Denuncia

Egitto, profughi prigionieri

- 6 Maggio 2014

Le cronache riguardanti l’immigrazione sono intasate dalle vicende relative agli sbarchi in Sicilia e all’inadeguatezza dei sistemi di accoglienza. È passata così in secondo piano una vicenda grave che non si sarebbe verificata in presenza di un cordone umanitario. Centinaia di profughi, provenienti soprattutto dalla Siria, sono stati reclusi, a partire dalle festività pasquali, nei locali del commissariato di polizia Al Rashid, ad Alessandria d’Egitto. In questi ultimi giorni sembra, ma le notizie giungono in maniera frammentaria perché i detenuti sono stati privati del cellulare, che le donne e i bambini siano stati rimessi in libertà. Fulvio Vassallo Paleologo, informa dal suo blog, dirittiefrontiere.blogspot.com/ che: «ad altri profughi, già trattenuti nello stesso commissariato, sta andando molto peggio e sono a rischio di subire ancora detenzione arbitraria e deportazioni violente verso paesi che potrebbero trasferirli in Siria, dove ad attenderli ci saranno i torturatori di Assad. Dopo i commissariati, adesso la polizia egiziana trasferisce in carcere una parte dei profughi siriani, in genere giovani, anche se con documenti di registrazione rilasciati dall’Unhcr. Un continuo alternarsi di speranza e disperazione, una vera tortura psicologica che continua per settimane. Si ha intanto notizia che persone identificate in Egitto come scafisti sono state rimesse in libertà. E qualcuno è anche potuto ritornare in Italia per un altro viaggio». Il 30 aprile 18 di loro sono stati trasferiti in altro carcere e privati della possibilità di comunicare con l’esterno. È stata comunicata loro la notizia del rimpatrio o, in alternativa, dell’espulsione verso la Turchia o il Libano a proprie spese. Fra i 18 anche A.K. un giovane arrestato dopo una manifestazione pacifica, torturato e registrato dall’Unhcr come persona che dovrebbe essere garantita. Ad oggi si è impegnata in questa situazione Amnesty International. Con una lettera, i profughi avevano invocato il rispetto dei loro diritti umani e del divieto di refoulement (respingimento), ma nessuna autorità statale o internazionale si è impegnata concretamente in questa direzione. Un appello promosso per aprire corridoi umanitari dall’Egitto e dalla Libia in modo da consentire ai profughi detenuti o arrestati dalle forze di polizia o da altre milizie, pur avendo raccolto oltre cento firme, è rimasto ancora senza esito.