Petizione

La Padania non esiste

- 20 Gennaio 2014

1510735_10202928378191981_935379112_nL’Italia multiculturale invece sì. E non è interessata ai problemi elettorali della Lega. L’associazione Giù le frontiere lancia una petizione a sostegno del ministro Cécile Kyenge, affinché le leggi già esistenti contro il razzismo vengano applicate. Qui ed ora.
A seguire, il testo della petizione e il link per firmare.

Solidarietà a Cécile Kyenge, il Governo deve far quadrato attorno a lei e fare applicare le leggi contro il razzismo.

Il comitato di non accoglienza, a Brescia, diretto da membri delle istituzioni, la pubblicazione tendenziosa della sua agenda pubblica sulle pagine de La Padania e, infine, la busta minatoria recapitata al ministero. In questi ultimi giorni le pressioni e le intimidazioni verso Cécile Kyenge, il ministro più insultato della storia, sono cresciute in modo esponenziale. Noi, che abbiamo avuto il privilegio di fare un lungo pezzo di strada insieme a lei, condividendo battaglie, ideali e metodi, sentiamo la necessità di uscire con un appello pubblico di solidarietà nei suoi confronti, e vorremmo coinvolgere in questa azione la società civile e anche le istituzioni e la politica.

Le analisi hanno rilevato che la busta inviata al Ministero, mercoledì 15 gennaio, conteneva solo bicarbonato. Questo ridimensiona certamente i rischi realmente corsi, ma non la portata dell’intimidazione. Che è forte e va al di là della persona Cécile Kyenge. Quella che stanno cercando di colpire e affossare, ciascuno con i propri strumenti – insulti grezzi, raffinati editoriali, informazione tendenziosa – è l’idea che l’Italia possa essere già ora un Paese multiculturale. Quello che vogliono fermare è il cambiamento culturale portato avanti da Cécile, che viene attaccata sostanzialmente perché nera, nata all’estero e, forse, anche perché donna. Sarebbe ora che anche il Governo manifestasse in modo chiaro e compatto solidarietà a questo suo ministro. Sarebbe ora che le leggi, che in Italia già esistono per combattere e punire la violenza verbale, le discriminazioni e il razzismo, venissero applicate.

All’estero c’è una percezione molto più realistica di quello che stanno facendo a Cécile, della pressione terribile a cui questa donna è sottoposta quotidianamente e dei rischi concreti che sta correndo (l’esperienza insegna che il passaggio dalla violenza verbale a quella materiale è repentino e frequente). Non solo: c’è una percezione molto più realistica del cambiamento culturale che il suo ministero e il suo stile di comunicazione, basato sulla pacatezza e il dialogo, stanno portando avanti. Lo dimostra, per esempio, il recente riconoscimento ricevuto dalla rivista Foreign Policy, che le ha dato il 23° posto nella classifica dei leader più influenti al mondo. In Italia tutto questo sembra essere sottovalutato, offuscato dall’odio e, talvolta, anche dalle gelosie. E Kyenge, oltre a essere insultata sistematicamente, è stata in alcuni casi accusata di non aver fatto nulla e di avere rinnegato le sue posizioni.

Ma nello stretto spazio di manovra che le concede un ministero senza portafoglio come il suo, per di più all’interno di un esecutivo di larghe intese, chiamato a operare in un momento di grande crisi, Kyenge sta facendo tutto quello che le è possibile per tenere vivo il discorso sull’integrazione e sul riconoscimento e la valorizzazione della multiculturalità, che è già oggi un elemento strutturale anche se rimosso della nostra società. E ha portato a casa tanti piccoli grandi risultati, dei quali poco si parla, per insipienza, pigrizia o perché, molto semplicemente, non si tratta di notizie a effetto (i servizi voyeuristici sul padre del ministro “tirano” molto di più).
In un’intervista recentemente rilasciata al settimanale on line Corriere delle Migrazioni, il ministro fornisce un elenco dovizioso (seppur non completo) delle azioni fatte in sette mesi di governo.
Nella medesima intervista, spiega di non avere cambiato idea su Cie, Bossi-Fini e dintorni. E aggiunge: «Come ministro ho però un margine di azione limitato ed è all’interno di quei limiti che posso agire e agisco. Tra chi mi chiede di forzare questi limiti qualcuno è in buona fede, perché davvero non conosce le competenze del mio ministero e confonde l’Integrazione con l’Immigrazione. Altri no, non sono in buona fede».

La lettura di questo testo (http://www.corrieredellemigrazioni.it/2014/01/06/kyenge-bilancio-di-inizio-anno/) è vivamente consigliata a chi avesse voglia di sapere cosa ha fatto davvero Cécile da quando è diventata ministro e cosa pensa, come si rapporta alle sue tante battaglie precedenti l’incarico (il Primo Marzo, la Carta Internazionale dei diritti dei Migranti, la campagna LasciateCientrare…) e quali sono le sue priorità.
Sicuramente si può avere una visione diversa dalla sua o dissentire da singole posizioni, ma di fronte all’attacco formidabile e continuo di cui Cécile è oggetto, sarebbe probabilmente il caso di mettere da parte gli elementi di divisione e unirsi attorno alla necessità di contrastare queste derive di intolleranza e di violenza. Anche perché le offese a lei rivolte sono, alla fine, offese per il Paese, ferite aperte che fanno male a tutti.

Chiediamo a tutte le persone che hanno a cuore la democrazia e il rispetto dei diritti umani, a quelli che vedono nella diversità una ricchezza e si oppongono alla visione utilitaristica e strumentale delle relazioni, di:
1) esprimere la propria solidarietà a Cécile Kyenge;
2) di sollecitare il Governo a far quadrato attorno a lei, facendo sì che i responsabili di questa costante azione denigratoria e razzista siano chiamati a rispondere davanti alla legge.