Docu-film

Racconti dalle città invisibili

- 9 Dicembre 2013

Tredici brevi documentari per raccontare la vita quotidiana in altrettante città del mondo in cui si sono costituite enclave della diaspora africana. Persone che hanno costruito “città nelle città”, con un proprio habitat e propri equilibri. Questo il progetto – artistico e culturale allo stesso tempo – di (In)Visible Cities, promosso da Beatrice Kabutakapua e Gianpaolo Bucci, due giovani giornalisti.
Uno sguardo sulla diaspora, immensa e frammentaria eppure capace di costruire nuovi legami in poco tempo. Beatrice e Gianpaolo hanno scelto di entrare nelle enclave, restarci a vivere almeno per due mesi, stabilire relazioni amicali, di convivenza con chi abita il quartiere. Hanno iniziato a Cardiff, dove si sono incontrati, lui proveniente da un paese del Casertano lei da Genzano, in provincia di Roma. Lì hanno girato i primi 12 minuti, poi sono andati a New York, per mostrare e far conoscere quelle tipologie di migrante africano che non ci si aspetta di incontrare fino ai professionisti che si impongono a Wall Street. Nei giorni scorsi hanno presentato a Frascati, sempre in provincia di Roma, l’episodio girato a Cardiff e un trailer di quello realizzato a New York.

Finora i due autori si sono autofinanziati ma stanno cercando di trovare nuove risorse per un progetto che si annuncia lungo e impegnativo: le prossime tappe saranno due città italiane (evitando quelle più “battute” da inchieste simili) e, in primavera, Istanbul. Il resto del percorso è ancora da definire, cercando anche di raccogliere le suggestioni e gli stimoli che giorno dopo giorno arrivano.

Nella serata di presentazione, che si è svolta lo scorso 2 dicembre a Frascati, si è parlato anche e soprattuto di immigrazione, degli stereotipi che governano il pensare diffuso, delle strategie per superare la diffidenza verso quell’“altro” che tanto spaventa. Due giornalisti a dare una propria chiave di lettura, Maddalena Maltese di Città Nuova e il nostro Stefano Galieni. La prima partendo dal racconto delle sue esperienze di inviata a Lampedusa, il secondo per introdurre al quadro legislativo in vigore. Ma sono stati i pochi intensi minuti di video a colpire i numerosi presenti, un modo percettibilmente diverso di usare il colloquio con gli intervistati, meno invasivo e più teso a catturare gli sguardi, i gesti quotidiani, a lasciarsi impregnare della convivialità che si costruisce a tavola, a far respirare ai presenti, l’aria di una nuova casa, di nuove case presenti in ogni angolo del pianeta. Elementi di speranza per paesi che cambiano e malgrado le tante problematicità si rivelano meno semplici da codificare, meno inseribili in categorie astratte e predeterminate.