Mandela-Madiba Project

Lettera dei senza diritti

- 24 Febbraio 2014

Il primo appuntamento di una iniziativa costruita in questi anni a Roma, attraverso La Barca dei Diritti e attraversata dalla Carta di Lampedusa, è a Roma per il 6 marzo prossimo. Per far conoscere, non solo alla città, le intenzioni di questo progetto, i suoi protagonisti hanno scelto di raccontarsi con una missiva

Siamo in migliaia, ci troviamo in Italia da anni, veniamo da paesi lontani in cerca di un futuro per noi e per le nostre famiglie. Ci rivolgiamo alle istituzioni italiane ed europee per rivendicare i nostri diritti di cittadini. Le nostre storie sono difficili da raccontare, molti di noi hanno conosciuto la fame, la miseria, le persecuzioni, hanno visto le compagne e i compagni di viaggio morire nel deserto o in mare. Pensavamo di trovare ospitalità, e invece in questo Paese siamo esclusi, sfruttati, senza diritti.

Tutte e tutti dovrebbero essere uguali e avere le stesse opportunità, ma in questi anni la nostra dignità è stata calpestata: gli italiani hanno paura di noi, hanno paura di perdere il lavoro, di essere derubati, contagiati da chissà quale malattia. Ma non è per questo che siamo qui: vogliamo solo avere la possibilità di vivere onestamente e dignitosamente, scegliere se costruire qui la nostra vita o magari ritornare nella nostra terra con il denaro necessario a creare qualcosa per noi e per chi è rimasto. Molti italiani sono emigrati in passato, hanno vissuto la nostra stessa esperienza, anche per questo chiediamo solidarietà: noi siamo le nuove italiane e i nuovi italiani.

Ci siamo messi insieme, abbiamo deciso di protestare per far conoscere a tutti la nostra situazione. Con la “Barca dei Diritti” abbiamo manifestato nei mesi scorsi, eravamo in tanti e tante in piazza Esquilino a Roma, bianchi, neri, rossi, gialli. Abbiamo urlato al microfono le nostre ragioni, abbiamo suonato la nostra musica e alzato centinaia di cartelli. Continueremo a farlo finché qualcosa non cambierà.

Tutti insieme abbiamo scritto la Carta di Lampedusa per rivendicare i nostri diritti. Abbiamo deciso di costruire una campagna di mobilitazione insieme alle reti antirazziste che abbiamo incrociato in questi mesi, per migliorare le nostre condizioni, per renderci persone e restituirci dignità. M2P / Mandela-Madiba Project, una campagna che sia uno strumento per avanzare le nostre rivendicazioni, idealmente dedicata a un grande uomo, un nostro fratello simbolo della migliore Africa.

Vogliamo il documento.

Molti di noi sono in Italia da anni senza permesso di soggiorno. Siamo invisibili, ricattabili, non possiamo lavorare in regola, affittare una casa, rischiamo ogni momento di venire fermati dalla polizia. Molti di noi sono stati nei centri di espulsione, per mesi. Ci mettono in carcere, perché quei centri sono peggio delle prigioni, ma poi ci fanno uscire perché non ci possono espellere. Abbiamo chiesto asilo, non ce l’hanno dato, ma non ci possono rimandare nei nostri paesi perché lì non c’è libertà.

Vogliamo il documento, così come i nostri fratelli e le nostre sorelle che sono scappati dalla Libia nel 2011. Vogliamo il documento, senza dover pagare mille euro per la sanatoria. Nel 2012, chi lavorava a nero ha dovuto dare i soldi al padrone per avere la possibilità di essere in regola. E molti sono stati truffati, hanno dato i soldi ma non hanno avuto il permesso.

Vogliamo il documento, vogliamo che chi ha lavorato per anni e poi è stato licenziato possa rinnovare il permesso per un periodo più lungo, vista la difficoltà di trovare un nuovo lavoro regolare in questo momento.

Vogliamo il documento, vogliamo che come accade in diversi paesi europei chi possa dimostrare di stare in Italia da più di cinque anni senza aver commesso reati debba avere il permesso di soggiorno.

Vogliamo il documento, perché senza documento niente è possibile.

 Vogliamo lavorare.

In Europa c’è la crisi economica, e in molti perdono il lavoro. Ma noi stranieri troviamo sempre un impiego, in regola o a nero, perché andiamo nei campi, nei cantieri, facciamo le pulizie, sgobbiamo per noi e per questo Paese.

Vogliamo lavorare senza essere sfruttati, vogliamo avere la possibilità di denunciare i datori di lavoro che non ci mettono in regola.

Vogliamo lavorare con dignità, onestamente, per il bene di tutti. Vogliamo rispetto, anche quando non per colpa nostra ci troviamo costretti a vivere violando le regole. Molti di noi si danno da fare facendo gli ambulanti. Spesso ci sequestrano la merce, ci trattano come delinquenti. Fanno rispettare la legge, ma non fanno rispettare i nostri diritti quando siamo operai, braccianti, badanti. Tutto questo deve finire.

Vogliamo la salute.

Quando siamo arrivati qui eravamo giovani e forti, in piena salute. Spesso ci sentiamo emarginati perché gli italiani hanno paura di un contagio, ci dicono che portiamo malattie. Ma noi ci siamo ammalati proprio qui in Italia, perché viviamo in condizioni difficili, non abbiamo la possibilità di prenderci cura di noi stessi e siamo costretti a svolgere lavori faticosi e pericolosi. Spesso non andiamo in ospedale quando stiamo male. Chi non ha i documenti ha paura. Ci hanno detto che in Italia le cure sono assicurate a tutti, anche agli stranieri non in regola, ma non tutti lo sanno. Nessuno parla la nostra lingua e non ci sono mediatori. Capita anche che i medici facciano storie, e allora meglio starsene a casa. In questo Paese, farsi curare è difficile per noi stranieri.

Vogliamo diritti e dignità.

Chiediamo che la legge sull’immigrazione venga modificata. Chiediamo diritti per tutti, e questa è una battaglia di tutti, dei cittadini italiani e dei cittadini stranieri, che sono nuovi italiani. Basta con il sistema delle quote flussi, che impedisce a chi si trova nel Paese di ottenere un permesso. Basta con la burocrazia e i ritardi nel rinnovo dei permessi, che ci impediscono per anni di far visita alle nostre famiglie lontane. Uno Stato di diritto non può consentire tutto questo.

 

Le comunità migranti di

M2P / Mandela-Madiba Project