Europa

Prostituzione uguale tratta?

Andrea Cagioni - 4 Marzo 2014

Prostituzione-e-tratta2I clienti delle prostitute vanno puniti per il loro comportamento immorale e il mercato del sesso non deve esistere, perché contrario alla parità di genere: questo afferma, in estrema sintesi, la risoluzione approvata a maggioranza dal Parlamento europeo il 26 febbraio. Tale risoluzione, proposta dalla parlamentare laburista inglese Mary Honeyball, si inserisce in un dibattito europeo sulla prostituzione sempre più attento alla questione della criminalizzazione del cliente ma che, di fatto, tende a stigmatizzare in misura crescente anche le persone che si prostituiscono. Dopo Svezia e Norvegia, nei mesi scorsi anche la Francia ha votato un’importante legge che punisce i clienti e di fatto restringe i diritti delle sex worker, assimilando, nella sostanza, lavoro sessuale e tratta. Sono in particolare due le premesse teoriche che stanno dietro a questa posizione: in primo luogo che la persona che si prostituisce sia sempre subalterna o vittima, in secondo luogo che la domanda di sesso commerciale sia da criminalizzare perché intrinsecamente immorale e violenta. La logica di fondo che sostiene questa posizione è che la prostituzione sia un fenomeno degradante e deviante.

È proprio questo il punto nodale maggiormente criticato: la risoluzione presenta una realtà della prostituzione monolitica e tutta negativa, che non tiene conto dell’esistenza di un mercato altamente differenziato, in cui i soggetti che si prostituiscono hanno status giuridici, profili socio-economici e poteri contrattuali alquanto diversi. Per esempio, il mercato del sesso europeo è composto per la stragrande maggioranza da donne, uomini e transgender migranti, che sono spesso oggetto di forme di sfruttamento sessuale, ma che, in alcuni casi, rivendicano il lavoro sessuale come scelta volontaria e consapevole.

Contro la risoluzione si sono sollevate numerose voci di dissenso, soprattutto da una parte significativa delle organizzazioni che lavorano nel campo dei diritti delle persone che si prostituiscono e da parte delle associazioni di lavoratrici del sesso. A gennaio l’Icsre (International Committee on the Rights of Sex Workers in Europe) ha inviato agli europarlamentari una lettera appello in cui veniva richiesto di respingere la risoluzione, sulla base del fatto che le politiche di criminalizzazione finora attuate hanno aumentato i fattori di stigmatizzazione, di marginalità e di insicurezza delle prostitute, specie per i soggetti più vulnerabili. Approfondiamo la questione con Tiziana Bianchini, della cooperativa Lotta contro l’emarginazione di Milano, fra le massime esperte italiane di prostituzione e di tratta di esseri umani.

Qual è il senso di questa risoluzione?

«Questa risoluzione rischia di creare una grossa confusione fra politiche di lotta contro la tratta e lo sfruttamento sessuale, e le politiche per i diritti delle persone che si prostituiscono. Ma assimilare prostituzione e tratta è falso e controproducente. Prima di tutto perché abbiamo a che fare con due fenomeni, ma anche con tipologie di popolazione, molto diverse. In Italia e in tutta Europa, esistono persone che si prostituiscono per libera scelta, senza costrizioni. Invece le persone vittime di tratta o di sfruttamento sessuale sono al 90% migranti, spesso irregolari, che vivono una condizione di forte marginalità e vulnerabilità sociale. Sovrapporre due fenomeni così diversi significa semplificare e confondere la realtà, finendo per incidere negativamente sui diritti delle persone che si prostituiscono liberamente».

C’è la possibilità che in Italia possa essere approvata una legge ispirata a questo orientamento proibizionista?

«Se penso a leggi di stampo repressivo, come la Fini-Giovanardi o la Bossi-Fini, che vanno a punire comportamenti o addirittura status giuridici, mi viene da dire che sì, che una legge contro i clienti potrebbe anche essere approvata. Pensando anche ai primi passi del governo Renzi, che ha abolito il Ministero dell’Integrazione e il Ministero delle Pari Opportunità, in effetti il rischio ci può essere… D’altra parte, poiché in Italia il cliente è l’uomo comune, si tratta cioè di comportamenti molto diffusi e in fondo accettati, mi viene da dire che una legge repressiva è difficile possa essere approvata. Oppure una legge contro i clienti potrebbe anche essere approvata, ma di fatto non essere applicata, e quindi funzionare solo su un piano simbolico».

Sulla questione dei clienti esiste, da qualche anno, un dibattito scientifico e politico, che sta in parte cambiando il senso della discussione sul fenomeno prostitutivo, storicamente incentrato sulla sola figura della prostituta. Quale pensa possa essere l’approccio adatto per parlare di clienti?

«Parto dal fatto che di norma, se un cliente adulto contratta una prestazione sessuale con una  persona adulta consapevole, ciò non dovrebbe essere normato. Ovviamente la situazione cambia molto nel caso in cui ci riferiamo a prostituzione svolta da persone vulnerabili o assoggettate, come può essere la donna nigeriana in strada o una minorenne. In ogni caso, a me sembra che il punto centrale stia nell’attivazione di politiche di sensibilizzazione sulla salute, penso alle malattie a trasmissione sessuale, ad esempio. Oppure all’importanza di interventi sul genere e sulla sessualità, favorendo così politiche di dialogo e di scambio. Insomma, più che politiche specifiche rivolte al cliente, ritengo che sarebbe necessario sviluppare un’educazione più ampia in materia di affettività e di sessualità».

Andrea Cagioni