lavorative? Ci siamo mai fermati a domandarci se lo sfruttamento sul lavoro e le morti bianche non siano in realtà la conseguenza del sistema Italia e del modello di produzione dominante?
In realtà non abbiamo mai cercato di entrare in quelle fabbriche se non per fare affari o per andare alla ricerca dei così detti clandestini. Le ronde, le cacce all’uomo che annualmente vengono organizzate, non sono servite a niente. Sicuramente non sono servite a garantire a degli esseri umani il diritto essenziale di vivere e lavorare in sicurezza. I finanziamenti nazionali destinati alla “sicurezza” non hanno prodotto la più importante e necessaria “sicurezza”: quella che ti consente di vivere.
Nadia Conti, assessore all’Immigrazione di Campi Bisenzio, comune ad alta densità cinese, dove però le diversità sono state valorizzate ed è stato ottenuto un livello alto di integrazione.