Delitti molto imperfetti

Non solo Ion Cazacu

Daniele Barbieri - 8 Aprile 2014

Purtroppo la morte di Ion Cazacu (che ricordiamo nella nostra scor-data) non è un caso isolato. Grazie al blog Il lavoro debilita possiamo fornirvi una rapida rassegna di altri “trattamenti di fine rapporto” di questo genere.
«Il 4 dicembre 2009 è la volta di Ibrahim M’bodi, senegalese 35enne trapiantato a Zumaglia, vicino a Biella. Era stato assunto in cantiere per 500 euro al mese, ma dopo tre mesi non aveva ancora visto un soldo. Quando è andato a reclamare da Franco D’Onofrio, titolare della ditta, invece del salario si è beccato nove coltellate. Il suo corpo è stato trovato abbandonato in una risaia.
Il 29 giugno 2011 Imad El Kaalouli, 19 anni, si presenta al ristorante di Desenzano del Garda (Bs) dove ha lavorato per 5 mesi. Vuole il saldo dello stipendio e del Tfr, che gli servono per le spese del matrimonio, visto che sta per sposarsi. Gioacchino Farruggio, padre del titolare del ristorante, lo abbatte con 3 colpi di pistola, ferendo anche la consulente del lavoro che lo accompagna.
Il 28 ottobre 2012 il sudanese Salah Kamal Ali Mohamed Mahmoud, 30 anni, si incontra in un parco di Roma col suo ex datore di lavoro Giovanbattista Cricelli. Ha lavorato per lui come factotum in uno stabilimento balneare di Tropea, e ora che si sta regolarizzando con l’ultima sanatoria, minaccia vertenza. Cricelli gli spara tre colpi e lo ammazza.
È singolare questa particolare forma di “trattamento di fine rapporto” riservata a lavoratori migranti, a quanto pare le massicce dosi di razzismo iniettate da anni nelle vene di questa società hanno allentato ai quattro padroncini ogni freno inibitorio.
Sia per Ion che per Ibrahim, Imad e Salah la violenza raggiunge l’apice di fronte alla richiesta del riconoscimento di diritti. È una violenza che parte ben prima della sua conclusione in omicidio, parte con la negazione di un contratto o del salario, nella convinzione che la ricattabilità economica e normativa del migrante renda lecito fargli di tutto.
È la stessa convinzione degli agrari pugliesi e dei loro caporali, raccontati qualche anno fa da Fabrizio Gatti».
Ma c’è almeno un’altra storia di un rumeno ucciso da un italiano (e del silenzio dei media) da raccontare. Lo faccio con una sintesi delle parole di Corrado Giustiniani che riprendo dal quotidiano Il fatto del 21 aprile 2010.
«Un operaio romeno seviziato, ucciso e poi sciolto nell’acido dal suo datore di lavoro, vale una notizia a una o due colonne per i giornali italiani. L’informazione “due pesi e due misure” ha dato grande sfoggio di sé qualche giorno fa, con il caso del povero Ivan Masu, 42 anni, sospettato di aver rubato qualche litro di gasolio da un tir e crudelmente punito da Vincenzo Nappi, 50 anni, titolare di un parcheggio per camion a Piedimonte San Germano, in provincia di Frosinone. Il delitto è stato scoperto adesso grazie a un’indagine congiunta di polizia e carabinieri, ma si riferisce al maggio del 2007. In quei titoli, o piuttosto titoletti, viene nascosta la nazionalità della vittima, che di norma campeggia se l’assassino è straniero. Un’agenzia di stampa ha persino occultato il nome del carnefice. Radio e tv ne hanno parlato pochissimo, tanto che per molti lettori la notizia sarà nuova. Proviamo a immaginare la risposta mediatica a parti invertite: romeno l’assassino e italiana la vittima. La storia avrebbe avuto ben altro rilievo, guadagnando la prima pagina di molti quotidiani, conquistando lunghi servizi sui tg e magari resistendo per più di un giorno, invece di consumarsi alla velocità della luce. Il fatto grave è che non soltanto gli organi di stampa incantati dal verbo leghista, ma anche giornalisti normali di giornali normali distribuiscono pillole di xenofobia, e lo fanno quasi in buona fede, senza rendersene conto. […]
È assai ricca la casistica che dimostra il maltrattamento mediatico ricevuto dagli immigrati. La storia più orripilante che venga in mente è quella di Francesco Loi, un giovane sardo di 28 anni che a ferragosto 2006, a Villasimius, taglia la testa a un ragazzo cinese di diciassette anni, dandola in pasto agli animali. La notizia viene ignorata da televisioni e giornali, con l’eccezione di La stampa.
[…] Gli incidenti causati da automobilisti ubriachi offrono altri spunti di doppiopesismo. Trafiletti se il killer è italiano, con il privilegio dell’anonimato, o delle semplici iniziali. Così, anonimo è rimasto il trentacinquenne che a Torino si è scagliato come un siluro contro la povera romena Carmen Maceac e senza nome il guidatore di 25 anni pieno di alcool e di cocaina che a Capena il 21 febbraio 2009 ha travolto e ucciso Mihai Surdu, operaio romeno novello sposo: non fa scandalo neppure il fatto che il magistrato di turno lo abbia messo subito in libertà. […] A metà settembre 2009, l’omicidio a Brescia di Sanaa ad opera di un padre che non tollera la sua relazione con un italiano […] Nessuno si accorge invece, due mesi dopo, che ad Ancona un operaio italiano ferisce quasi a morte la figlia Eveline, colpevole di avere una relazione con un giovane albanese».
Ecco il titolo e il sottotitolo dell’articolo di Giustiniani: “Se il romeno sciolto nell’acido diventa una breve” e “Una notizia di cronaca: Ivan Masu, massacrato per un furto di carburante. Immaginate se fosse stato italiano”.

Daniele Barbieri