Una storia al giorno

Mohammed e Gilchrist

- 15 Aprile 2014

immagine immContinua la maratona in Parlamento per ricordare all’assemblea e a chi decide che in Italia c’è una questione aperta che non può continuare a essere elusa: la nuova legge di cittadinanza. Dopo quella di Samira, alla Camera dei Deputati sono state lette le storie di Mohamed e quella di Gilchrist.

Ecco la prima, letta da Ileana Piazzoni, deputata di Sel: «Mohamed è nato a Tripoli 41 anni fa. È arrivato in Italia all’età di 5 anni. Ha fatto in Italia tutto il suo percorso scolastico, è cresciuto nel quartiere Esquilino di Roma insieme a suoi coetanei sentendosi italiano a tutti gli effetti. Ha sempre tifato per la Roma e la nazionale italiana; aveva 7 anni quando la nazionale aveva vinto il mondiale in Spagna. Alla parete della sua stanza ha appeso un poster del pugile Mohamed Ali, il calciatore Paolo Rossi e il Presidente Pertini. A 18 anni però Mohamed ha scoperto che è diverso dagli altri suoi coetanei italiani: essendo nato all’estero da genitori stranieri, per una serie di ostacoli burocratici non ha potuto ottenere la cittadinanza e non poteva considerarsi cittadino italiano! Quindi file interminabili davanti alla questura per avere un permesso di soggiorno che non permette di viaggiare, di studiare all’estero, di partecipare ai concorsi pubblici e che non permette di votare o di essere eletti. Insomma, un pezzo di carta che permette solo di sopravvivere. Mohamed insieme ad altre seconde generazioni ha fondato una organizzazione che si chiama Rete G2 – Seconde Generazioni per lottare per lui e le altre seconde generazioni, per non vivere più da stranieri in patria. Mohamed a tutt’oggi non ha la cittadinanza italiana».

E la seconda, raccontata in prima persona e letta da Liliana Ventricelli, del Pd: «Mi chiamo Gilchrist, Gil per gli amici. Sono nato nel 1999 a Cattolica, dove risiedo ad oggi con la mia famiglia. I miei genitori vengono dal continente africano, arrivati 18 anni fa per motivi di studio. Oggi sono due bravi professionisti e lavorano nel rispetto delle leggi in Italia. Due anni fa sono andato, insieme ai miei amici, ad iscrivermi al calcio agonistico. Con mia grande sorpresa, mi dissero che dovevo fare una trafila lunga e complicata e che avrei dovuto compilare una montagna di documenti. Chiesi per quale motivo avrei dovuto fare un percorso diverso dai miei compagni! E per tutta risposta mi dissero che ero straniero. Fu allora che mi resi conto di essere diverso dai miei amici. Ero il migliore dei giocatori. Sentivo spesso dire che ero un giovane talento e una promessa del calcio. Fu proprio il mio allenatore a consigliare i miei genitori per lo sport agonistico. Tifo per la Roma e sono fan di De Rossi. Avevo 13 anni e non capivo bene cosa stesse succedendo. Avevo sentito dire in TV che straniero oppure extracomunitario fosse una cosa non molto bella. Quindi non dissi niente ai miei amici, mi vergognavo perché pensavo di essere colpevole di qualcosa. Inoltre pensavo che i miei genitori mi stessero facendo i dispetti, perché non ero bravo a scuola. Soffrivo di dislessia, scoperta quando ero in quarta elementare. Oggi, grazie al mio logopedista, le mie pagelle sono migliorate e non ho più un insegnante di sostegno. Mia madre come al solito si era impegnata molto per fornire tutte le carte per iscrivermi alla scuola di calcio. Purtroppo mancava sempre qualcosa e il tempo sembrava infinito. Cominciarono i dubbi, le paure, i capricci a casa e i pianti durante la notte. Ero confuso e non riuscivo a spiegare ai miei amici la mia situazione. Mia madre si è sposata, dopo il divorzio, con Papà Dany. Colui che ci ha cresciuti, io e mia sorella Mathy di 10 anni. E così venne a sapere che lui e l’altra mia sorella Gaby (nata appunto dal matrimonio con Mamma) erano italiani mentre il resto della famiglia era straniero. Oggi sono riuscito ad iscrivermi alla scuola di calcio grazie all’aiuto e alla generosità del mio allenatore e al sostegno dei miei genitori. Purtroppo alcuni compagni della mia scuola rimangono ancora in attesa».