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Speriamo in bene

- 15 Febbraio 2014

MulticulturalismoLe scorse settimane, come avrete notato, siamo usciti con alcuni giorni di ritardo. Per rimetterci in pari (tenendo conto sempre delle nostre limitate forze) abbiamo deciso di saltare un numero: quello che avrebbe dovuto essere on line lunedì prossimo. Ma di fronte a quel che sta accadendo in Italia in questi giorni, sentiamo il bisogno di fare comunque una riflessione pubblica.
Ci ha lasciati sinceramente stupefatti e attoniti constatare come i cambiamenti e i dissensi interni ad un singolo partito possano avere tante e tali conseguenze sulla vita di un Paese, saltando anche le elementari prassi istituzionali. Ma vogliamo fare un auspicio. Ci auguriamo che questa nuova compagine governativa – nei nomi dei ministri, non rispetto alle forze politiche che la sosterranno – comunque vada a essere composta, non cancelli quanto avviato e/o realizzato in materia di immigrazione e integrazione da quella che l’ha preceduta. Non si tratta di risultati eclatanti, ma alcune cose erano state fatte o poste quantomeno in calendario. Pensiamo in primo luogo alla legge sulla cittadinanza e alle proposte per dotare questo Paese di una legge quadro sul diritto di asilo.
Nelle dichiarazioni di numerosi esponenti politici, che potrebbero oggi assumere importanti incarichi istituzionali, abbiamo in tanti sentito l’ammissione esplicita della necessità di un nuovo testo sull’immigrazione, che cancelli i tanti errori, le tante vergogne e i tanti fallimenti del passato anche recente. Ormai è chiaro a gran parte della società civile, indipendentemente dalla appartenenza politica, la profonda modifica che è intervenuta nella composizione di questo Paese per effetto delle migrazioni. È chiaro che questa modifica ha bisogno di essere riconosciuta e valorizzata e non di essere liquidata come questione emergenziale.
Ne trarrebbero beneficio migranti e autoctoni, ne trarrebbe beneficio una popolazione ormai multiculturale e pronta a vivere positivamente grandi trasformazioni. E se si vuole lanciare un segnale di speranza, rivolto non solo a chi ha scelto l’Italia come Paese in cui costruirsi un futuro, sarebbe fondamentale non solo mantenere il ministero dell’Integrazione ma anche decidersi a dotarlo di risorse e ad ampliarne realmente poteri e competenze.
Si sta parlando molto in queste ore di riduzione dei ministeri. La razionalizzazione e la semplificazione sono certamente passaggi positivi, ma non se vanno a detrimento di ambiti sensibili e socialmente rilevanti. Investire nell’integrazione (che non è affatto sinonimo di assimilazione e non rappresenta un processo unidirezionale, perché richiede la partecipazione attiva di tutte le parti coinvolte, autoctoni e migranti) non è un lusso, ma un’espressione di concretezza e di lungimiranza.
Torneremo ad aggiornare il Corriere delle Migrazioni il prossimo 24 febbraio, a governo quasi sicuramente già fatto. Speriamo in bene.

La redazione di Corriere delle Migrazioni