Imola

Lo sfratto è rinviato

- 16 Dicembre 2013

Il picchetto solidale salva una famiglia ma è solo un breve rinvio: intanto a Imola di sfratti se ne preparano molti e l’amministrazione non ha una politica per gli alloggi. Cronaca su una mattinata di picchetti, discussioni e molta muffa (sui muri ma anche nelle teste).

«È muffa questa?» chiede M. a me e al fotografo. «Certo», rispondiamo. Insiste: «Voi fareste vivere due bambini piccoli qui dentro?». Scuotiamo la testa. «Il rappresentante del padrone di casa, la Curia, dice che questa casa è a posto e oggi vogliono sfrattarci». M. è un immigrato. Non scriverò il suo nome per una sorta di parità (“par condicio”, per usare gergo alla moda) visto che il rappresentante del padrone di casa – la Curia appunto – e l’ufficiale giudiziario (una donna) non mi hanno voluto dire i loro anche se hanno voluto che io mi “qualificassi”.

Imola. Tutto inizia alle 8 del mattino di martedì 10 dicembre, uno dei giorni più freddi dell’anno e – guarda il caso – la giornata nella quale si ricordano i diritti umani. Siamo davanti al civico 4 di piazza Duomo, proprio di fronte alla più imponente Chiesa di una città che ha avuto due santi e tre papi ma anche anarchici, socialisti, partigiani. Con il fotografo faccio un giro nella casa di M. Ci mostra un foglio del servizio sanitario: protocollo 40449 del 12 ottobre 2011, due anni fa dunque. In sintesi: «Visto il sopralluogo risulta anti-igienico». Eppure qui abitano M., la moglie, una bambina di 5 anni e un bimbo appena nato. Dietro la porta d’ingresso muffa e nero. La finestra non è solo umida: addirittura è bagnata come se piovesse. Una stanzetta è a posto, ma il resto è tutto da rifare, a partire dalla stanza da letto e ancor più dal gabinetto.

«Sono qui dal 2009, prima con mia sorella e poi da solo» racconta M.: «Ho un lavoro, sono in regola ma non ho abbastanza soldi per trovare un alloggio con i prezzi di Imola. E poi molti non affittano a stranieri, si sa». Un triste «si sa» che chiunque abiti qui può confermare, ovviamente con le solite eccezioni. «Non hanno voluto fare i lavori e io detto che se non sistemavano la casa non pagavo più. Vogliono 373 euro al mese per un buco, non è giusto», spiega M. Da qui lo sfratto.
La famiglia di M. è stata inserita nelle liste per gli alloggi popolari, «al numero 343». Ma molti appartamenti per l’edilizia popolare vengono lasciati vuoti: il Comune sostiene di non avere i soldi per sistemarli. Mentre le proposte di alcune associazioni (come “Trama di Terre”, che riunisce donne italiane e migranti) che hanno chiesto al Comune di stipulare accordi con le famiglie assegnatarie per lo svolgimento dei lavori in cambio di uno sconto sugli affitti, sono rimaste senza risposta.

Continuiamo a parlare aspettando l’ufficiale giudiziario che oggi tornerà con le forze dell’ordine. Ma prima dell’ordine costituito arriva la solidarietà: qualche attivista di Asia (associazione inquilini e abitanti) del sindacato Usb è venuto da Bologna, una ventina di ragazzi della Brigata 36 di Imola e un quintetto di immigrati.
Federico Orlandini della Usb di Bologna racconta che, freddo o no, a Bologna si sfratta: il Comune non è razzista, italiani o stranieri si cacciano tutti i colpevoli di “morosità” che forse significa “povertà”, ma questa faccenda di ricchi e poveri (o impoveriti dalla crisi e dalle scelta politiche) non interessa le amministrazioni né sotto le Due torri né qui a Imola.

Ecco l’ufficiale giudiziario con un po’ di poliziotti al seguito, dice che le dispiace di questo picchetto, dei fotografi. «Non è mica una storia di cowboy e indiani – sostiene –. Con i cattivi da una parte e i buoni dall’altra». Chissà se nella sua visione del mondo i cow boy erano i buoni. Non indago, la faccio parlare.
Fa il suo dovere – o così sostiene – l’ufficiale giudiziario però è molto netta anche su giudizi che tecnicamente non le competerebbero. «C’è un po’ di umidità in casa perché non aprono mai le finestre». E ancora: «Colpa sua (si riferisce a M.) se vuole stare qui, se si preoccupasse dei figli andrebbe altrove». Insiste: «Non scrivete il mio nome, non fotografatemi». Sullo sfratto: «È lui che deve farci una proposta. È uno che fa il furbo, finge di non capire l’italiano». Le chiedo se ha visto la muffa, risponde che è robetta.

Parte con un comizio che si conclude con un perentorio: «Qui a Imola non si mette nessuna famiglia per strada». Obietto che abito qui da quasi 21 anni e mi risulta il contrario. Insiste l’ufficiale: «Sistemeremo la donna e i bambini in alloggio d’emergenza per qualche giorno e lui si fa ospitare da amici, poi vedremo». Chiedo se è giusto separare un padre dai figli e azzardo che forse il Comune dovrebbe dare qualche garanzia in più sui tempi. Alla fine l’ufficiale si arrabbia con me, si allontana e non mi parla più.
Però la mobilitazione sta sortendo i suoi effetti. Si discute, si tratta. Alla fine la polizia va via, lo sfratto è rinviato a fine gennaio. Nel frattempo si cercherà una soluzione. Una decisione che non entusiasma ragazze e ragazzi di Brigata 36: nel pomeriggio, lanceranno in rete un comunicato critico. Su un punto di certo hanno ragione: davanti alla crisi e ad amministrazioni locali e nazionali prive della volontà di bloccare gli sfratti e predisporre fondi a sostegno delle politiche abitative, sempre più persone perderanno i diritti basilari.

di Daniele Barbieri