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Il coming out di Binya e altre storie Lgbt

Igiaba Scego - 27 Gennaio 2014
Binyavanga Wainaina

Binyavanga Wainaina

Il 18 gennaio il più vulcanico degli scrittori kenyoti, Binyavanga Wanaina, ha compiuto 43 anni. Binya, come lo chiamano affettuosamente gli amici, ha deciso di festeggiare l’evento scrivendo un articolo che ha subito creato un caso intorno a lui. Di fatto Binyavanga Wanaina ha annunciato ai lettori di Chimurenga Chronic e African is a country (le due riviste africane dov’è uscito il suo pezzo) di essere gay, ovvero ha fatto quello che tradizionalmente si definisce un coming out. La notizia è stata subito rilanciata dalla Bbc e dal Guardian e in poche ore ha fatto il giro del mondo.
In molti paesi africani dire di essere gay è un atto politico. I diritti Lgbt non sono ancora del tutto garantiti nel continente. Anzi, sono molti i paesi in cui essere gay o lesbiche è un reato punibile per legge. Persone che non hanno ucciso, non hanno rubato, non hanno stuprato, non hanno truffato ma vengono incarcerate perché hanno amato e magari sono anche state felici. Reato d’amore il loro, reato di libertà, reato di coraggio. È successo in Nigeria, il 13 gennaio 2014, dopo il varo da parte del governo di leggi omofobe che vietano l’unione tra partner dello stesso sesso. Amnesty International ha segnalato arresti coatti negli stati nigeriani di Ananbra, Enugu, Imo, Oyo. Ma anche in Uganda  per la comunità Lgbt non è facile vivere. Come dimenticare il barbaro assassinio dell’attivista David Kato che tanto ha commosso il mondo?
Kato, insieme ai suoi compagni di lotta, chiedeva solo di vivere la sua vita, di amare chi voleva e come voleva. Il suo nome era apparso in una lista di proscrizione di 100 tra gay e lesbiche ugandesi da eliminare per il loro troppo attivismo o perché erano secondo lo stato “non a norma”. Ma lui non si è lasciato intimidire, non si è mai dato per vinto. Non è facile però farsi sentire in Nigeria come in Uganda. Troppi interessi intorno a questa furia omofoba che sta devastando parte del continente africano; non ultime le chiese oltranziste evangeliche (spesso provenienti dagli Stati Uniti più wasp) che predicano odio – lucrandoci sopra – verso chi è gay. E così, nel fuoco incrociato di interessi subdoli, si è creato il terreno fertile per norme sempre più repressive. Ed è stata la visione di questi diritti calpestati nel continente, nel suo continente, a muovere Binyavanga Wanaina verso il coming out. L’articolo avrebbe dovuto far parte del memoir Un giorno scriverò di questo posto, ma all’epoca dell’uscita del libro gli venne consigliato di togliere quel capitolo troppo compromettente. La paura era quella delle ritorsioni. Ma Binyavanga Wanaina, dopo qualche anno, ha trovato il coraggio di pubblicare quel capitolo mancante. L’ha fatto per se stesso e per gli altri. Affinché tutti vivessero, alla luce del bel sole africano, la propria identità sessuale. Non ha più paura Binyavanga e sono in tanti all’interno del mondo delle lettere africane ad affrontare finalmente di petto la questione. I vissuti non sono più celati, ma mostrati con orgoglio ad una società ancora piena di pregiudizi.Diriye-Osman-london-7-sept-2013Per fortuna Binyavanga Wanaina non è solo: un movimento lento e incessante sta attraversando le lettere africane. Diriye Osman, un giovane originario di Mogadiscio (Somalia), fa parte anche lui di questa bella ondata di scrittori che uniscono il privato al politico. Lo scrittore-performer somalo, infatti, è stato tra i pochi nel suo paese a fare un totale e liberatorio coming out. In Somalia essere gay o lesbiche non è stato mai ben visto. Se però durante gli anni ’60 la Somalia non negava il fenomeno (c’erano soprattutto a Mogadiscio zone gay friendly), oggi – dopo 22 anni di guerra civile e un fondamentalismo che è penetrato anche nei costumi di chi fondamentalista non è – il clima è totalmente cambiato. Lo sa bene Diriye Osman che un po’ ha pagato lo scotto di non essere accettato dalla comunità di origine. Non è un caso che gli speaker di una nota emittente in lingua somala si siano rifiutati di intervistarlo motivando tale scelta con una scrollatina di spalle e con la frase “Gay in Somalia non ne esistono”. Ma Diriye Osman non si è arreso ed ha pubblicato sul finire del 2013 una raccolta di racconti intitolata Fairytales for lost Children. Un libro tenero, esplosivo, sensuale, militante. Tra le righe c’è anche la sua storia, il suo perdersi, il suo ritrovarsi. Un’esperienza, che tra traumi e grandi passioni, illumina il mondo queer visto da un somalo tra i somali. Il vernacolo si mischia all’inglese standard. Il somalo della quotidianità a quel codice queer sconosciuto persino ai puristi della lingua somala. Persone che rivendicano la loro appartenenza, girando intorno ad una diaspora che dall’antica terra di Punt ci trasporta prima in Kenya e poi nei sobborghi sud di Londra. Sono figure in continuo movimento quelle che Diriye descrive, figure che si cercano, ma che cercano anche un senso. Non rinnegano nulla, vogliono essere tutto. Vogliono essere somale, nere, musulmane, ma anche gay o lesbische. C’è il dissidio con i parenti, gli amori incompresi, i corpi esausti. Non tralascia nulla alla fantasia Diriye Osman. Descrive tutti i tormenti della carne, tutte le contraddizioni dello spirito. E lo fa con la sua ironia sferzante e con la sua dolcezza disarmante. Colpisce nella sua scrittura come la tradizione si mischia con la pop culture. E quindi c’è la nonna somala che grida al nipote “Se mi esci fuorti gay ti faccio un saar, un esorcismo”, o in un altro passaggio del libro dove ci si immerge invece nella vita notturna di una Londra che gaia non si può. Il testo è accompagnato da disegni, quasi tratti sottili di un sogno, dove Diriye Osman cerca di dare forma a quegli esseri fiabeschi che vivono dentro una realtà troppo dura. I suoi disegni raccontano molto di Diriye Osman che oltre ad essere uno scrittore è anche un artista visuale. I suoi modelli variano da Walt Disney fino ad arrivare al Haiyo Miyazaki de La città incantata. Da piccolo lui voleva essere il Gianni Versace somalo, era come tutti i suoi compaesani attirato dal colore, dalla luce. Ora quella luce se la mette addosso ed è lui, in pose surreal-picassiane, che di fatto si è trasformato in un’opera d’arte. Il suo sito (http://www.diriyeosman.com) mostra tutte le variazioni del suo essere, tutti i suoi mille giochi di colore, ed è lì che si scopre con un certo stupore che il blu può essere una sfumatura del giallo.

Bernardine Evaristo

Bernardine Evaristo

Il libro di Diriye Osman ha avuto una grande sostenitrice in Bernardine Evaristo. La scrittrice ha avuto parole di grande affetto per Osman e in un certo senso c’è un’affinità elettiva tra questo giovane autore somalo trapiantato a Londra e lei, figlia di una mamma inglese e un padre nigeriano. Non solo entrambi hanno una frequentazione intensa con il sud di Londra, ma anche Bernardine nel suo ultimo romanzo ha affrontato la tematica Lgbt. Non molti testi africani (Sia del continente sia della diaspora) lo hanno fatto fino adesso. Il tutto era solo accennato o censurato nel passato. Ma ora è come se la letteratura di africani e afrodiscendenti abbia preso il volo su questo tema. Non a caso Bernardine Evaristo con MR Loverman, il suo ultimo romanzo, affronta l’argomento di petto costruendo una storia dove l’amore non solo è negato, ma nascosto per non andare troppo contro una società che preferisce mentire a se stessa. Come Osman, anche Bernardine dona ai suoi personaggi una lingua poetica, furiosa, umanissima. E non poteva essere altrimenti per descrivere un mondo che di fatto non vuol farsi troppo notare. Protagonista del romanzo è Barrington, detto anche Berry, un uomo generoso, estroso, e sposato da tanti anni con Carmel. Una vita sessuale al di sotto della media, ma ecco un rispetto reciproco che forse è solo finzione. Infatti Barry ha da tutta una vita un altro amore, un uomo che ama con tutto se stesso: Morris. E il libro non fa altro che scavare in queste vite, per capire come mai si deve amare mentendo. La storia, ambientata nei Caraibi, ricorda però tutte le difficoltà di chi vive anche nel continente africano o in comunità diasporiche in Europa o Nordamerica, la propria identità Lgbt. E poi la scelta di Antigua da parte dell’autrice non è del tutto casuale. In Jamaica essere gay è illegale, non è un caso infatti che molto del mondo reggae sia ancora oggi attraversato da spinte omofobe di una certa rilevanza. Bernardine Evaristo, Binyavanga Wanaina e Diriye Osman, attraverso le loro penne sapienti, hanno di fatto aiutato le lotte di associazioni Lgbt nel continente africano. Le leggi omofobe purtroppo ci sono ancora, ma finché c’è chi lotta e racconta nessun sacrificio sarà stato vano. Suban Igiaba Ali Omar Scego