Key Words

Dublino III

- 7 Febbraio 2014

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 29 giugno 2013 il regolamento Ue n. 604/2013, ovvero il regolamento “Dublino III” che stabilisce i nuovi criteri per la determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale. Ecco le principali novità che si applicheranno dal 2014.

Il regolamento Dublino III abroga il regolamento n. 343/2003 (Dublino II), è entrato in vigore il 19 luglio 2013 e verrà applicato alle domande di presa e ripresa in carico presentate dal 1 gennaio 2014.

Le principali novità riguardano:
1) modifica della definizione di familiare (art. 2, comma g e h): con il termine ‘familiari’si intendono i soggetti appartenenti alla famiglia del richiedente, purché costituita nel paese d’origine, che si trovino nel territorio degli Stati membri. È eliminata la necessità che i figli minori non coniugati siano anche a carico, mentre tra i familiari del minore non coniugato il ‘tutore’ è sostituito dall’altro adulto responsabile per il richiedente in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova l’adulto.
Inoltre, viene introdotta la definizione di ‘parenti’, ossia ‘la zia o lo zio, il nonno o la nonna adulti del richiedente che si trovino nel territorio di uno Stato membro, indipendentemente dal fatto che il richiedente sia figlio legittimo, naturale o adottivo, secondo le definizioni del diritto nazionale’;

2) trattenimento per pericolo di fuga (art. 28): qualora sussista un rischio notevole di fuga, gli Stati membri possono trattenere l’interessato al fine di assicurare le procedure di trasferimento. Ciò può avvenire sulla base di una valutazione caso per caso, il trattenimento può essere giustificato solo se non sia possibile applicare altre misure meno coercitive. Il trattenimento deve avere una durata quanto più breve possibile e non può superare il tempo ragionevolmente necessario per adempiere alle procedure amministrative previste per l’esecuzione del trasferimento;

3) scambio di informazioni utili prima del trasferimento di un richiedente (art. 31): lo Stato membro che provvede al trasferimento di un richiedente deve comunicare, allo Stato membro competente, i dati personali relativi alla persona da trasferire, in modo da garantire un’assistenza adeguata, comprese le cure mediche immediate, oltre alla continuità della protezione e dei diritti concessi al richiedente in materia di asilo;

4) no al trasferimento di un richiedente qualora sussistano gravi motivi (art. 3): gli Stati membri devono esaminare qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Il nuovo Regolamento fa poi esplicitamente riferimento ai casi in cui è impossibile trasferire un richiedente verso uno Stato ‘qualora si abbiano fondati motivi di ritenere che sussistono carenze nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza’ che implichino un rischio di trattamento inumano e degradante;

5) obbligo di condurre un colloquio individuale: gli Stati, con il nuovo regolamento, sono obbligati a condurre un colloquio individuale con il richiedente. Il colloquio deve essere svolto prima che sia adottata la decisione di trasferimento e deve essere condotto da una persona qualificata, inoltre, deve essere redatta una sintesi scritta che contenga le principali informazioni fornite dal richiedente;

6) competenza in caso di ‘persone a carico’(art. 16): gli Stati hanno l’obbligo di mantenere l’unità o ricongiungere le persone a carico. Con il nuovo regolamento viene specificato chi può essere considerata persona a carico del richiedente: figli, fratelli, genitori, sempre a condizione che i legami familiari esistano già nel paese d’origine;

7) costi e modalità dei trasferimenti (art. 29-30): Dublino III conferma il termine per effettuare un trasferimento già contenuto in Dublino II: entro 6 mesi, prorogabili fino a 12 mesi, in caso di impossibilità a trasferire il richidente se detenuto e fino a 18 mesi qualora l’interessato sia irreperibile.

I trasferimenti, in base al nuovo regolamento, devono essere effettuati ‘in modo umano e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana’, qualora avvengano sotto forma di partenza controllata.

Un’altra novità introdotta da Dublino III riguarda i ‘casi di trasferimento erronei o modificati in sede giurisdizionale dopo che il trasferimento è già stato eseguito’; in questi casi, è adesso previsto l’obbligo per lo Stato che ha provveduto al trasferimento di riprendere ‘immediatamente’ in carico l’interessato. I costi del trasferimento sono a carico dello Stato membro che provvede al trasferimento. Mentre i costi del rinvio, in seguito ad un trasferimento erroneo, sono a carico dello Stato che ha inizialmente provveduto al trasferimento;

8) meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi (art. 33): la Commissione ha voluto introdurre, in forma più forte, un meccanismo per la sospensione temporanea, in certi casi, dei trasferimenti Dublino. Tale meccanismo prevede due fasi:
– fase ‘preventiva’: in collaborazione con l’Easo e sulla base delle informazioni da esso ottenute, la Commissione ha stabilito che, se l’applicazione di Dublino III è ostacolata da un ‘rischio comprovato di speciale pressione sul sistema di asilo di uno Stato membro e/o da problemi nel funzionamento del sistema di asilo di uno Stato membro’, essa, insieme all’Easo – European Asylum Support Office, rivolge ‘raccomandazioni a tale Stato membro invitandolo a redigere un piano d’azione preventivo’. Il piano viene poi sottoposto al Consiglio Ue e alla Commissione europea che ne informa il Parlamento europeo. Lo Stato in questione adotta quindi ‘tutte le misure appropriate per affrontare la situazione di speciale pressione sul suo sistema di asilo o per assicurare che le carenze individuate siano risolte prima del deteriorarsi della situazione’;

– fase ‘d’azione’: qualora la Commissione ritenga che l’azione ‘preventiva’ non abbia posto rimedio alla situazione di rischio, essa, in cooperazione con l’Easo, può chiedere allo Stato interessato di redigere un piano d’azione per la gestione della crisi, che deve comunque prevedere il rispetto dei diritti fondamentali dei richiedenti protezione internazionale. Lo Stato deve, inoltre, intervenire entro 3 mesi e successivamente alla presentazione del piano, almeno ogni 3 mesi, dovrà fornire una relazione sull’attuazione del piano;

9) introduzione dei termini per la procedura di presa e ripresa in carico (art. 21-22-23-24-25): una richiesta di presa in carico deve essere avanzata allo Stato individuato come competente attraverso un formulario e allegando elementi di prova o circostanze indiziarie o elementi tratti dalle dichiarazioni del richiedente entro 3 mesi dalla presentazione della domanda di protezione internazionale. Il termine dei 3 mesi si riduce a 2 mesi nel caso in cui la competenza sia stata individuata grazie a dati presenti nel sistema Eurodac.
Invece, le richieste di ripresa in carico si distinguono ulteriormente a seconda che l’interessato abbia o meno presentato una nuova domanda nello Stato membro richiedente dopo averla presentata nello Stato richiesto. Il nuovo regolamento introduce il termine entro cui deve essere chiesta la ripresa in carico:
– presentazione nuova domanda di protezione: lo Stato presso cui soggiorna un richiedente che aveva già presentato domanda di protezione internazionale (in corso d’esame, ritirata o respinta) in un altro Stato deve chiedere a quest’ultimo la ripresa in carico entro due mesi dal ricevimento della risposta da Eurodac, ovvero, entro tre mesi dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale. Se questi termini non vengono rispettati, la competenza spetta allo Stato in cui la nuova domanda è stata presentata.;
– mancata presentazione di una nuova domanda di protezione internazionale: lo Stato in cui soggiorna senza titolo una persona che ha presentato domanda di protezione internazionale (in corso d’esame, ritirata o respinta) in un altro Stato, può chiedere a quest’ultimo di riprendere in carico l’interessato entro 2 mesi dal ricevimento della risposta del sistema Eurodac, ovvero entro 3 mesi dalla data in cui apprende che un altro Stato può essere competente, se la richiesta è basata da prove diverse da Eurodac.
Se questi termini non vengono rispettati, lo Stato in cui si trova l’interessato offre a quest’ultimo la possibilità di presentare una nuova domanda. Qualora poi la domanda fosse stata respinta con decisione definitiva dal primo Stato, lo Stato in cui si trova l’interessato può, alternativamente alla richiesta di ripresa in carico, avviare una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva ‘rimpatri’ (2008/115/Ce). La risposta dello Stato richiesto deve pervenire entro 1 mese dalla data in cui viene inviata la richiesta o 2 settimane quando la richiesta è basata su dati Eurodac. La mancata risposta entro i termini suddetti equivale ad accettazione della richiesta.

Fonte:www.programmaintegra.it