Apartheid

- 16 Dicembre 2013

L’apartheid (lingua afrikaans, letteralmente “separazione”) era la politica di segregazione razziale istituita dal governo bianco del Sudafrica nel dopoguerra e rimasta in vigore fino al 1993. L’apartheid fu applicato dal governo sudafricano anche alla Namibia, fino al 1990 amministrata dal Sudafrica. L’apartheid fu dichiarato crimine internazionale da una convenzione delle Nazioni Unite, votata dall’assemblea generale nel 1973 ed entrata in vigore nel 1976 (International Convention on the Suppression and Punishment of the Crime of Apartheid), e quindi successivamente inserito nella lista dei crimini contro l’umanità.

Il termine apartheid fu usato in senso politico per la prima volta nel 1917 dal primo ministro sudafricano Jan Smuts, ma solo dopo la vittoria del Partito Nazionale anche nelle elezioni del 1948 l’idea venne trasformata in un sistema legislativo compiuto. I principali ideologi dell’apartheid furono i primi ministri: Daniel François Malan (in carica dal 1948 al 1954), Johannes Gerhardus Strijdom (dal 1954 al 1958) e Hendrik Frensch Verwoerd (vero e proprio “architetto dell’apartheid”, in carica dal 1958 fino al suo assassinio nel 1966). Quest’ultimo definiva l’apartheid come “una politica di buon vicinato”.

L’apartheid aveva due manifestazioni:

  • la separazione dei bianchi dai neri nelle zone abitate da entrambi (per esempio rispetto all’uso di mezzi e strutture pubbliche);
  • l’istituzione dei bantustan, i territori semi-indipendenti in cui molti neri furono costretti a trasferirsi.

In Sudafrica, mentre i neri e i meticci costituivano l’80% circa della popolazione, i bianchi si dividevano in coloni di origine inglese ed afrikaner. Gli afrikaner, che costituivano la maggioranza della popolazione bianca, erano da sempre favorevoli ad una politica razzista; mentre i sudafricani di origine inglese, malgrado il sostanziale appoggio dell’apartheid, erano più concilianti nei confronti dei connazionali neri. Con le elezioni del 1928 vennero introdotti nel paese i primi elementi di segregazione razziale, ma nel 1939 Jan Smuts (ex capo del governo sudafricano) tornò al potere e il nazionalismo afrikaner non poté proseguire il suo progetto politico. Durante la seconda guerra mondiale un gruppo di intellettuali afrikaner influenzati dal nazismo completò la teorizzazione del progetto dell’apartheid. La filosofia dell’apartheid affermava di voler dare ai vari gruppi razziali la possibilità di condurre il proprio sviluppo sociale in armonia con le proprie tradizioni. Più tardi venne creata un’organizzazione segreta per promuovere gli interessi degli afrikaner.

Istituzione dell’apartheid

L’apartheid prese definitivamente forma nel 1948. Le principali leggi che costituivano il sistema erano:

  • proibizione dei matrimoni interrazziali;
  • legge secondo la quale avere rapporti sessuali con una persona di razza diversa diventava un fatto penalmente perseguibile;
  • legge che imponeva ai cittadini di essere registrati in base alle loro caratteristiche razziali (Population Registration Act);
  • legge che permetteva di bandire ogni opposizione che venisse etichettata dal governo come “comunista” (usata per mettere fuorilegge nel 1960 l’African National Congress (Anc), la più grande organizzazione politica che includeva i neri, di stampo socialista, ma non comunista);
  • legge che proibiva alle persone di diverse razze di entrare in alcune aree urbane;
  • legge che proibiva a persone di colore diverso di utilizzare le stesse strutture pubbliche (fontane, sale d’attesa, marciapiedi, etc.);
  • legge che prevedeva una serie di provvedimenti tutti tesi a rendere più difficile per i neri l’accesso all’istruzione;
  • legge che sanciva la discriminazione razziale in ambito lavorativo;
  • legge che istituiva i bantustan, ghetti per la popolazione nera, nominalmente indipendenti ma in realtà sottoposti al controllo del governo sudafricano;
  • legge che privava della cittadinanza sudafricana e dei diritti a essa connessi gli abitanti dei bantustan;
  • legge che costringeva la popolazione nera a poter frequentare i quartieri della gente “bianca” solo con degli speciali passaporti.

Nel 1956 la politica di apartheid fu estesa a tutti i cittadini di colore, compresi gli asiatici. Negli anni ’60 3,5 milioni di neri, chiamati bantu, furono sfrattati con la forza dalle loro case e deportati nelle “homeland del sud”. I neri furono privati di ogni diritto politico e civile. Potevano frequentare solo l’istituzione di scuole agricole e commerciali speciali. I negozi dovevano servire tutti i clienti bianchi prima dei neri. Dovevano avere speciali passaporti interni per muoversi nelle zone bianche, pena l’arresto.

Lotta contro l’apartheid

In un primo tempo sia neri che bianchi organizzarono proteste contro l’apartheid, in genere brutalmente soffocate dalle forze di sicurezza governative. Nei primi anni sessanta l’Umkhonto we Sizwe, l’ala armata dell’Anc, iniziò a usare la forza, limitandosi però ad azioni di sabotaggio contro obiettivi strategici come centrali elettriche e altre infrastrutture. Nel 1975, i burocrati decisero di fare rispettare una legge a lungo dimenticata: ogni norma doveva essere scritta in lingua afrikaans. La legge fu estesa a tutte le scuole, imponendo che le lezioni fossero tenute metà in inglese e metà in afrikaans. Forti furono anche le pressioni internazionali, anche nel mondo dello sport; infatti, a causa dell’apartheid il Sudafrica fu escluso fino agli anni ottanta dalle partecipazioni alle Olimpiadi. Inoltre, ci fu il boicottaggio africano alle Olimpiadi del 1976, come protesta perché la nazionale di rugby neozelandese aveva giocato alcune partite con la squadra sudafricana.

Fine dell’apartheid

La liberazione di Nelson Mandela, avvenuta nel 1990 dopo 27 anni di prigionia, e la sua successiva elezione a capo dello Stato, decretarono la fine dell’apartheid. Le elezioni del 1994 videro la schiacciante vittoria dell’Anc con il 62,65% dei voti, al di sotto però della soglia dei due terzi necessaria per modificare la costituzione. Da allora l’Anc governa ininterrottamente il paese, prima con Nelson Mandela, poi con Thabo Mbeki e successivamente con Kgalema Motlanthe e Jacob Zuma. La Commissione per la Verità e la Riconciliazione, istituita nel 1995, si è occupata di raccogliere testimonianze sulle violazioni dei diritti umani e ha concesso l’amnistia a chi confessasse spontaneamente e pienamente i crimini commessi agli ordini del governo. Il Sudafrica post-apartheid, aggiungendo nove lingue africane, ha portato il totale degli idiomi ufficiali a undici. Un altro gesto del nuovo governo è stato l’abbattimento dell’arsenale bellico sudafricano.

L’anniversario delle elezioni del 27 aprile è giorno festivo in Sudafrica, la Festa della Libertà.

Fonte: wikipedia